LECCO – “Le scelte sembrano definitive. I criteri ormai decisi. Gli spazi di sopravvivenza vicini allo zero. La provincia di Lecco appare una delle prime a essere sacrificata vuoi per la soglia demografica dei 350 mila (siamo a poco meno di 340 mila) vuoi per l’estensione territoriale che è poco meno di un terzo di quella stabilita (800 kmq rispetto ai 2500).
Cosa fare dunque? Piuttosto che lasciarsi andare in scontate e spesso scomposte reazioni localistiche e campanilistiche occorre sviluppare ragionamenti su cosa fare e come agire nel poco tempo che resta prima delle decisioni finali. Quali scenari si prospettano e quali strategie la politica lecchese (quella ci si augura continui ad esistere) intende adottare per capitalizzare il patrimonio costruito in questi anni. Patrimonio fatto di relazioni, di esperienze, di investimenti, di infrastrutture, di servizi, ed anche di una identità, se proprio vogliamo dirlo, che ha preso forma nel perimetro dei suoi confini amministrativi.
Primo errore da evitare, l’effetto spartizione: cioè lasciarsi ridurre in brandelli consentendo alle vicine province di portarsi a casa un pezzo più o meno ambito del territorio lecchese. Penso all’alto-lago risucchiato da Sondrio, al meratese attratto da Monza, ad alcuni comuni sedotti dal richiamo della vecchia casa comasca per finire con la Val San Martino che forse si accaserebbe volentieri nella vicina Bergamo.
Tale scenario annienterebbe davvero l’identità costruita attorno ad una delle più giovani province italiane e vanificherebbe l’enorme lavoro svolto da tanti amministratori che hanno voluto costruire un assetto amministrativo da Verderio a Colico che poi così vicine non sono.
Occorre fare blocco. Occorre finalizzare ogni azione politica, ogni provvedimento legislativo, ogni progetto gestionale e organizzativo ad una ipotesi di accorpamento e non di annessione. Fare in modo che il “blocco Lecchese” possa “contrattare” con altre province la inevitabile fusione al fine di proteggere gli assetti territoriali e gli obiettivi strategici da sostenere attraverso una nuova dimensione amministrativa locale.
Per conseguire tale scopo si dovranno mettere al bando ipotesi nostalgiche (Como), di convenienza politica (alla sinistra il cuore batte in Brianza e alla destra in Valtellina) o di ispirazione culinaria (insalata mista con pezzi di Como, Sondrio e Monza).
E’ invece consigliabile allargare lo sguardo sull’intera Regione e capire quale possa essere la sostenibilità di tutte le nuove province sulla base dei requisiti fissati dal legislatore e delle peculiarità geografiche, territoriali, demografiche, infrastrutturali ed economiche.
La proposta avanzata nasce proprio dalla verifica di fattibilità nel rispetto dei parametri già fissati e pone alcune riflessioni a riguardo che nascono proprio da alcuni dati oggettivi imprescindibili.
Partiamo dalla Provincia di Milano, che diventerà tout court l’area metropolitana della Grande Milano, e dalle province di Bergamo e Brescia che manterranno l’attuale profilo grazie a popolazione e superficie che sono ben al di sopra dei minimi fissati.
Ed iniziamo a fantasticare lasciando per ultimo lo scenario che più ci riguarda.
In pianura, la cosiddetta “bassa”, appare inevitabile la fusione delle province orientali di Mantova e Cremona che risultano ben equilibrate e portatrici di vicendevole dote. Mentre ad ovest Lodi non potrà sfuggire all’annessione a Pavia. Avremmo quindi in pianura le Province della “Bassa di Levante” e della “Bassa di Ponente”.
A nord, Varese potrà fondersi tranquillamente con Como acquisendo una forte identità di provincia di frontiera (la Svizzera ce l’hanno nel cuore e nel portafoglio) e di terra dei laghi (il Lario, Comasco, il Ceresio, il Verbano, quelli di Varese, Montorfano, Pusiano) dal che l’appellativo di provincia dei Laghi.
Infine quella parte di Lombardia che nascendo a nord dell’area metropolitano di Milano, assume il nome di Brianza per raggiungere tutta la dorsale del Lario e dilatarsi nella Valtellina e nelle sua cornice prealpina. Un territorio fortemente innervato dalle attuali infrastrutture ferroviarie (la Milano-Tirano) e stradali (SS. 36 e SS. 38) che collegano efficacemente da nord a sud questa nuova provincia “verticale”
In una provincia si fatta, non potrebbe sfuggire a Lecco il ruolo di capoluogo, grazie alla sua posizione baricentrica e alla moderna e ben strutturata dotazione di uffici e servizi sebbene tale soluzione richiederebbe una deroga della norma che allo stato premierebbe Monza per via del più elevato numero di abitanti”.
Rocco Cardamone
(Consigliere Provinciale Gruppo PD)