Merate a Valduggia per ricordare il partigiano capitan Gino

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La cerimonia di commemorazione si è tenuta sabato scorso a Valduggia

A rappresentare l’amministrazione comunale di Merate il giovane consigliere Michele Magrin

MERATE – “Oggi, mentre rendiamo omaggio alla sua figura, mi sento quasi di parlare non solo di un eroe, ma di un coetaneo, qualcuno di vicino”. Con queste parole il consigliere Michele Magrin è intervenuto sabato alla cerimonia di commemorazione del capitano Gino Prinetti Castelletti, tenuta a Valduggia, il paese dove il 9 agosto di 80 anni fa il partigiano morì a soli 22 anni.

Insieme a lui (che fu insignito della medaglia al valore militare per il coraggio dimostrato) morirono Arturo Biella, Luigi Zanetta e Giovanni Avogadro.

Prinetti, sottotenente in un reggimento di artiglieria con il quale partecipò alle operazioni belliche in Grecia meritando una medaglia d’argento al valore, l’8 settembre 1943, per sottrarsi ai tedeschi, valicò il confine e si rifugiò in Svizzera per entrare in contatto con il movimento partigiano.

Rientrò in Italia per combattere nella Resistenza, diventando, con il nome di battaglia di Capitano Gino, vicecomandante della Brigata Garibaldi Osella operante in Valsesia e nel Novarese.

Dopo averne ricordato la figura, lo scorso 9 agosto, a Merate, di fronte a Villa Subaglio, dove Giannantonio trascorreva i periodi di vacanza, l’amministrazione comunale ha voluto essere presente, insieme ai rappresentanti dell’Anpi, alla cerimonia che ogni anno si tiene là dove venne ucciso. A rappresentare il Comune il giovane consigliere Michele Magrin, orgoglioso di poter tenere vivo il legame “con la storia e con ciò che la figura del capitano Giannantonio Prinetti Castelletti ha significato”.

Sottolineando l’importanza della commemorazione, intima e partecipata, Magrin ha posto l’accento sull’importante valore della testimonianza del capitan Prinetti: “Vedere un giovane della mia età fare scelte così coraggiose e sacrificare la propria vita per un ideale, per la patria, mi colpisce profondamente. Leggere delle sue gesta mi ispira e mi motiva nel mio impegno verso la comunità. I suoi compagni partigiani, uomini temprati dalle dure prove della guerra, lo rispettavano e lo stimavano. Gli riconobbero non solo il suo valore militare, ma soprattutto lo considerarono un fratello, una guida e un amico. Questo rispetto lo accompagnò fino all’ultimo istante, quando rifiutò la resa per salvare i suoi uomini, offrendo la sua vita per il bene della brigata”.

Nel suo discorso, Magrin non si è fermato ad analizzare il passato, ma ha rivolto lo sguardo anche al presente: “Come giovane oggi, sento di poter dire di appartenere a una generazione che, forse un po’ come quella di allora, cerca di essere consapevole della responsabilità che la storia, il presente e il futuro portano con sé. È vero, non siamo stati chiamati a vivere l’orrore della guerra – e sono convinto che lo stesso capitano Prinetti e i suoi compagni, che ne hanno conosciuto la fragilità e il senso effimero, non avrebbero mai voluto che accadesse di nuovo. Tuttavia, siamo chiamati ogni giorno a difendere e coltivare i valori di democrazia e libertà per i quali Prinetti e i suoi compagni hanno dato la vita. Il loro sacrificio ci ricorda che la libertà non è mai garantita per sempre, ma deve essere custodita con cura”.