Anche nel nostro Decanato all’inizio del mese scorso si sono svolte le feste di apertura della fase invernale dell’Oratorio. Le domeniche trascorse a giocare, soprattutto a calcio con gli amici, sono nel vissuto di molti che hanno frequentato questa istituzione tra gli anni ’60 e gli anni ’90 e percepiscono come crisi la minore frequenza “domenicale” di bambini, ragazzi, adolescenti e giovani rispetto ai loro “tempi” o ai frequentatissimi oratori estivi.
Dal 2008 è in atto nella diocesi di Milano un “ripensamento della Pastorale Giovanile” che coinvolge a vario titolo gli oratori per mantenerli al passo con i tempi. Questo “ripensamento” tiene conto delle mutate condizioni demografiche, sociali, della pratica religiosa delle famiglie in tanti casi orientate al laicismo, ribadendo come ha fatto lo stesso cardinale Scola sia in occasione del suo insediamento, che nella lettera apposita comunicata durante la festa di apertura, la centralità della proposta di vita che ha nell’oratorio uno dei suoi indiscussi cardini.
Abbiamo intervistato su questo tema don Simone Chiarion, neo responsabile della Pastorale Giovanile lecchese.
A inizio ottobre si sono aperti gli oratori feriali in molte realtà del nostro decanato. Che cosa significa oggi l’oratorio domenicale nell’ambito delle nuove Unità/Comunità pastorali o, più genericamente, nell’ambito territoriale nel quale la parrocchia opera?
La cosa importante da comprendere è che ciò che più o meno tradizionalmente chiamiamo “oratorio domenicale” è solo una parte di una proposta più ampia e variamente articolata che è la proposta formativa che l’oratorio rivolge ai ragazzi del territorio. Per citare solo alcuni degli elementi principali ricordo la catechesi, l’aggregazione, la spiritualità, il gioco, il servizio… questi elementi si collocano in vario modo e con diverse sfaccettature in tutte le attività dell’oratorio e non solo in una. Anche l’oratorio domenicale quindi, vissuto in modi differenti nelle diverse comunità, è un contributo per l’opera educativa dell’ oratorio.
Rispetto agli oratori estivi la partecipazione domenicale dei bambini è calata di almeno il 50%, ma anche molti adolescenti e giovani non frequentano più… L’oratorio sembra aver in parte perso la centralità che aveva fino agli anni ’90 per le famiglie. Per quale motivo e quale potrebbe essere la “cura”?
Se proprio vogliamo parlare di numeri posso subito smentire questo dato, riferendomi alle realtà che conosco direttamente che, invece, hanno visto un aumento delle presenze. Ciò che è cambiato è la modalità della presenza perché sono cambiate le caratteristiche del vissuto dei ragazzi e delle famiglie rispetto al tempo estivo. Se abbiamo in mente centinaia di ragazzi che giocano insieme nel cortile dell’oratorio in un pomeriggio di un giorno feriale, sappiamo anche che in questi mesi saranno a scuola oppure a casa a studiare oppure impegnati negli allenamenti sportivi, come è bene che sia. Se guardiamo con più attenzione li ritroveremo anche in oratorio in spazi e tempi differenti, coinvolti nelle diverse attività.
Quale funzione possono avere gli oratori nell’ambito delle Unità di Pastorale giovanile per la cura pastorale dei ragazzi e dei giovani?
L’Oratorio è lo strumento che la comunità cristiana sceglie per prendersi cura della formazione cristiana più piccoli e dei giovani, mettendo in campo energie e risorse perché queste persone possano avere la possibilità di conoscere il Vangelo di Gesù e comprendere che lo stile di vita cristiano è uno stile che può essere scelto e apprezzato anche dall’uomo contemporaneo. Deve essere chiaro che quella della vita cristiana è una proposta in mezzo alle tante altre proposte di vita che oggi ci vengono rivolte. Non si tratta né di centralità né di concorrenza ma piuttosto è importante capire la bellezza e l’importanza dell’accordare fiducia a una proposta. Starà alla libertà della persona scegliere ciò che ritiene più opportuno per la propria vita. Chi opera in oratorio è ben consapevole di tutto ciò e per questo non ha la preoccupazione di inquadrare le persone in uno schema ma di rivolgere loro una vera e propria proposta di vita.
Gli oratori domenicali che funzionano meglio sembrano essere quelli animati da gruppi più o meno numerosi di famiglie guidate da un/una religiosa o laico capace, aperto e formato. E’ opinione diffusa che il futuro dell’oratorio potrebbe essere quello di divenire una famiglia di famiglie (così come le parrocchie), preti, e responsabili passano, le famiglie restano… Che ne pensa?
Come dicevo prima, l’oratorio è l’espressione della comunità e la comunità e fatta non solo dai preti ma da tutti: ragazzi, giovani, adulti, consacrati e laici. Perché un oratorio funzioni è necessario che ci sia una comunità che lo faccia esistere senza dimenticare che si tratta di uno strumento per l’educazione cristiana dei giovani. Poi è pure necessario che ci siano dei compiti che altro non sono se non lo strumento per la traduzione nel concreto dei punti teorici della proposta educativa. Ci sono ad esempio i catechisti, gli allenatori, gli incaricati di attività specifiche e così via. È bene che ci siano anche dei responsabili, cioè qualcuno che possa condurre la regia del tutto secondo logiche di corresponsabilità, in stretta collaborazione con il parroco e il vescovo, primo responsabile di ogni comunità. Fino a qualche anno fa questo ruolo era affidato al cosiddetto “prete dell’oratorio’ ma non è obbligatorio che sia così. E ‘vero: il prete passa ma anche le altre persone passano. Ciò che resta è la comunità che aggregando forze sempre nuove, cambiando nel suo aspetto, porta avanti la missione di sempre.