Imprese e territorio, parola ai direttori: Marco Piazza (API)

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Il direttore di Api Lecco Sondrio, Marco Piazza

Lecco è una provincia accogliente per le imprese? Il ‘Sistema Lecco’ serve ancora? Quali saranno le sfide del futuro per il territorio?

Ne parliamo con Marco Piazza, direttore di Api Lecco Sondrio l’associazione delle piccole medie imprese

LECCO – Il punto di vista delle aziende attraverso la voce di chi le rappresenta: le associazioni di categoria. Con loro abbiamo deciso di approfondire il rapporto tra imprese e territorio, le opportunità e le criticità da risolvere ma anche le nuove sfide da cogliere, conoscere lo stato di ‘salute” delle imprese dopo l’emergenza Covid e le difficoltà attuali, sapere come digitale e innovazione incidano nel modo di lavorare nelle aziende e quali evoluzioni ci sono state negli ultimi anni.

In questo servizio ne parliamo con Marco Piazza, direttore di Api Lecco Sondrio, l’associazione delle piccole medie industrie.

Guardando al territorio lecchese, lo si può definire ‘accogliente’ per le imprese?

“Sicuramente è un territorio accogliente per le imprese. La storia e la tradizione lecchesi insegnano che qui c’è una forte propensione al lavoro, legata in modo particolare alla manifattura che si è declinata più nel meccanico che in altri settori. Su questa caratteristica si fonda un territorio ricettivo ed anche gli investitori che arrivano da fuori provincia trovano qui un contesto favorevole all’insediamento e allo sviluppo della propria attività. Il lato negativo è legato alle infrastrutture ed è un nodo che non riusciamo a sciogliere, interessa tanto gli spostamenti individuali quanto il traffico pesante delle merci. Sono mancati investimenti negli anni, per esempio sulle ferrovie. Se pensiamo che in passato c’erano aziende con binari in fabbrica, è evidente che c’è stata una regressione. Tanto si è parlato di logistica e di poli intermodali ma non è realizzato nulla, si è investito male nel trasporto su gomma e questo il territorio lo sta pagando”.

Cosa occorrerebbe per renderlo maggiormente attrattivo?

“E’ un territorio che dispone di parecchie risorse economiche che potrebbero essere messe a sistema, ci sono diverse aree industriali dismesse che possono essere recuperate e non solo per essere consegnate al residenziale, anche all’interno delle città. Non per forza devono diventare dei centri commerciali”.

Pensate che gli enti locali stiano facendo abbastanza per il sostegno alle imprese favorendo lo sviluppo di quelle esistenti e magari la nascita di nuove realtà?

“Dal punto di vista degli incentivi, già da qualche anno è una buona stagione per le imprese, a cominciare dai bandi della Regione da cui si è potuto attingere molto per investimenti in ricerca- sviluppo e impianti produttivi. Per un maggiore slancio credo sia necessario forse un coordinamento più stretto tra gli enti locali e le Province devono tornare ad avere il ruolo politico e amministrativo di coordinamento come soggetti d’area vasta, così come in passato, altrimenti le azioni dei singoli comuni risulterebbero troppo parcellizzate”.

Quale sarebbe la sua vision per la Lecco futura (La Lecco di Domani), in che ambiti lavorerebbe maggiormente, dove investirebbe, cosa cambierebbe e cosa lascerebbe di virtuoso che già c’è?

“Tutto è virtuoso nel momento in cui i soggetti dialogano tra loro, spesso però ci si limita a singole interazioni e non ad un dialogo che sia davvero tra tutte le parti in gioco. A Lecco abbiamo il Politecnico, il CNR e UniverLecco che possono aiutare a sviluppare delle progettualità, occorrerebbe una piattaforma comune, una visione d’insieme su cui tutti convergano. La città del futuro? Io punterei su digitale e telecomunicazioni, sono settori dinamici su cui investire e abbiamo degli istituti tecnici che offrono percorsi di studio in questi ambiti. Si parla molto di ‘smart city’, Lecco potrebbe essere un laboratorio dove mettere in pratica questo concetto. Qui potrebbe ben svilupparsi in un tessuto economico forte come il nostro e aiutarci a superare alcune delle criticità che stiamo vivendo”.

Sistema Lecco. Un’esperienza che si è interrotta. Deve essere ripristinata? Come?

“Il Sistema Lecco lo definirei oggi come un motore ingolfato che stenta a ripartire, serve trovare la giusta calibrazione e il giusto carburante. L’elemento trainante non può essere solo la politica né il solo sistema economico, è necessario qualcosa che li aggreghi. In passato questo ruolo era svolto dalla Camera di Commercio dove tutte le rappresentanze al suo interno hanno fatto ‘sistema’. E’ necessario ancora una volta superare i singoli interessi e l’eccessivo individualismo che, almeno nel tessuto associativo, vede oggi un riavvicinamento e maggiore dialogo. Anche gli istituti scolatici devono essere coinvolti in quanto produttori di talenti e professionalità al servizio del territorio, facendo in modo che i nostri ragazzi possano affermarsi nel lavoro senza dover cercare occasioni altrove. Dobbiamo ricreare le condizioni affinché questo avvenga. La domanda vera è: chi, tra i soggetti in campo, si fa avanti per primo?”

Dopo il Politecnico, vera grande conquista del Sistema Lecco, quale potrebbe o dovrebbe essere la prossima?

“Dobbiamo guardare fuori dal territorio. Progetti come ‘Pmi network’, le inziative ‘interreg’ con la Svizzera sono esempo di iniziative con altri stati vicini che possono essere un trampolino per progettualità di più alti livelli. Il Politecnico e il CNRR sono un accelleratore per queste progettualità. Ci sono tutte le condizioni per svilupparle e noi come Api siamo disponibili a collaborare”.

Camera di Commercio. Ha giovato oppure no l’unione con Como? Come far valere maggiormente il peso di Lecco in questa unione?

“Una dimensione più grande può essere solo vantaggiosa in termini di economie di scala. In questi primi anni di ‘convivenza’ i territori di Lecco e Como hanno mantenuto una rendita di posizione, credo sia adesso il momento di capire di cosa hanno bisogno i singoli territori e non avere paura di declinare queste azioni in maniera diversa, più specifica e sartoriale. Sta a noi, ora, riconoscerci e ritrovare la nostra identità.

Tornerebbe indietro?

“Facile dire di sì, ma credo sia una sfida bella e importante provare a crescere confrontandoci con soggetti che non sono certo lontani da noi, serve solo affinare le rispettive esigenze e mettere a frutto le risorse. Va ricordato che i due territori hanno in comune un polo fieristico, Lariofiere, che non tutti possono vantare e che è un patrimonio da valorizzare”.

La salute delle vostre imprese qual è? Dopo il Covid e con la guerra in essere quali nuovi problemi sono emersi? Sono stati risolti?

“Le imprese hanno sempre la capacità stupirci: da prospettive che apparivano come drammatiche, le aziende del territorio sono riuscite a superare gli anni incerti della pandemia e hanno sostenuto anche la seconda ondata di difficoltà legata ai rincari sull’energia e delle materie prime, grazie alla tenacia dei nostri imprenditori. Il sistema regge, è sano e continua a manifestare segnali di ottimismo. Se le tensioni internazionali si allentassero saremmo più sereni. Il Covid, inoltre ci ha segnato negativamente ma ha pure alzato il livello di sensibilità all’interno delle aziende, si è sviluppata un’attenzione al welfare verso i propri dipendenti anche in realtà medio-piccole. Il territorio deve solo recuperare la capacità di produrre nuovi imprenditori e fare in modo che questa cultura si trasferisca ai giovani, affinché nascano nuove aziende”.

Come vede in un futuro sempre più globalizzato i vostri associati e l’associazione stessa? Quali sono i servizi più richiesti? Quali sono le nuove sfide e come le state affrontando al fianco dei vostri associati?

“Ci sono sfide legate all’innovazione, ai mercati esteri, alle questioni energetiche e negli anni abbiamo sviluppato tutti questi aspetti per fare in modo il nostro associato non abbia la necessità di cercare singoli supporti altrove ma che li trovi tutti nell’associazione, insieme ad una fortissima offerta di formazione continua. Innovazione, internazionalizzazione e formazione sono asset consolidati in API. L’area del welfare è una nuova sfida insieme a quella legata all’orientamento scolastico: oggi la pù grossa criticità vissuta dalle aziende è infatti la mancanza di figure tecniche, il mondo del lavoro deve quindi guadare al mondo della scuola e rafforzare questo rapporto”.

Quanto incide il digitale nella vita delle aziende? E’ una sfida colta dalle nostre imprese? Ci sono nuove strategie messe in campo?

“Il digitale è un concetto ormai assodato. Siamo passati da un ricorso agli incentivi di Industria 4.0 a degli investimenti sull’esigenza specifica di gestire la fabbrica in maniera differente, dall’approvvigionamento all’amministrazione e produzione. Questo sta avvenendo anche in realtà più piccole anche grazie a costi più accessibili rispetto al passato. L’upgrade ora è la gestione dei dati come informazioni, perché dai ‘numeri’ si possono comprendere gli effetti delle scelte prese. Il Centro Studi di Api Lecco, esperienza avviata lo scorso anno dalla nostra associazione, partendo proprio dai dati ci consente di avere il polso della situazione del settore, attraverso un rapporto diretto con le aziende”.

Innovazione. Il territorio e le imprese lecchesi secondo lei lo sono? Quali sono le nuove sfide?

“La sensibilità ed una propensione all’innovazione, non solo di prodotto ma anche organizzativa, esistono anche nelle aziende più piccole. Le imprese spesso innovano senza sapere di innovare, a volte lo fanno su commessa, in altri casi su idee che innestano nel normale processo produttivo. Un lavoro certosino che stiamo facendo con Api Tech, il notro ‘digital innovation hub’, è rilevare quali sono gli elementi di innovazione nelle aziende associate, affiancando loro un team di esperti che possano aiutarle nel passo successivo, ovvero superare i limiti che hanno incontrato nello sviluppo della loro idea”.

Ci sono casi di innovazione che hanno portato a risultati importanti all’impresa o al territorio?

Esemplare è il caso della Todema di Cesana Briana, che lo scorso anno è stata tra le dieci aziende scelte dal Governo per rappresentare l’Italia all’Expo di Dubai. Si tratta di un impresa nata nel 1960 come azienda metalmeccanica e che in anni recenti ha conosciuto una grandissima innovazione tecnologica. Nel 2020, in collaborazione con l’Università di Pavia, ha realizzato un simulatore che riproduce la corsa di un’automobile. Un ulteriore sviluppo di quel progetto ha visto la anche la nostra collaborazione con ApiTech: attraverso un caschetto neurale, il simulatore potrà essere utilizzato a fini riabilitativi per persone con disabilità”.


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