Meno assunzioni rispetto ai primi tre mesi dello scorso anno
Bene l’industria, il calo dei posti di lavoro è dovuto al settore dei servizi
LECCO – Giusto ieri erano stati resi noti gli ultimi studi di Unioncamere sul mercato del lavoro nell’area lecchese e le previsioni di nuove assunzioni da parte delle aziende, in tutto 7500 sul territorio di Lecco e Provincia.
Il dato però, sottolinea il sindacato Uil, segna una svolta in negativo per l’occupazione lecchese, evidenziando una diminuzione dell’offerta di lavoro di 530 posti rispetto allo stesso periodo (gennaio-marzo) del 2018.
La tendenza è la stessa a livello regionale (-10 mila posti) dovuta al calo di assunzioni nel settore dei servizi (11 mila in meno) e mitigata dai nuovi ingressi nel mondo dell’industria dove invece il dato è positivo (+300)
La stessa cosa accade nel lecchese, con prospettive positive per l’industria a Lecco con 4.270 assunzioni (+220 assunzioni rispetto allo stesso periodo del 2018) il settore dei servizi registra una frenata rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: 3.220 assunzioni a Lecco in totale ( -760 assunzioni rispetto allo stesso periodo del 2018)
Più contratti a tempo determinato
“Ancora una volta i dati confermano che il contratto a tempo determinato è quello maggiormente prediletto dalle aziende – spiegano dalla Uil – in aumento a Lecco +7%” .
A Lecco, sono previste assunzioni al 32% con contratti a tempo indeterminato, al 58% a tempo determinato, al 7% di apprendistato, al 2% di altri contratti.
Il commento
“I dati complessivamente evidenziano un andamento positivo per il settore industriale, probabilmente influenzato dalla domanda estera, anche se questa va attenzionata e valutata nei prossimi mesi in quanto potrebbe subire dei rallentamenti per effetto della frenata dell’economia globale – sottolinea il segretario Salvatore Monteduro – Mentre, il settore dei servizi è condizionato da una domanda interna che non decolla, anche per assenza di una politica economica di sostegno”.
“La legge di bilancio 2019 – prosegue – destina poche risorse agli investimenti pubblici, i quali sono necessari per sviluppare le infrastrutture materiali e immateriali, che rappresentano il volano per rendere maggiormente competitivo il nostro Paese. Non c’è nulla rispetto ad una riduzione della pressione fiscale che grava su lavoratori e pensionati e di conseguenza ad aumentare il potere d’acquisto degli stessi”.