LECCO – Una chiacchierata informale di circa un’ora e trenta tra il giornalista e scrittore Beppe Severgnini e l’economista e professore della Bocconi Roberto Perotti, saliti entrambi sul palcoscenico del Teatro della Società nella serata di domenica 24 marzo. Questo l’evento conclusivo del calendario 2013 di Leggermente, la manifestazione che per due settimane ha promosso la lettura tra gli studenti di Lecco e portato in città scrittori e amanti dei libri.
Obiettivo della serata quello di presentare al pubblico lecchese, accorso davvero numeroso al Sociale, l’ultimo lavoro di Severgnini, il volume edito da Rizzoli “Italiani di domani”. Un libro, questo, che come ha spiegato lo stesso autore, ha come intento principale quello di “incoraggiare e spronare i nostri ragazzi. Attraverso otto T (ossia Talento, Tenacia, Tempismo, Tolleranza, Totem, Tenerezza, Terra e Testa) – ha anticipato Severgnini – voglio provare ad aprire delle porte per il futuro. Certamente in questo libro non ho la soluzione a tutti i problemi attuali dell’Italia, però credo di aver raccolto una serie di consigli utili ai giovani: se sapranno coltivare queste otto T, allora forse potranno reinventarsi e uscire da una situazione complicata che abbiamo creato noi”.
Con l’aiuto di Perotti, Severgnini ha quindi messo in luce alcuni degli aspetti trattati nel libro, senza tralasciare numerosi e talvolta sarcastici riferimenti alla situazione economica e politica italiana. “Tra tutte le T che ho inserito nel volume, vorrei puntare l’attenzione – ha specificato – su quella che ho chiamato Totem e che riguarda il valore dell’onestà, della lealtà. Dobbiamo passare ai nostri figli questi valori in quanto se li convinciamo che la vita onesta sia una vita da sudditi allora sarà davvero una catastrofe. I disonesti ci saranno sempre – ha affermato – ma è importante non rassegnarsi a questa condizione. Nelle ultime settimane – ha proseguito – ho girato per l’Italia, ho incontrato gli studenti e ho parlato con loro. Da questi incontri ho capito che stiamo parlando di una generazione realista, con un buon rapporto con i genitori ma tendenzialmente fragile e che manca di tempismo. Questo significa che i ragazzi devono sì capire quando è il loro momento, la loro occasione, ma che devono anche sviluppare le rispettive abilità. In attesa delle grandi trasformazioni pubbliche, i giovani devono quindi provare a lavorare sul loro talento, capire in cosa sono bravi e come mettere a frutto le loro capacità”.
Ma al di là dei consigli e delle esortazioni rivolte alle nuove generazioni, non sono mancati i riferimenti all’attualità e le riflessioni sulla scuola, sul rapporto tra giovani e genitori, sull’importanza di conoscere contesti diversi dal proprio. “Credo che la società italiana avrebbe bisogno di adottare qualche elemento anglosassone. Se è molto buono il nostro sistema scolastico, ultimo vero frullatore sociale a differenza del modello classista americano, ci sono comunque degli aspetti tipicamente anglosassoni che potremmo prendere come riferimento. Mi riferisco, ad esempio, al fatto che i ragazzi debbano vivere delle esperienze fuori dal ristretto nucleo familiare o amicale, studiare lontano da casa, imparare delle cose autonomamente. Tenere i nostri figli troppo vicini a noi non è sempre la strada migliore: i rapporti che abbiamo nelle nostre famiglie sono così buoni e affettuosi che rischiano di creare una campana di vetro intorno a loro”. Ideale sarebbe, quindi, un modello che sia una via di mezzo tra quello americano, “in cui i giovani tornano a casa una volta all’anno, e quello italiano, in cui i ragazzi sono forse troppo legati alla famiglia”.
Ed è proprio sull’importanza di “uscire dal nido” che Severgnini ha puntato più volte l’attenzione. “Città non troppo grandi come Lecco o Crema (la mia) – ha spiegato – rischiano di diventare narcotiche: i ragazzi hanno intorno le stesse persone da una vita, frequentano sempre i medesimi locali, si sentono forse sicuri e protetti ma rischiano di addormentarsi, di perdere spirito di iniziativa, di trascorrere le loro ore a fare aperitivi. Per questo è importante che vadano a vedere cosa c’è al di fuori, cosa succede oltre questo nido. Credo che la formazione – ha aggiunto – sia un po’ come un tronco di albero, fatta di tanti centri concentrici: c’è Lecco, poi la Lombardia, poi L’Italia, l’Europa, e così via. Questi cerchi, però, non devono essere visti come delle mura che delimitano. Contrariamente a quanto ha affermato tempo fa Umberto Bossi, ossia che sono un traditore della patria padana, io voglio molto bene alla mia terra, ma questo non implica che bisogna avere il sospetto nei confronti di chi sta fuori”.
Infine, poi, un riferimento alla politica e, in particolare, al movimento di Grillo, molto vicino ai giovani e proprio per questo citato durante la serata. “Devo dire che sono un po’ preoccupato. Credo che Grillo sia molto bravo in pubblico, tanto che tempo fa si pagava per andare a sentirlo nei palazzetti. Il suo approccio critico nei confronti di tutti i partiti ha avvicinato a lui una buona fetta di ragazzi, ma credo che il suo successo sia direttamente proporzionale ai disastri dei partiti tradizionali: se questi ultimi riuscissero davvero a parlare ai giovani, a chi vive situazioni di disagio, allora Grillo perderebbe voti. Ciò che mi preoccupa di lui – ha proseguito – è il suo modo di comunicare. Ritengo che la stampa libera debba essere rispettata e aggiungo che Berlusconi e Grillo non sono poi così diversi: il primo ci bombarda da tempo con i suoi videomessaggi, il secondo parla sul palco, fa un monologo e poi scappa. I comunicati politici sul blog di Grillo non aprono al confronto e credo – ha concluso – che i ragazzi lo capiranno presto”.