LECCO – L’Azienda Ospedaliera di Lecco è tra le cinque strutture italiane a essere state premiate dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) perché considerate all’avanguardia nella gestione del parto pretermine. Elemento di distinzione? L’attenzione che l’AO lecchese rivolge non solo al neonato ma anche ai suoi genitori, che vengono supportati e affiancati dal personale ospedaliero.
Il riconoscimento, consegnato nella giornata di giovedì 13 dicembre, è stato attribuito a cinque realtà su un totale di 86 ospedali di tutta Italia che hanno preso parte al concorso Best Practice, organizzato proprio da O.N.Da. Accanto all’AO lecchese sono state premiare, infatti, anche altre quattro strutture: il Sant’Anna di Torino, il Melloni e il Buzzi di Milano e il presidio ospedaliero universitario di Ferrara.
Ma in cosa consiste precisamente l’eccellenza dell’azienda ospedaliera della provincia di Lecco? A spiegarlo è la stessa motivazione fornita dalla giuria del premio, che vede il vero punto di forza lecchese negli “strumenti identificati nel progetto, che valutano bisogni espressi e inespressi e che consentono la valutazione dei servizi ospedalieri rivolti ai genitori e ai familiari di bambini nati prematuri”.
Ma prima di parlare di questo metodo, quanti sono i bambini che necessitano delle cure della Struttura di Neonatologia e di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Manzoni? Le cifre aggiornate parlano di circa 350 casi di bambini nati pretermine ogni anno. Si tratterebbe, nello specifico, di neonati provenienti dall’intera provincia di Lecco, da tutta la Valtellina e dalle aree di confine della Brianza, del comasco e della bergamasca. “Di questi – spiega il primario della struttura, Roberto Bellù – circa una cinquantina sono i neonati gravemente prematuri, ossia quei piccoli che quasi non raggiungono i mille grammi di peso e che sono nati sotto le 32 settimane, spesso addirittura intorno alle 23, 24 settimane”.
Tornando alla motivazione del premio, sembra essere proprio questo, quindi, l’aspetto più interessante dell’approccio lecchese, che intende rivolgere le giuste attenzioni non solo, e ovviamente, al bimbo nato prematuramente, ma anche ai genitori, che spesso possono trovarsi in situazioni di forte stress e disagio dovuto a diversi fattori, tra cui la paura per il figlio, la depressione, l’ansia o il senso di responsabilità per non essere riusciti a portare a termine la gravidanza.
A spiegare nel dettaglio questa metodologia sono il direttore del dipartimento Materno Infantile dell’azienda lecchese, Rinaldo Zanini, e il primario della struttura di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale del Manzoni Bellù. “Per genitori e neonati – afferma il primo – la nascita preparto può essere un problema notevole e proprio per questo motivo è importante stare al fianco delle famiglie. Diciamo che il premio dell’O.N.Da arriva dopo un lungo lavoro, che ha visto progressivamente l’azienda ospedaliera impegnarsi sempre di più nel sostenere padre e madre del bambino e nel supportarli sul piano psicologico, rendendoli in grado di essere dei buoni genitori nonostante la ferita della nascita pretermine”.
“Il nostro punto di partenza – interviene Bellù – è la centralità della famiglia, in quanto siamo consapevoli di come un buon supporto a questa possa tramutarsi in una terapia anche per il bambino: i genitori sono protagonisti attivi nella cura del figlio e non devono essere intesi come dei semplici visitatori. Per questo motivo – prosegue – abbiamo dato il via a tutta una serie di iniziative volte ad ascoltare le madri e i padri, a capire le loro necessità e le loro eventuali debolezze, così da intervenire nel modo migliore. Elemento caratteristico del nostro approccio è, poi, la multidisciplinarità, che ci permette di interpellare lo specialista più indicato”.
Un questionario complesso, risultato di un lungo lavoro di ricerca e di studio, può essere quindi un valido supporto a questo metodo di lavoro. “Tramite una serie di domande precise – riprende Bellù- per noi è possibile tracciare un profilo dettagliato della persona che abbiamo di fronte e comprendere verso chi indirizzarla per farla stare bene e, conseguentemente, fare del bene anche al bambino nato prematuramente. Al termine della prestazione, un ulteriore questionario di verifica ci permette di misurare gli esiti del nostro lavoro e di capire se e come migliorarci”. “Si tratta – interviene Zanini – di un metodo che non vuole essere dettato dal buonismo, bensì estremamente scientifico. Vogliamo curare l’ambiente allargato del paziente perché questo lo può aiutare”.
Infine un commento anche da parte del direttore sanitario Patrizia Monti, che coglie l’occasione per sottolineare come l’approccio illustrato sia, in realtà, un faro guida per tutta l’azienda in generale. “Mettere il paziente e la famiglia al centro e capire chi ha bisogno di cosa per ottimizzare l’utilizzo delle risorse è – conclude – il nostro intento”.