LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“Quando a 63 anni si è ancora troppo “giovane” per andare in pensione, ma non c’è lavoro, le poche entrare non bastano più per vivere e spesso si ha timore di perdere anche la dignità e ci si terrorizza nel vedersi togliere tutto dopo una intera vita di sacrifici che cosa rimane ? Nulla ed è per questo che i coniugi Dionisi, di Civitanova Marche, si sono tolti la vita. Romeo e Annamaria, semplicemente, si vergognavano.
La dignità gli imponeva di non chiedere l’elemosina, motivo per cui hanno scelto di morire. Qualcuno gli aveva suggerito di rivolgersi ai servizi sociali. Offerta “solidale” che ai due deve essere, forse, sembrata uno schiaffo, un’offesa. Hanno preparato un biglietto in cui si scusavano con tutti per il loro gesto, lo hanno messo sul cruscotto della loro auto insieme al numero di telefono della sorella della donna, hanno preso le corde, sono scesi in garage e si sono impiccati. Un suicidio lucidamente pianificato, la resa dopo anni e anni di lotte contro il tempo per rincorrere una pensione che con le nuove regole si era allontanata di cinque anni, troppi per Anna, casalinga da sempre e una pensione di 500 euro, e Romeo, esodato con una vita da manovale e due mani come badili che chiedevano solo di continuare a rimestare calce e cazzuola.
Vicini uno all’altro, li hanno trovati appesi a una trave di quella cantina, il volto di entrambi rivolto verso il muro umido, schiena contro schiena per evitare di guardarsi negli occhi mentre la morte sigilla gli ultimi rantoli di vita . Hanno archiviato così per sempre il problema dell’affitto, del cibo, della miseria. Non erano “indignati”, e hanno scelto di morire con compostezza. Scusandosi per il disturbo. Scusandosi anche per averci obbligato a riflettere”.
Ezio Venturini. Capogruppo Consigliare Italia dei Valori