Sos Genitori. “Ho paura del lupo…”

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RUBRICA – “Sono una mamma un po’ disperata, la mia bambina di tre anni sta cominciando ad avere paura di ogni cosa. Sia di giorno, quando non vuole andare in un’altra stanza da sola perché ha paura del lupo, sia di notte, quando si sveglia d’improvviso gridando che ha visto il lupo. Mi accorgo che le mie parole servono a poco per aiutarla, nulla sembra tranquillizzarla. Come mi posso comportare secondo voi?”

Lupi_PortaCominciamo a rassicurare questa mamma, dicendo che quello che sta vivendo la sua bambina, è una cosa normale, una fase che ogni bambino nel suo cammino di crescita si ritrova prima o poi ad affrontare: il momento delle paure. Paura del buio, di mostri o streghe, di qualche animale, del temporale ecc.

Da un punto di vista teorico, le paure sono delle reazioni fisiche e psichiche che si attivano quando ci troviamo di fronte a qualcosa che sentiamo come pericoloso o sconosciuto. Sono quindi un meccanismo di difesa con una propria utilità fondamentale. Per questo i bambini spesso vivono molte paure, perché vivono ancora in un mondo che stanno imparando pian piano a conoscere e sul quale hanno poco controllo. Ecco anche perché solitamente si superano con la crescita.

In ogni caso fanno parte di una fase fisiologica della loro vita, sono quindi del tutto normali e non devono preoccuparci se sono in qualche modo passeggere, gestibili (riusciamo a tranquillizzarli in breve tempo) e non vanno a condizionare la loro esistenza tanto da impedire le attività quotidiane.

La domanda fondamentale diventa quindi come comportarci noi adulti di fronte a questi momenti.

– Ricordandoci, innanzitutto, che il bambino è competente, in base alla sua età, ed in grado di gestire questa fase. Il nostro compito di genitori è proprio quello di accompagnarlo nel cammino verso la scoperta di questa competenza nella gestione delle emozioni. Ha lui stesso le potenzialità per affrontare la paura, sa cosa gli serve. A volte basta supportarlo con un po’ di fiducia e creatività per creare insieme un oggetto o un rituale “anti-paura”.

– Le paure vanno rispettate, perciò un bambino che mostra paura, anche se per qualcosa che a noi può sembrare ridicolo, non va mai denigrato per questo. Come abbiamo detto le paure sono delle risposte istintive a situazioni che per loro sono minacciose. Non sminuiamole e non facciamoli sentire inadeguati con frasi come “Ma dai, sei grande!”.

– Utilizziamo il contatto fisico. Come abbiamo visto le paure sono una risposta istintiva. Non possiamo affrontarle solo con la razionalità. Dire semplicemente ad un bambino che ha paura di un mostro che questi esseri non esistono non risolverà probabilmente la situazione.

Utilizziamo quindi anche e soprattutto il linguaggio non verbale. Per tranquillizzarlo e farlo sentire al sicuro è molto più efficace il contatto fisico, un abbraccio, una presenza calma e affettuosa piuttosto che troppe parole. Queste saranno preziose in un secondo momento, per aiutarlo a rielaborare l’esperienza vissuta.

– Accogliamo le paure e creiamo uno spazio per poterne parlare. Accogliere le paure che ci vengono mostrate significa anche accogliere il bambino che abbiamo di fronte. Diamo lui la possibilità di parlarcene, di dirci cosa lo spaventa e perché, come mi sente in quelle situazioni. Non sempre è semplice mettere in parole queste emozioni, soprattutto per i più piccoli, ma è importante che sappiano di avere accanto qualcuno pronto ad ascoltare senza giudicare.

Potremmo scoprire ad esempio che hanno attribuito significati particolari a qualcosa che hanno visto o sentito, o che vivono una preoccupazione per qualcosa che non hanno capito appieno.

– Utilizziamo canali comunicativi a loro più congeniali. Il gioco e il disegno ad esempio sono spesso i più facilmente fruibili dai bambini per esternare ciò che provano. Giochiamo con loro. Aiutiamoli ad uccidere mostri e lupi (anche semplicemente facendoglieli cancellare a suon di pastelli dopo averli disegnati), diventiamo loro pazienti e lasciamogli vivere il “potere” del medico, permettiamo loro di interpretare la parte che preferiscono con il “facciamo finta che”. Se ci mettiamo in ascolto avremo la possibilità di conoscere una parte del loro mondo interiore, e sarà più semplice per noi adulti far sentire loro che “ci siamo”.

Lucia Riva e Elisabetta Vitali

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