L’Italia nel bicchiere. “Pas Dosè”, lo spumante che piace sempre più

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Roberto Beccaria
Roberto Beccaria

RUBRICA – Ciao a tutti, sono appena rientrato da Verona dove, anche quest’anno, ho partecipato al Vinitaly, appuntamento imperdibile per operatori e degustatori.

Non sono mancati certo gli spunti per parlavi di qualche buon vino ma siccome nel viaggio di ritorno ho fatto tappa in Franciacorta, ospite della meravigliosa azienda Villa di Monticelli Brusati , colgo l’occasione per parlarvi dello spumante classico “Pas Dosè”, una tipologia di spumante in continua ascesa, soprattutto nelle preferenze degli intenditori di bollicine.

Il termine “pas dosè”, fa parte della terminologia in lingua francese riferita alla produzione dello Champagne poi adottata anche da noi per gli spumanti Metodo Classico, significa “non dosato”, per cui allo spumante in questione non verrà fatta alcuna aggiunta di  quella misteriosa miscela chiamata “liqueur d’expedition” (dosage) prima della tappatura definitiva.

La produzione di uno spumante Metodo Classico è molto complessa ed elaborata ma cercherò di sintetizzarla nei passaggi fondamentali: si parte da una vendemmia piuttosto precoce delle uve allo scopo di ottenere dei vini poco alcolici e freschi d’acidità che andranno a  comporre la base spumante .
Questo procedimento viene chiamato “elaborazione della couvé” e consiste nell’assemblare diversi vini, anche di annate diverse.

Qualora la couvè è ottenuta con una selezione di vini di un’unica annata (millesimo) si produce quello che in gergo è chiamato “millesimato”.

Andiamo avanti: per ottenere la presa di spuma si aggiungono alla couvè mediamente 20/22 gr/ lt di zucchero e fermenti selezionati per innescare una rifermentazione con conseguente lento sviluppo di anidride carbonica.

Ogni singola bottiglia viene riempita, tappata ermeticamente con un tappo a corona provvisorio e posizionata orizzontalmente in un luogo fresco e buio della cantina dove si concretizzerà la presa di spuma.
A rifermentazione completata il residuo andrà a depositarsi sulla pancia della bottiglia dando inizio ad un lungo periodo di “maturazione sui lieviti” che in genere dura alcuni anni.

Quando sarà il momento di mettere il prodotto sul mercato si procede con una serie di lavorazioni che terminerà prima con la “sboccatura”, per eliminare il sedimento, poi col “dosaggio” con la “liqueur d’expedition” che andrà a sostituire il poco liquido espulso e conferire allo spumante morbidezza, equilibrio e complessità.
Questo dosaggio determinerà pure la tipologia di spumante, classificato in base al residuo zuccherino: Extra brut, Brut, Extra Dry, Dry e Demi sec.

Nel caso del “Pas Dosè”, lo spumante espulso insieme al sedimento con la sboccatura, verrà semplicemente sostituito dallo stesso prodotto quindi, non essendoci possibilità di ritoccarlo o ammorbidirlo, emergeranno la qualità del vino-base ed il gusto particolarmente secco e deciso.

Quasi la totalità dei Pas dosè sono degli Extra brut millesimati con un residuo zuccherino da 1 a 3 mg / lt , e la loro piacevolezza dovrà essere attribuita esclusivamente alla qualità e all’equilibrio della base spumante che, non avendo la possibilità di  essere “aggiustata” con la liqueur d’expedition, dovrà essere molto curata in partenza.
Infatti, per molti produttori il pas dosè è il “fiore all’occhiello” dell’azienda a dimostrazione che la bontà del prodotto e data dal vino, non dalle aggiunte finali.

Sul mercato, i pas dosè più famosi, anche perché sono stati i primi a produrli, sono stati i Franciacorta “Dosage Zero” di Cà del Bosco ed il “Pas Operè” di Bellavista poi, piano piano si sono affermati altri prodotti non solo franciacortini a prezzi meno indecenti.

Recentemente ho assaggiato dei Trento DOC molto interessanti, primo fra tutti il millesimato riserva 2009 di Letrari, ma anche il Durello dei Lessini 2011 di Fongaro o il Lugana 2013 di Zenato. Nella Franciacorta la moda dei pas dosè è addirittura esplosa (ma c’è in giro un po’ di tutto) ed io mi sento di segnalarvi solo quelli che mi sono piaciuti davvero come il Nefertiti DZ 2009 di Vezzoli, il “Diamant” 2010 di Villa o il “Pas Rosè” rosè 2010 di Il Mosnel 70% pinot nero.

Personalmente non sono un fanatico del Pas Dosè, però devo ammettere che quando è buono ha un fascino particolare, se poi lo si assaggia in compagnia  di ottimi amici dopo una giornata al Vinitaly, letteralmente “coccolati” da Roberta Bianchi e Paolo Pizziol titolari dell’Az Villa, ha proprio il valore di un “Diamant”.

Assaggiare per credere
Roberto Beccaria

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