Zitti un po’ per obbligo e un po’ per scelta. Un tacere rabbioso che non è mai foriero di positività. Gli infermieri del 118 sono offesi, soprattutto i ‘super infermieri’ destinati ad uscire da soli in automedica. Questi ultimi possiedono una abilitazione particolare, ottenuta dopo due anni di corso specifico sull’emergenza. Sono rianimatori e provengono da unità coronariche, reparti di rianimazione e pronto soccorso. “Non possono elargire alcuni farmaci senza l’autorizzazione del medico, ma con quest’ultimo saranno sempre in contatto, come avviene in qualsiasi reparto”, ci dicono due diversi dottori. “L’infermiere che vediamo accompagnare un medico non potrebbe mai uscire da solo, gli altri sono diversi”. Non hanno la laurea in medicina, ma – ci pare di capire – in emergenza sono appena un gradino sotto.
E ora gli infermieri sentono lesa la loro professionalità. Quello che affermano i cittadini e i comitati che si stanno battendo contro il trasferimento dell’automedica al trivio di Fuentes, sostituita da un’auto appunto ‘infermieristica’ a loro non piace e lo trovano distorto.
La domanda è: perché non lo dicono apertamente?
Pare che negli ospedali non si possa prendere posizione, senza l’intervento dell’ufficialità dei vertici e dell’ufficio stampa.
Sono aziende e nelle aziende non si parla singolarmente. Come dire “siamo in democrazia” (conquistata a caro prezzo anche di giovani vite – ma è successo in ere che a scuola non si arriva mai a studiare) però ci sono ambiti in cui non si può esprimere il proprio parere ed eventualmente la propria rabbia.
E se la regola è il silenzio, il silenzio si usa come arma.
Solitamente, per le vicende di cronaca c’è un canale aperto di dialogo tra il 118 e i giornalisti, che poi riferiscono ai cittadini tutti (è il loro compito). Da un po’ di giorni questo filo diretto è interrotto, nel migliore delle ipotesi “raffreddato”, una specie di silenzio stampa che in definitiva chiude la saracinesca per i lecchesi, poiché il giornalista non è che un punto intermedio, un facilitatore tra la fonte e il lettore ed è al servizio di quest’ultimo. L’informazione è un bene comune, un tesoro di tutti e anche nelle vicende del 118 e dell’automedica di Bellano, più ne gira e migliore sarà la soluzione finale.
“Dividi et impera” è il commento di un altro interlocutore sulla vicenda. Ossia? “Infermieri ad alta professionalità da un lato, medici ASL (i precari licenziati all’improvviso n.d.r.) da un altro e i cittadini ancora da un’altra parte. Gli argomenti da affrontare sarebbero piuttosto altri: ad esempio la chiusura delle centrali fatto in questo modo”.
A noi viene in mente questa poesia sulla bellezza del dire e la sua difficoltà. E’ del grande poeta apolide europeo Rainer Maria Rilke, a cui le guerre non piacevano perché i perdenti alla fine sono sempre i soliti:
“Anche il viandante dal pendio della cresta del monte,
non porta a valle una manciata di terra,
terra a tutti indicibile,
ma porta una parola conquistata,
pura, la genziana
radice amara gialla e blu. Forse noi siamo qui per dire:
casa, ponte, fontana, brocca, albero da frutti, finestra,
al più: colonna, torre… . Ma per dire, comprendilo bene
oh, per dirle le cose così, che a quel modo, esse stesse,
nell’intimo, mai intendevano d’essere.”