E sì che alle montagne dovrei essere abituato. Vivo circondato da montagne, apro la finestra e vedo la Grignetta, esco di casa e mi trovo di fronte il Resegone. Insomma, dovrei essere preparato. Ma appena oltrepassi il casello di Pont Saint-Martin ed entri ufficialmente in Val D’Aosta, beh, il rischio è quello di guardare in alto e non la strada. Se poi hai come obiettivo il Tor Des Geants, la tua fantasia va a mille: “Passerò da quel colle?”,“Ah, ecco la strada romana e la porta di Donnas”,”Ma dovrò salire fino a lassù?”, così per tutti i costosissimi 90km della A5 in terra valdostana.
Il colpo d’occhio è davvero impressionante, ogni tanto sbuca un quattromila a farti “cucù” da dietro una curva, oppure un castello, come quello di Bard, a difendere la vallata. Il verde, poi, è quasi fastidioso tanto è intenso, dovuto soprattutto alle copiose piogge cadute in quest’inizio di “estate”.
Poi pian piano ti avvicini al confine, che significa sostanzialmente Monte Bianco che con i suoi 4810m divide Italia e Francia. Alla pendici, c’è Courmayeur, la mia meta di questa “gita fuori porta”. Precisamente alloggerò con il mio camper a Dolonne che si trova dall’altra parte della Dora Baltea, il fiume che divide in due la valle.
Dicevo, il Monte Bianco, o Mont Blanc come lo chiamano qui. Impressionante. Rimani a bocca aperta per la sua maestosità. Un peccato non sia perfettamente visibile causa la coltre di nubi che lo copre nella sua sommità (e così per tutto il weekend, mannaggia). Ogni tanto sbuca il Dente del Gigante che si staglia dal profilo nevoso. Wow.
Sono venuto qui, però, per un altro motivo: il Gran Trail Courmayeur che partirà l’indomani mattina alle 6.00. Quindi, dopo aver parcheggiato la mia casa-mobile, mi dirigo verso la segreteria della gara a ritirare il mio pettorale 573 che mi accompagnerà per tutti i 60km e 4000m di dislivello positivo. Le previsioni non sono delle migliori; infatti fino al giorno prima, si era pensato anche di spostare la gara ad altra data. Pioggia, vento e nevischio oltre i 2700 con temperature pericolosamente vicine allo zero. Non il massimo per un ultratrail. Ma la montagna è anche questo, prendere o lasciare.
Ore 6 del 12 luglio: si parte. Il primo pezzo non è impegnativo, un collinare di circa 5km fino all’abitato di Pre-Saint-Didier dove mi aspetta il primo “wow-moment”: la passerella panoramica a sbalzo creata sulla gola dell’Orrido. Mi fermo per una foto d’obbligo ma tentenno a sporgermi: “se mi cade il cellulare? E’ finita!”. Da lì inizia l’eterna salita di oltre 1700m di dislivello in 20km di sviluppo che mi porterà sulla “cima Coppi” della gara: il Mont Fortin posto a 2758m con il vallone di Youlaz e Col d’Arp come antipasto.
Ci arrivo dopo 5 ore esatte di gara, la posizione, come al solito, non mi interessa. Mi interessa solo guardarmi attorno e godere del panorama e ce n’è da godere. Ma bisogna proseguire fino al prossimo ristoro che è distante 12km: il rifugio Elisabetta. Un bel banchetto dove finalmente assaggio il “piatto” tipico dei trail valdostani: fontina e moccetta. In tutti i libri che ho letto, questa combinazione era stata talmente mistificata che pensavo fosse una prima allucinazione. Tutto vero. Prima con un po’ di pane, poi solo fontina e moccetta. Altro “wow-moment” culinario, questa volta. Ehm, “ci sarebbe da ripartire” mi dice la coscienza. Non manca molto, “soltanto” 22km dato che il percorso è stato accorciato, causa ghiaccio sulle Pyramides Calcaires che non abbiamo affrontato.
All’appello, manca la salita al Mont Favre e quella finale sullo Chetif, poi solo discesa fino all’arrivo. La prima l’affronto sotto il diluvio: passo dopo passo, faccio anche qualche sorpasso. La gamba c’è, l’unico fastidio è una vescica sul piede sinistro. La seconda difficilmente me la dimenticherò: un muro. C’è anche qualche catena a rendere il tutto più indimenticabile. Non si molla. Scollino e guardo l’orologio: le 17.15 e si che avevo previsto di arrivare per le 20. Invece. Telefono a Mila avvertendola della lieta novella e anche lei stenta a crederci “Di già?!?”. Ad attendermi, oltre a lei, anche Carola che mi corre incontro e mi fa barcollare dall’emozione (altro wow-moment, il più bello). E’ per questi momenti che corro/cammino per così tanto. Taglio il traguardo con lei in spalla a braccia alzate dopo 12h21’.
Come primo approccio ai sentieri che calcherò fra qualche mese, devo dire che non c’è male. Non vedo l’ora di partire per ”quel” viaggio che sicuramente sarà lunghissimo ma altrettanto ricco di emozioni.