Steppo Valsecchi e Mario Mazzoleni sono l’esempio vivente che non esistono limiti
L’incredibile esperienza del Gruppo Sciatori Ciechi Lariani: “Quando siamo in pista facciamo sul serio”
LECCO/COMO – Come può una persona non vedente sciare? Partiamo da questo breve filmato: davanti c’è Mario Mazzoleni, 77 anni, ex presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Como, a guardarlo disegnare quelle curve sulla neve nessuno direbbe mai che è totalmente cieco. Sembra incredibile, eppure scia meglio di tante persone a cui la vista funziona benissimo. Ha imparato a sciare da non vedente totale dopo aver perso la vista a causa di una retinite pigmentosa, una malattia che lo ha colpito all’età di 8 anni e lo ha reso cieco totale a 11 anni. A trent’anni, quindi non proprio giovanissimo, ha imparato a sciare e, come si vede nel filmato, non ha nulla da invidiare a un qualsiasi sciatore.
A spiegarci come sia possibile è Stefania Valsecchi, la sua guida, ormai sciano insieme da anni e tra i due si è creato un rapporto speciale: “Come si vede nel filmato ci divertiamo tantissimo. Non c’è solo Mario, ma siamo un gruppo di sciatori, il Gruppo Sciatori Ciechi Lariani nato ufficialmente nel 1995 sul Monte San Primo, tra Como e Lecco. Quando andiamo sulle piste sciamo sul serio, scendiamo in velocità”.
Una storia che comincia da lontano: “Da quando ho 18 anni (ora ne ho 54) faccio parte di un gruppo che scia con i ciechi. Siamo nati nell’ormai lontano 1985 con La Nostra Famiglia di Bosisio Parini che aveva chiesto a un gruppo del Cai Lecco e del Cai Erba di accompagnare in montagna i bambini ipo e non vedenti del quinto padiglione. Con l’arrivo dell’inverno e della neve è stato naturale provare a mettere ai piedi di questi bimbi gli sci: abbiamo iniziato con loro, ricordo che uscivamo tutti i lunedì”.
Far sciare un non vedente significa cominciare col dargli in mano sci, racchette e scarponi e fargli toccare i materiali spiegando a cosa servono: “Prima di tutto devono verificare con il tatto come funzionano i materiali. Con le mani provano a far scivolare uno sci piatto sulla neve e poi lo inclinano per capire come funzionano le lamine. Poi si comincia con un solo sci utilizzato come fosse un monopattino e, con qualche caduta, si impara a frenare e ad affrontare una curva. Noi guide, attraverso il contatto fisico, seguiamo anche l’impostazione del corpo dandogli la posizione che devono tenere durante la discesa in pista e facendo capire la distribuzione dei pesi”.
Come per i vedenti, imparare a sciare è un processo che richiede tempo e avviene in maniera graduale: “La cosa ha funzionato benissimo. Si è capito subito che l’intuizione era geniale sia in chiave riabilitativa per i bambini che a livello educativo, didattico e culturale. Dall’esperienza con La Nostra Famiglia è nato un primo gruppo intitolato all’alpinista ‘Jack Canali’ che si è aperto l’anno successivo, il 1986, all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Como e Lecco. Allora, oltre che a Bobbio, c’erano gli impianti in Artavaggio, alle Betulle, in Erna e così abbiamo spaziato su tutte le nostre montagne”.
Un’altra fase delicata è trovare la giusta intesa tra sciatore e guida, anche qui c’è stata una evoluzione nel tempo: “All’inizio le indicazioni venivano urlate durante la discesa, poi abbiamo scoperto che in Ticino c’era un gruppo di sciatori ciechi che utilizzava delle radio, così ci siamo adeguati anche noi. Oggi parliamo di radio molto sofisticate dove la guida può solo trasmettere e il cieco può solo ricevere: sul bavero della giacca, praticamente incollato alla bocca, la guida ha un microfono mentre lo sciatore ha un auricolare in entrambe le orecchie perché deve sentire solo ed esclusivamente la guida”.
Non è assolutamente semplice fare la guida, anche se magari si tratta dello sciatore più bravo del mondo: “Ci vuole una grandissima sensibilità. Comandi come ‘vieni qui’, ‘spostati’ o ‘attento’ per un non vedente che sta effettuando una discesa non hanno alcun senso. Servono istruzioni veloci e chiare che consentano allo sciatore di reagire nei tempi giusti alle varie situazioni che possono presentarsi. In certe condizioni è possibile sciare ‘in libero’: si vede bene nel filmato dove Mario fa le curve dove e quando vuole e io sono solo pronta a correggerlo con un ‘sinistra’ o ‘destra’ se necessario. Poi abbiamo gli agganci, ‘sinistra o destra braccio’, lui allunga il suo braccio e io lo prendo, ad esempio, per affrontare il tratto finale che porta agli impianti o stradicciole di collegamento. Come ho detto ci divertiamo tantissimo: con Mario, ma anche con altri, abbiamo quasi toccato i 70 km/h in discesa libera. Gli sciatori non vedenti, poi, sviluppano a livello dinamico la propriocettività per reagire a cambi di pendenza, avvallamenti o cunette. Poi, come chiunque, si cade ma non bisogna aver paura della caduta”.
Più complicato da spiegare che da mettere in pratica, tanto che l’esperienza ha avuto subito un grande successo: “Oggi il Gruppo Sciatori Ciechi Lariani conta 9 sciatori non vedenti e una ventina di guide. All’interno del gruppo ci intercambiamo così ci conosciamo tutti e in una stagione facciamo circa quattro fine settimana sulla neve. Abbiamo anche organizzato settimane bianche allo Stelvio, in Dolomiti e, avendo un gemellaggio con i ticinesi, andiamo spesso in Svizzera. Personalmente sono stata per diverso tempo capo tecnico, oggi invece faccio la maestra per formare nuove guide”.
Ci sono diversi metodi per guidare un non vedente: “Quello che utilizziamo è un metodo strutturato e riconosciuto che si basa esclusivamente su cinque vocaboli ‘vai’, ‘destra’, ‘sinistra’, ‘libero’, ‘stop’, che in base all’intonazione e alla velocità con cui si pronunciano corrispondono a reazioni diverse. Il nostro metodo è estremamente silenzioso e passiamo inosservati: sembra che il non vedente sia il maestro e la guida l’allievo che lo segue. Poi c’è un altro metodo di guida, quello accettato dal Coni per le competizioni, che prevede che la guida stia davanti e invii segnali sonori con un altoparlante. Tra i nostri obiettivi, inoltre, c’è quello di insegnare come si guida ai famigliari di un cieco per renderlo indipendente dal gruppo”.
Per un non vedente i benefici, evidentemente, sono molteplici: “Riuscire a sciare è prima di tutto un salto enorme di autostima. Poi c’è tutto un discorso legato allo sviluppo delle capacità di coordinamento motorio e della dinamicità dei movimenti in generale. Io non sono una che pensa sentimentalmente che ‘volere è potere’. Tuttavia son convinta che se credi tenacemente a una possibilità e ti metti in cammino per ottenerla dando alimento più al coraggio che al timore, allora c’è assai più probabilità che tu la ottenga”.
Il Gruppo Sciatori Ciechi Lariani non ha velleità sportive, ma nel passato ci sono stati sciatori che sono approdati all’agonismo: “In vista delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, nel mio piccolo, mi piacerebbe riuscire a partecipare con alcuni sciatori del nostro gruppo (due ciechi totali e uno ipovedente). Ci sono ancora quattro anni di tempo e se queste persone avranno voglia di provare ad affrontare insieme un’avventura olimpica sarebbe davvero un sogno”.