M. P. – Dottor Villa, che cos’è la protesica giovanile dell’anca?
“Parliamo di protesica giovanile dell’anca per i pazienti che non hanno ancora compiuto i 65 anni.
A questa categoria sono assimilabili gli over 65 che non hanno patologie degenerative concomitanti, tali che possono compromettere lo stato di salute dal punto di vista ortopedico, oppure in coloro che possiedono una buona qualità dell’osso e sono attivi a livello sociale”.
“Questo intervento – Spiega il Dottor Tiziano Villa, Specialista in Ortopedia e Traumatologia di G.B. Mangioni Hospital – si caratterizza per la minima asportazione; il chirurgo interviene con l’obiettivo di conservare il collo del femore. Ciò consente una distribuzione ottimale dei carichi di lavoro poiché l’impianto non sostituisce
ma si integra nell’articolazione nativa. Il rispetto delle strutture anatomiche è la condizione essenziale; la differenza sta proprio nel riordino della biomeccanica articolare e nel ripristino delle costanti geometriche dell’anca, per garantire la naturale fisiologica distribuzione delle forze di tensione e compressione”.
Quali sono i benefici di questa tecnica?
“I vantaggi sono notevoli, infatti l’impianto protesico viene ottimizzato e integrato allo schema corporeo garantendone una maggiore affidabilità nel tempo. Anche l’usura della protesi può essere paragonata al fisiologico decadimento artrosico proprio delle cartilagini con conseguente sviluppo delle malattia artrosica. Il paziente trattato chirurgicamente rientra così in una normalità post-operatoria più affine all’anatomia, con un conseguente miglioramento nello svolgimento delle attività quotidiane.
È un tipo di protesica dedicata ai soli casi di degenerazione articolare o trova utilizzo pure negli esiti di traumi?
“Sì, è possibile applicarla anche ad alcuni casi di traumatismi fratturativi dell’estremo prossimale. L’unica controindicazione è la scarsa tenuta biomeccanica del collo femorale infatti, quando si frattura, vuol dire che la struttura del collo deputata ad alloggiare la protesi non è più adeguata.
Se, invece, il trauma riguarda la testa del femore o la regione sottocapitata, l’impianto può essere eseguito con ottime percentuali di successo, sempre che il trofismo dell’osso sia adeguato, consentendo un rapido recupero”.
È una chirurgia molto invasiva?
“Decisamente no. La nostra filosofia si fonda sulla chirurgia che risparmia il più possibile i tessuti, un approccio fondato dal Professor Francesco Pipino. In quest’ottica non è tanto importante la lunghezza dell’incisione, bensì l’adozione di un preciso decalogo comportamentale: eseguire impianti protesici che si integrino nell’articolazione, ripristino della biomeccanica articolare, accesso chirurgico che non comporti sezioni muscolari ma segua i piani anatomici originali sfruttandoli a proprio vantaggio senza alterare l’equilibrio muscolare complessivo e, soprattutto,
protesi anatomiche di piccole dimensioni il cui impianto non pregiudichi
il patrimonio osseo a disposizione”.
Esistono differenze procedurali per gli uomini e le donne?
“Assolutamente no. Parliamo di protesi in titanio, rivestite di un materiale particolare, studiate per garantire la massima biocompatibilità e biotollerabilità. La nostra esperienza diretta, frutto di 25 anni di casistica e follow-up, non ha mai evidenziato problemi di rigetto. I materiali utilizzati fanno in modo che la protesi sia inglobata nell’osso e si stabilizzi in modo assoluto. Ciò permette di scaricare le forze di tensione e compressione, tipiche dei movimenti articolari, secondo le linee di carico previste in natura, minimizzando al tempo stesso i fenomeni di usura (stress shielding) solitamente collegati alla protesica”.
Dott. Tiziano Villa
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Per informazioni e prenotazioni:
G.B. Mangioni Hospital
Via Leonardo Da Vinci, 49 (Lecco)
telefono 0341.478111