LECCO – Riceviamo e pubblichiamo.
“Dopo una primavera di piogge particolarmente abbondanti, con nevicate tardive ed a loro volta abbondanti, ci si sarebbe dovuta attendere una stagione con livelli addirittura preoccupanti; invece siamo vicini ai minimi storici dal 1946. Tutti sappiamo che l’acqua è un bene prezioso, da valorizzare e risparmiare; quanto sopra dimostra invece in modo lampante quanto male vengano gestite le acque nelle nostre zone, quanta se ne sprechi, quanta ne venga persa. Se in una stagione ricca abbiamo il lago così basso, in una stagione siccitosa cosa faremo? Il lago è sempre stato una riserva su cui tutte le Amministrazioni hanno puntato e punterebbero in una simile evenienza, ma viste le premesse punterebbero certamente sul cavallo sbagliato!
Come sempre, ligi all’italico costume, dobbiamo attendere che un disastro accada per porvi rimedio? Non sarebbe invece il caso di fare in modo di prevenire, come farebbe il “buon padre di famiglia” di cui al nostro Codice Civile? “Melio prevenire quam reprimere” dicevano qualche secolo fa e certamente in materia di opere pubbliche gli antichi romani ci sopravvanzavano.
Questo senza contare i danni che la mancanza d’acqua provoca al lago ed a chi ci vive attorno; barche in secca – vero che il turismo viene sottovalutato, ma chiudendo le fabbriche forse sarebbe ora di farci un pensiero .. -, le rive cadono, gli agenti inquinanti si concentrano – e di conseguenza le alghe prolificano, in senso letterale, con conseguente moria dei pochi pesci superstiti .. – gli scarichi affiorano – immagine pessima per chi transita in zona, ma certamente occasione da prendere al volo da parte di chi dovrebbe controllarli – le spiagge mostrano il peggio di sè in termini di poco simpatici residenti e residui di inciviltà – e chi più ne ha ne metta.
Però, naturalmente, non parliamone, piuttosto occupiamoci della sagra dell’alborella – ovviamente senza dire che arriva anche lei dalla Cina visto che quelle nel lago anche per quanto sopra si sono estinte; argomento forse meno urgente, ma certamente meno urticante. Se poi non ci sarà acqua, parafrasando la nobile francese e le sue brioches il popolo berrà vino”.
Lorenzo Carlessi