LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“Felicità è scoprire, grazie a un casuale volantino nella cartella del mio bambino, poco più di un mese fa, che ci sono belle persone adulte che hanno ancora la passione del giocare.
E che sono capaci di trasmetterlo. Trasmetterlo senza aver bisogno di insegnarlo.
Un volantino, come tanti, come troppi, nella cartella.
Un invito a scoprire il gioco a scoprire il rugby.
Per i bimbi e per i genitori.
3 sabati al Cento sportivo del Bione nel mese di maggio.
Il tuo bimbo, che ha 9 anni e non 15, che ti chiede “Si, si, dai papà portami”.
Tu che hai 40anni e l’ultima volta che hai fatto dello sport era il 1986.
E poi il rugby?
Ma il rugby bimbo mio non lo sai che è uno sport violento?
Al massimo da vedere in tv giusto il 6 Nazioni per parlarne al lunedì in ufficio.
Già più di un secolo fa, sul finire del 1800 Oscar Wilde, un fior fiore di scrittore irlandese, diceva “Il rugby è il miglior modo per tenere 30 energumeni lontano dal centro della città durante il fine settimana”
Non sarà, non è, cambiato nulla.
Ma si sa i bambini sono insistenti.
E così sabato si va giù.
Scarpette e tanta pazienza. Un’ora e mezza. Potrebbe essere una vita.
Non porto il lasonil solo per pudore.
Ci aspettano 10 altri bambini e più o meno altrettanti genitori. Chi più atletico chi più trascinato. Io.
L’istruttore è un ragazzo, massiccio, atletico ma troppo tatuato.
Calzoncini e un tatuaggio maori sulla gamba..
Ed è pure a piedi nudi. Te lo dicevo io che aveva ragione Wilde.
Dai tutti in cerchio. “Io bimbi e genitori mi chiamo “Gianca” e oggi ci divertiremo insieme imparando un poco il gioco del rugby”, e poi via a coinvolgere i bimbi, a raccontare, a chiedere, a battere il cinque.
Con una voce che – ma che caspita perché non ringhia e sputa per terra? – una voce pacata. Tranquilla.
E ti trovi a giocare con il tuo bimbo per terra sull’erba.
Anche l’impiegato ha un cuore e, a sua insaputa, ancora due muscoli semivivi.
E lui, il rugbista che non ti aspetti, ti dice che il rugby non è scontro, sfondamento.
E’ evitare per poter avanzare prima, più in fretta. E i bambini interagiscono. E lui non se ne dimentica nessuno da parte.
E così i bimbi si passano la palla, sono per terra, imparano a prendere il passaggio e provano e riprovano e i papà – ed una mamma – si passano con loro la palla, sono per terra, ci restano un poco più a lungo, imparano a prendere il passaggio e provano e riprovano.
E non chiedono nemmeno l’acqua e io nemmeno l’ossigeno.
E così anche il sabato dopo e quello appena passato. E ci siam sempre tutti.
La domenica hai si un poco di arnica e lasonil da spalmarti sulla schiena, sui muscoli che manco sapevi di avere, ma pensi che lui dovrebbe essere in molte scuole, in molti uffici del personale.
Ci sa fare con i bimbi.
Torni a casa fai un giro in internet e scopri che ci sa fare, e alla stragrande, anche con la palla ovale.
E’ il capitano del Rugby Lecco, gioca in serie B, non se la tira manco per sbaglio.
Guarda che è bastarda la vita… lui che potrebbe e ne avrebbe 101 ragioni non lo fa ed è invece pieno il mondo di chi se la tira e andrebbe invece preso a calci in culo.
Lui è Giancarlo Locatelli un talento del rugby da oltre 10 anni.
Quando noi non avevamo passato ancora la visita di leva lui era già nel giro della nazionale.
Una Maglia Azzurra che ha poi rifiutato non da cui è stato rifiutato.
L’opposto della volpe e l’uva.
E qui si apre un mondo.
Le scelte, le rinunce, forse anche gli sbagli ma la consapevolezza che così non si assomiglia per nulla a chi obbedisce (ai poteri forti) per arrivare a comandare, a essere servili per diventare prepotenti e a strisciare per conquistare il diritto di essere spocchiosi.
Ed oggi, ancora un talento, ti trasmette a te adulto con la scusa del bimbo che il rugby – o era la vita?, non mi ricordo più – è tutta lealtà.
Lealtà e spirito di gruppo.
E’ lì il binomio vincente.
Avanzare-sostenere-continuare.
Sta tutto qui il rugby. Sta tutto qui il gruppo. Dovrebbe star tutta qui la Comunità.
Il rugby è un modo di stare al mondo diceva Sébastien Darbon.
A fine partita nel calcio si contano i rigori non dati, nel rugby le birre.
Dite se non è vero?
Anche se non consociamo il rugby per la parte sul calcio è purtroppo vero e ancor peggio a tutti i livelli.
Questo è uno sport che allena alla vita. Non solo i bambini.
E lui alla fine ti saluta, e con i bimbi batte il cinque, sta lì ancora.
E’ passione marcia la sua.
Si vede e la trasmette. E già lì, al Bione, ti viene in mente l’allegria.
L’allegria, quella vera, che irrompe nella mia testa e, si vede, in quella degli altri tutti gli altri.
Dicevi rugby e pensavi a un sacco di botte e zuffe gigantesche, poi guardi i bambini divertirsi a giocarlo e ti rendi conto di quanto eri ignorante.
E ancora oggi a casa, mentre ci ripenso mi addormento ridendo come un bambino.
Erano anni che non succedeva.
Amico rugbysta, amico Giancarlo Locatelli: grazie di esistere”.
Paolo Trezzi