A 10 anni di distanza ricordare significa tenere viva la scintilla che ha ispirato tanti alpinisti
Il 14 marzo 2014 era un venerdì, il Butch aveva appena realizzato il suo sogno sulla via Jöri Bardill al Pilone Centrale del Freney
LECCO – Il 14 marzo di dieci anni fa era un venerdì, Marco Anghileri aveva appena realizzato un sogno coltivato per anni, la prima solitaria invernale della via Jöri Bardill sul Pilone Centrale del Freney. Un ultimo bivacco e il mattino successivo avrebbe percorso i pochi metri che lo separavano dalla facile cresta che lo avrebbe portato in cima al Monte Bianco.
E, invece, è successo l’imponderabile, la sorte si è messa di traverso con una scarica di sassi che si è portata via per sempre l’alpinista lecchese. A dieci anni di distanza è ancora limpido il ricordo di quel volto aperto e sorridente, accompagnato da un’anima luminosa che in modo semplice era capace di trasmettere il suo amore per la montagna e il suo alpinismo d’avanguardia e mai scontato. Un entusiasmo autentico, capace di contagiare anche chi in montagna non ci andava.
Perché è importante ricordare il Butch? Per non far spegnere quella scintilla che ha ispirato tantissimi giovani alpinisti. Ognuno di noi conserva un segno, un gesto, un ricordo, un’esperienza da tramandare per continuare a far germogliare quei semi che tanto hanno dato all’ambiente alpinistico, non solo lecchese. Marco Anghileri aveva una marcia in più, come alpinista e come uomo. Ecco perché è importante ricordare… perché l’alpinismo si nutre di sogni e Marco Anghileri era un sognatore che contagiava chi gli stava vicino.
Per ricordare l’amico Marco Anghileri il Cai Ballabio ha organizzato una fiaccolata per sabato 16 marzo (ore 18.30) ai Piani Resinelli.