Concluso il processo nato dalla querela di Matteo Salvini nei confronti di Don Giorgio
Il sacerdote è stato condannato per i suoi messaggi contro l’ex ministro ritenuti offensivi
LECCO – E’ arrivato poco fa il verdetto del tribunale di Lecco sulla causa tra Don Giorgio De Capitani e l’ex ministro Matteo Salvini: il giudice Nora Lisa Passoni ha condannato il sacerdote al pagamento di una pena pecuniaria di 7,5 mila euro e al risarcimento di 7 mila euro nei confronti del politico, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Don Giorgio è stato riconosciuto colpevole per gli insulti rivolti al leader della Lega in quattro post specifici pubblicati sul proprio blog tra marzo e ottobre del 2015, oggetto del processo.
“Un’attività diffamatoria reiterata nel tempo” ha ricordato il pubblico ministero Paolo Del Grosso avanzando la richiesta di una pena pecuniaria di 10 mila euro, escludendo l’ipotesi di una misura detentiva in quanto le offese sarebbero per il pm riconducibili ad una critica di carattere politico.
La motivazione di quelle parole offensive, per il pubblico ministero, “parte dal dissenso politico, un valore in sé da tutelare nella nostra democrazia – ha sottolineato Del Grosso – ma la critica deve avvenire nei modi e nei termini previsti dalla legge, senza insulti e offese”.
L’avvocato della Lega: “Offese dirette a Salvini e ai leghisti”
Non la pensa così il legale della Lega, l’avvocato Claudia Eccher: “Sono offese ad personam, non si critica un’ideologia ma si punta il dito contro Salvini e contro i leghisti, volgarizzandoli, senza giustificazione o riferimenti a fatti o atti politici specifici. Una produzione ossessiva quella di Don Giorgio e mai ritrattata, rifiutando ogni offerta di composizione bonaria, senza un ravvedimento nei toni, anzi, il prelato ha continuato a pubblicare post offensivi anche durante le fasi di questo processo”.
“Idiozia, pezzo di merda, morto di fame, la merda richiama merda, Salvini è uno schizzo salito un po più in alto, pluri-assenteista di merda” sono alcune delle espressioni contestate al religioso e richiamate dall’avvocato della Lega, ricordando come, nel corso di una trasmissione radiofonica di un’emittente nazionale, don Giorgio sarebbe arrivato ad arrogarsi “il diritto di uccidere Salvini”.
La difesa di Don Giorgio: “Lo stesso linguaggio usato dalla Lega”
Per la difesa di Don Giorgio, rappresentata dagli avvocati Marco Rigamonti ed Emiliano Tamburini, il sacerdote “ha usato per uno scopo quel linguaggio, lo stesso che la Lega utilizza da vent’anni, fin dalla sua nascita, ma con una gravità incredibilmente superiore, non solo nel carattere ma anche nei contenuti, discorsi che suscitano odio. Un linguaggio usato dalla politica così come dal giornalismo, per raggiungere i propri destinatari”.
Gli avvocati citano anche l’intervento di papa Bergoglio contro la pedofilia, nel quale il capo della Chiesa definiva “cacca” i vescovi insabbiatori. “Un termine usato affinché i giornali potessero mettere le sue parole in prima pagina e fosse evidente l’opinione del papa sulla questione”.
Per gli avvocati del sacerdote, “si è voluto colpire don Giorgio perché, con le querele, si vuole togliere voce a chi può avere risonanza e visibilità” in quanto prete e quindi con possibilità di influenza sulla propria comunità.
I discorsi di Don Giorgio devono essere contestualizzati, spiegano i legali: “Di certo non si invocava la morte di Salvini, in quell’occasione si parlava della legge sulla legittima difesa, ‘se qualcuno legittima il fatto che si possa uccidere un ladro, allora diciamo che si possa uccidere anche questa persona che ci ruba i diritti’ è il ragionamento di Don Giorgio”.
Il capo della comunicazione della Lega tra i testimoni
Nel corso della stessa udienza è stato chiamato a testimoniare Luca Morisi, responsabile della comunicazione di Matteo Salvini e della Lega. Morisi ha affermato di conoscere i post pubblicati da don Giorgio e le critiche rivolte all’ex ministro. “E’ parte del mio lavoro monitorare le pubblicazioni che riguardano Salvini e la Lega come movimento politico”.
Morisi (di cui a breve pubblicheremo un intervista) ha prodotto una relazione contenente alcuni dati relativi a scritti e video pubblicati dal sacerdote e riferibili al capo del Carroccio. “In tutto – ha detto Morisi – 624 articoli che parlano o citano Salvini”.
Don Giorgio: “Posso essere condannato per una parolaccia?”
“Non capisco perché non si capisca. E’ così elementare. Se all’oratorio dico di non fare il cretino o lo scemo ad un bambino, capisce che non voglio offendere lui ma il suo comportamento che reputo sbagliato. Se fossimo di nuovo qui tra cento anni, penso sarei costretto a dire le stesse cose, vivrei altri cento anni per cambiare questa legge” sono le dichiarazioni spontanee pronunciate da Don Giorgio a conclusione dell’udienza.
“E non capisco perché insistere sul fatto che io sia un sacerdote, non c’è una gravità maggiore delle mie azioni se compiute come prete o come laico. Io sono un cittadino – ha proseguito – e non è vero che offendo Salvini come persona. Ne ho dette tante anche contro Berlusconi quando era presidente del Consiglio. Quando è scomparso dalla scena, non ho detto più niente su di lui. Se Salvini se ne andasse a casa domani, e speriamo, io non ne parlerò più. Io ce l’ho con lui in quanto politico, il suo è un mondo di odio”.
“Le querele – ha detto ancora Don Giorgio – sono una minaccia politica. Ma io credo che un personaggio pubblico sappia che potrà ricevere anche delle offese e le debba subire. Per le mie dichiarazioni sul caso dei Marò ho ricevuto ben 400 mila offese. Non ho detto nulla. Ma posso essere io condannato per una parolaccia, quando Salvini ha fatto peggio, con i fatti, chiudendo i porti, creando quelle situazioni sulle navi?”.