Il numero uno di Confapi Lecco Sondrio Enrico Vavassori: “Ulteriore stangata dopo la frenata tedesca”
Bonacina (Confartigianato): “Diversificare i mercati su cui accompagnare le nostre imprese”
LECCO – Il day after l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sui dazi che impone anche all’Europa è stato uno tsunami che ha travolto in primis le borse e poi anche il mondo imprenditoriale, ovviamente anche quello di casa nostra, che ha rapporti consolidati con questo Paese. Trump ha messo il 20% dei dazi su tutte le merci europee e del 25% sull’automotive, le aziende associate a Confapi Lecco Sondrio lavorano in gran parte nel settore metalmeccanico e molte di queste proprio in ambito automotive.
“Esprimo forte preoccupazione per l’introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump – spiega Enrico Vavassori presidente Confapi Lecco Sondrio -. I dazi sono un’arma commerciale pericolosa, soprattutto tra Paesi amici. Misure di questo tipo finiscono per colpire il cuore del nostro sistema produttivo, in particolare il settore manifatturiero e metalmeccanico, che già vive un momento di grande incertezza, soprattutto nell’automotive, a seguito anche della frenata tedesca. Trump ha dichiarato che l’obiettivo è riportare aziende e produzioni negli Stati Uniti, ma per arrivare a questo servono tempo, investimenti e soprattutto competenze, tecnologie e macchinari che oggi gli Stati Uniti non producono da soli. In molti casi, parliamo proprio di tecnologie che arrivano dalle nostre imprese. Pensare di ricostruire un’intera filiera industriale chiudendosi al commercio è un’illusione che rischia di fare più danni che benefici. Inoltre, i dazi nel tempo tendono a ritorcersi contro chi li impone. Se da un lato penalizzano le nostre esportazioni, dall’altro rischiano di ricadere sui cittadini americani stessi, che vedranno aumentare i prezzi dei beni di consumo e subire le conseguenze di un mercato meno competitivo. In un’economia globale sempre più interconnessa, alzare barriere non porta stabilità, ma instabilità e recessione. A questo punto, è fondamentale che né il Governo italiano né la Comunità Europea restino passivi. Servono contromisure adeguate, ponderate e ben pensate, che tutelino le imprese europee e riaffermino il principio di reciprocità negli scambi. La risposta deve essere ferma, ma costruttiva: non per alimentare lo scontro, ma per difendere il lavoro, la produzione e la dignità economica dei nostri territori. Va anche detto che Trump è noto per il suo stile negoziale: spara alto, alza la tensione e poi ridimensiona le richieste per ottenere qualche risultato concreto. È possibile che anche questa mossa rientri in una strategia più ampia, il cui vero obiettivo oggi non è ancora del tutto chiaro. Ma proprio per questo motivo serve lucidità e prontezza da parte delle istituzioni: farsi trovare impreparati sarebbe un errore che rischieremmo di pagare caro”.

Sul tema si è espressa anche la presidente di Confartigianato Imprese Lecco Ilaria Bonacina: “La decisione del Governo degli Stati Uniti avrà sicuramente un impatto importante anche per il nostro territorio. La provincia di Lecco, con la sua storica vocazione metalmeccanica, ospita numerose imprese che operano non solo nel settore automobilistico, ma anche in comparti strategici come la meccanica di precisione, la produzione di macchinari industriali e la componentistica avanzata. Queste aziende, spesso di dimensioni medio-piccole, hanno costruito nel tempo solide relazioni commerciali con partner statunitensi, basate su qualità e innovazione. Secondo il 33° Report Congiunturale di Confartigianato, l’attuale scenario geopolitico e le tensioni commerciali stanno già influenzando negativamente l’export delle nostre imprese. L’introduzione di ulteriori barriere tariffarie rischia di aggravare questa situazione, penalizzando non solo le aziende direttamente coinvolte nell’export verso gli USA, ma anche l’intera filiera produttiva locale”.
“Il nostro Ufficio studi nazionale ha stimato in 13mila gli occupati a rischio nelle Mpi italiane – ha continuato Bonacina – Un dato enorme, che evidentemente interesserà anche il nostro territorio. Cosa possono fare le imprese? Sicuramente continuare ad assicurare l’alta qualità della manifattura Made in Italy, che i mercati di tutto il mondo riconoscono e apprezzano. Su altri livelli l’auspicio è che si punti sulla negoziazione, perché un’escalation della guerra commerciale in atto inasprirebbe ancora di più le conseguenze per le nostre aziende. Per il resto, bisogna diversificare i mercati su cui accompagnare le nostre imprese, per trovare nuovi sbocchi anche per le MPMI che, a dispetto delle dimensioni, sono in grado di vendere i loro prodotti in molti Paesi”