Il pianto del mio bambino (1^ parte)

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LECCO – Con questo articolo inauguriamo una nuova fase di argomenti che tratteremo nelle prossime settimane e che riguardano il vostro/a bambino/a dai primi anni di vita a quando interagisce in ambienti diversi dalla propria famiglia, come per esempio la scuola dell’infanzia.

Il primo tema che abbiamo scelto di affrontare riguarda il pianto, inteso come la più potente forma di comunicazione che fin da neonato permette al bambino, con molta efficacia, di stabilire un contatto diretto con i propri genitori.

Dal primo pianto del bambino quando viene al mondo in avanti, questo modo di comunicare ha un significato speciale per i genitori e per le persone che si prenderanno cura di lui.

Per i neogenitori diventa un mondo nuovo, un linguaggio tutto da scoprire e da decifrare che a volte diventa incomprensibile o faticosamente decifrabile.

Nei primi mesi di vita tutti i bisogni del bambino sono espressi tramite il pianto. Avrà fame? E’ nervoso? Ha bisogno di essere cambiato? Non starà male? Sono tutte domande che portano una “reazione di allerta” nei genitori costringendoli a cercare una soluzione.

Diventa fondamentale per i neogenitori stabilire un canale di interpretazione che gli permetta di distinguere i diversi pianti del neonato e così entrare in sintonia con il proprio bambino.

Questo importante traguardo nel rapporto genitore-neonato è, per usare una metafora, come una danza, dove si attraversano alti e bassi e, a volte, risulta più semplice capire il passo dell’altro mentre altre volte cogliere cosa l’altro sta dicendo è troppo complesso. Gli errori diventano parte integrante di questa danza e permettono di scoprirci e di costruire il nostro rapporto.

In questi primi momenti diventa importante imparare ad osservare il vostro bambino: il suo comportamento e le sue espressioni facciali vi guideranno. Spesso i neonati inviano segnali chiari (se gli piace ciò che state facendo o no ve lo dirà con l’espressione del suo corpo). Basta prestarvi attenzione e fidarsi del proprio istinto.

Le caratteristiche del pianto di un neonato e la sua capacità di essere calmato sono importanti e significativi indicatori: da una parte indicano il temperamento del bambino e dall’altra parte il “lavoro” che si dovrà fare per consolarlo. Infatti è come se il pianto fosse interamente parte del linguaggio di cui ogni neonato è dotato e che serve per prendere contatto e comunicare con il mondo. I genitori imparano molto presto a capire quale tipo di comportamento ha più probabilità di successo con il proprio bimbo (es. parlargli a bassa voce oppure toccarlo con mano ferma,…).

Man mano che il bambino cresce, uno dei compiti principali del genitore è aiutarlo a “imparare” a calmarsi da solo. A quattro/sei settimane un bambino può imparare a consolarsi con il pollice o con un succhiotto oppure trovando una posizione nel letto che lo calma. Il bambino sviluppa delle risorse interne dalle quali attingere quando si sente solo o angosciato.

Se il bambino fatica a trovare un sistema di auto consolazione, soprattutto nella notte, può diventare importante lavorare su questo aspetto di giorno, per esempio aiutandolo a trovare il pugno o le dita in modo che possa stabilire una modalità di suzione.

La prossima settimana proseguiremo nella seconda parte di questo tema: il pianto del bambino dopo l’anno.

Lucia Riva e Elisabetta Vitali

Gli articoli della rubrica sono a cura delle Dott.sse Lucia Riva ed Elisabetta Vitali, pedagogiste dello Studio di Consulenza Pedagogica Koru

www.consulenzapedagogicakoru.it

Se avete domande o osservazioni potete scrivere all’indirizzo mail studiokoru@libero.it

 

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