Lettera. “Ponte vecchio illuminato? Bello ma a discapito della sicurezza”

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LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:

“Ill.mo Direttore

Veniamo da anni in vacanza in Valsassina e anche in queste festività stiamo facendo così. Con piena soddisfazione. Milano non soffoca ma staccare avendo a due passi la bellezza della montagna e della bella città di Lecco per compere e una passeggiata, libera non solo i polmoni ma pure i pensieri. Rilassa e rigenera.

In una camminata serale sul lungolago di Lecco, l’altra sera non si sentiva nemmeno il freddo tanto era bella la vista con una sorpresa aggiuntiva e inaspettata: il Ponte Visconti illuminato nelle sue numerose arcate. Bello. Complimenti.

Posso però fare una critica in questi giorni di vacanza con l’auspicio, quello che venga valutata, se già non emersa, perché l’estetica non può essere, per nessuna ragione al mondo, a discapito della sicurezza? Il Ponte Visconti con quelle illuminazioni è molto, troppo, pericoloso.

Mi stupisce che, in Comune gli Assessori alla Viabilità e al Patrimonio, non abbiano fatto fare delle prove, delle verifiche, e conseguentemente, imposto, delle risolutive modifiche.

Per la mia esperienza e per quanto senza difficoltà si può vedere anche nell’illuminazione dei molti monumenti di Milano, ma non solo, ci sono spesso e volentieri, in concomitanza di sensi di marcia, incroci o tratti stradali, anche di breve percorrenza, come lo è questo di Lecco, accorgimenti di posizione, piccole copriluci che ne limitano o indirizzano il fascio, senza mortificarlo, al monumento da valorizzare e non al contesto intorno. Tantopiù che qui a Lecco non è solo una questione estetica o di comodità ma di sicurezza. Le auto, gli automobilisti, sono accecati da un fascio così forte e mal posizionato.

L’ho sperimentato anche personalmente quando sabato ho cenato a Malgrate, un’ottima cena che quelle luci stavano mandandomi di traverso. Mi è stato detto che l’intervento è costato oltre 100.000 euro. Mi pare che siano indubbiamente tanti, tanti, soldi. Una ragione in più perché il lavoro debba essere fatto a regola d’arte e non solo per l’opera d’arte”.

Fabio Colombo