LECCO – L’immagine più recente e più significativa è soltanto dello scorso marzo e ritrae don Luigi Ciotti mano nella mano con Papa Francesco nella chiesa di San Gregorio VII a Roma in occasione dell’incontro con i familiari delle vittime della mafia. Ieri sera il fondatore del gruppo Abele e presidente di “Libera”, l’associazione che si batte proprio contro i soprusi delle mafie in tutta Italia, ha fatto tappa a Lecco.
“Osiamo sperare la legalità e la giustizia” era il tema dell’incontro, svoltosi al cineteatro Palladium di Castello di fronte a una platea numerosissima. “Vedervi così in tanti ci commuove”, ha esordito Luigi Adelchi Panzeri, presidente delle Acli provinciali lecchesi, l’associazione cui si deve l’organizzazione della serata, proposta in collaborazione con “Libera” e con il patrocinio del Comune.
In prima fila c’era anche Virginio Brivio. “Stasera il sindaco non prenderà la parola – ha spiegato Panzeri – per rispetto dell’inchiesta giudiziaria tuttora aperta in città e noi lo ringraziamo per aver ritenuto opportuno non intervenire”.
A introdurre don Ciotti sono stati padre Angelo Cupini, della Comunità di via Gaggio e della “Casa sul Pozzo”, e Paolo Cereda, referente per Lecco di “Libera”. “Vogliamo continuare a costruire la speranza – ha premesso padre Angelo – anche se in questo periodo nella nostra città-territorio non si respira un buon clima. Indignarci è giusto, ma non dobbiamo paralizzarci. Tentiamo invece di andare in profondità e di continuare a dare un senso al nostro impegno civile. In questo compito chiediamo a don Ciotti di guidarci, consapevoli di avere già percorso con lui un buon tratto di strada”. “Luigi è un giusto – ha aggiunto padre Cupini – e i giusti hanno mani per i fratelli”.
Paolo Cereda ha subito dopo ripercorso il cammino fin qui svolto da “Libera”, “associazione – ha detto – che ha nella propria carta costitutiva, tra gli altri compiti, anche quello di fare proposte per quanto riguarda l’utilizzo dei beni confiscati alla mafia, oltre a proporre percorsi di formazione e a sensibilizzare i più giovani proprio attorno alle tematiche della legalità e della giustizia”.
“Sporcarsi le mani è un modo per fare le cose concretamente – ha detto sempre Cereda – e nostro dovere è saper separare la zizzania e il buon grano che pure convivono in ciascuno di noi”.
“Sono molto legato a Lecco perché qui ho profonde amicizie a partire da quella con padre Angelo – ha esordito don Luigi Ciotti – Non ci si vede spesso, è vero, ma ci si pensa intensamente. Io del resto l’ho sempre considerato un saggio proprio per il suo modo di saldare la terra con il cielo”.
Saldare la terra con il cielo. Ecco un concetto particolarmente caro a don Ciotti. L’ha ripetuto più di una volta, il fondatore del Gruppo Abele e di “Libera”, nel corso della serata. “Saldare la terra con il cielo vuol dire stare sulla strada – ha specificato – e infatti per me è fondamentale il faccia a faccia quotidiano con le persone e con le loro storie, non sempre facili da capire”. Poi subito un’esortazione: “Se invece trovate chi dice di sapere tutto di tutti, cambiate strada immediatamente”.
Don Ciotti ha quindi ammonito a “muoversi di più”, ad animare la speranza di coraggio e a non essere “cittadini a intermittenza”. Ripetuti sono stati anche i richiami a Papa Francesco e al suo recente incontro con il pontefice. “Quelle mani che si univano e si stringevano – ha detto – sono state un gesto spontaneo. Sì, il gesto di chi si capisce. Non c’era nulla di pensato né di studiato in quel prendersi per mano. Semplicemente è stato spontaneo farlo, perché quel giorno a incontrarsi sono stati i nostri cuori”.
Don Ciotti ha anche svelato un aneddoto, sconosciuto ai più, riferito sempre a papa Bergoglio. “La sua scelta di visitare Lampedusa nel luglio dello scorso anno – ha spiegato – non è stata casuale. Suo padre, infatti, in anni lontani avrebbe dovuto imbarcarsi su una nave, destinazione l’Argentina. Per un contrattempo fu però costretto a rimandare quel lungo viaggio, altrimenti oggi noi non avremmo avuto Papa Francesco. La nave su cui sarebbe dovuto salire appunto anche suo padre, infatti, affondò con il suo carico di migranti”.
Don Luigi Ciotti ha avuto parole di ammirazione anche per Paolo VI (“Non faceva tanto chiasso, ma pensate alla sua profondità e alla sua grandezza”) e ha sollecitato ciascuno a guardare dentro se stesso e a chiedere conto della propria parte di responsabilità.
Ha poi fatto riferimento alla Costituzione (“Alcune modifiche devono certo essere introdotte, ma i suoi princìpi fondanti non devono cambiare, a partire dal diritto all’uguaglianza sancito dall’articolo 3”) e ha ricordato che “la democrazia si fonda sulla giustizia e sulla dignità”.
Ma com’è possibile cambiare le cose che non vanno? “Unendo le forze e le energie degli onesti – ha risposto don Ciotti – e non limitandosi a guardare chi fa il male, ma anche iniziando a riconoscere e a valorizzare le cose belle e positive, che pure non mancano. Impariamo poi a cercare la verità e non limitiamoci a commuoverci di fronte al male. Muoviamoci, invece, e vigiliamo, perché ci stanno rubando anche le parole”.
Il presidente del Gruppo Abele e di “Libera” ha pure sollecitato a non cedere alla tentazione della rassegnazione, ha parlato di legalità e della corruzione (“è il cancro che fa da viatico alle mafie”) e ha definito l’indifferenza “una malattia mortale”.
Quindi il messaggio conclusivo: “Dobbiamo entrare nella storia con umiltà e abbandonare gli schemi rassicuranti, ricordando che senza cultura non c’è speranza e avendo ognuno il coraggio di dire “Io ci sono”. E dobbiamo soprattutto avere coraggio, perché senza coraggio la vita è meno vera, è meno viva”.