Ieri sera, giovedì, al cine teatro Manzoni il primo incontro del ciclo promosso da Dietro la lavagna
L’esperienza di Trieste e della Clu, la cooperativa lavoratori uniti, raccontata dalle telecamere di Cirri e Rossi
MERATE – Una grande storia fatta da persone che, attraversando mille tempeste, hanno sempre portato avanti la propria idea. E’ un racconto vibrante ed emozionante quello che Massimo Cirri ha condiviso ieri sera, giovedì, con il pubblico meratese intervenuto alla proiezione di “50 anni di Clu, cooperativa lavoratori uniti”, il documentario, diretto da Erika Rossi, che ricostruisce, tra interviste realizzate dal noto conduttore della trasmissione radiofonica Caterpiller e filmati d’epoca, la rivoluzione portata nel campo della psichiatria da Franco Basaglia.
L’appuntamento, promosso al cine teatro Manzoni, ha aperto il mini ciclo di eventi (il secondo e ultimo è giovedì 24 ottobre), promosso dall’associazione Dietro la lavagna per parlare di salute mentale.
Il docufilm racconta il percorso, faticoso e non privo di ostacolo, compiuto dallo psichiatra veneziano di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita per abbattere i tanti tabù sui malati psichici, dando dignità, diritti e spazio alle persone con disagi psicologici. Una conquista, quella di chiudere i manicomi e restituire alla vita chi nella vulgata comune viene definito come matto, che ha visto la città di Trieste pioniera in Italia e nel mondo grazie anche a un presidente della Provincia, Michele Zanetti, capace di credere in un progetto che poteva sembrare folle e visionario.
L’avvio della sperimentazione è datato 1971: Basaglia chiede carta bianca alla politica, fino a quel momento intimorita dalle idee dello psichiatra, soprannominato, in ambito accademico, con una certa ironia, “Il filosofo”e arruola giovani specializzandi per dare corpo al suo progetto. L’anno dopo nasce la Clu, la cooperativa lavoratori uniti che, due anni fa, ha spento 50 candeline mantenendo inalterato, direttore dopo direttore, socio dopo socio, la struttura portante del sogno, ovvero la volontà di accogliere e riconoscere veramente l’altro nella sua complessità integrandolo nella vita di tutti i giorni, fatta di impegni, lavoro, responsabilità e diritti.
Nel frattempo, i manicomi, almeno in Italia, sono stati, uno dopo l’altro, chiusi: la legge 180, nota anche legge Basaglia, è del 1978: la chiusura delle ultimi ospedali psichiatrici è datata 1998, testimoniando come sia stato lungo il percorso di attuazione di una norma che, seppur sposata anche dall’Oms, non è stata seguita in tutto il mondo rappresentando, a tutti gli effetti, un cambio di paradigma significato nell’approccio alla questione.
“Possiamo dire che la novità portata da Basaglia è il cambiamento di prospettiva grazie al quale siamo passati dal dove metto chi ha patologie mentali al cosa possiamo fare con queste persone” ha puntualizzato Cirri rispondendo a una domanda di una persona presente nel pubblico che ha chiesto se non vi fosse una correlazione tra l’innovazione introdotta da Basaglia e quella portata dall’esperienza di Pizz Aut di Nico Acampora. “Non conosco in maniera approfondita Pizz Aut essendomi limitato ad andare a mangiare qualche volta, ma l’impressione è che le due storie siano fatte della stessa pasta”. Ovvero alla capacità di guardare ai bisogni della persona senza fissarsi in maniera cieca sulle regole: “Il manicomio era una struttura che conteneva molte cose. Persone a cui venivano tolti diritti, dignità e che finivano per essere sfruttati facendo passare l’idea che si praticasse ergoterapia”.
Come se la società ponesse una barriera tra il noi, gente “sana di mente” e loro, “i matti”. “Poi è arrivato Basaglia a dire che siamo tutti un miscuglio di casini e che possono esistere società senza manicomi, spezzando la catena tra il dentro e il fuori, lavorando sulle piccole autonomie” ha aggiunto Cirri, che, all’impegno in radio ha sempre affiancato anche quello di psicologo, lavorando per anni proprio a Trieste, definita un posto fondamentale per la psichiatria, “capace di cambiare il senso che abbiamo della follia e di quello che si può fare quando qualcuno di noi non sta bene di testa”.
Un insegnamento prezioso che illumina ancora oggi chi si trova a confrontarsi sul tema della salute mentale, invitando a non smettere mai di porre al centro della questione la persona.
L’incontro di ieri sera ha registrato anche l’intervento di Priscilla, una giovane esponente dell’associazione VolontariaMente che sta portando avanti, insieme a Dietro la Lavagna e grazie a un contributo della Fondazione comunitaria del Lecchese, il progetto di offrire una volta a settimana un pranzo a una persona che frequenta già l’associazione al pomeriggio.