Doveva essere la prova generale per il Tor e lo è stata, anche se non l’ho portata a termine. Si, non ho concluso i 115km del Marathon Trail del Lago di Como partito lo scorso 19 luglio. Sono arrivato a circa 70km dopo poco più di 16ore di gara e ho deciso di fermarmi. Per vari motivi, ma andiamo con ordine.
Pronti, via. Alle 9 in punto partiamo dal monumento ai Caduti di Como. Un caldo infernale ci accompagna fino a Cernobbio e ci tiene simpaticamente la mano fin su al Monte Bisbino. Un primo “muro” (ancora nulla rispetto a quello che mi aspetterà in terra svizzera…) di circa 1100m di dislivello in poco più di 5km. Per iniziare, non c’è proprio male. Inserisco la solita “ridotta” e salgo regolare. Non fosse per la vescica al piede sinistro, “ricordo” del Gran Trail Courmayeur dello scorso 12 luglio, tutto sarebbe perfetto, ma ad ogni passo, una fitta. Mi dico “quanti passi ci sono in 115km?”… meglio non pensarci. Scollino in…ah, un dato che non so questa volta. Ho deciso di fare la gara senza riferimenti cronometrici e di lunghezza. Sia perché il GPS non regge tutte quelle ore, sia per un fatto mentale: in gare così lunghe è meglio non avere possibilità di “crisi mentali” dovute a “oh mio Dio, ho fatto solo 1km in mezz’ora”. A volte, forse, è meglio essere allo scuro di tutto e continuare a camminare.
Dicevo…arrivo in cima al Bisbino e lì finalmente il sentiero si appiattisce, per circa 10km. Forse i 10km più belli che abbia mai corso. Sensazioni stupende, gambe leggere, passo costante e continui sorpassi. Senza mai andare in affanno. Continuo a ripetermi “Devo far memoria di questo per i prossimi chilometri quando avrò bisogno di pensieri positivi” perché so che prima o poi, la crisi arriverà, forse anche un paio in 115km. Chissà in 330, ma non pensiamoci adesso. Arrivo al ristoro di Pian delle Alpi in scioltezza, mi fermo per bere e riempire le borracce e riparto alla volta del Monte Generoso. Una salita costante ma non ripida, completamente diversa dalla discesa che, per il primo chilometro, è molto tecnica.
Alle 16.55 arrivo ad Arogno in Svizzera, primo ristoro “importante”. Mi fermo circa 20 minuti per cambiarmi la maglia e mangiare qualcosa di solido e salato. Metto nello zaino anche qualche indumento un po’ più pesante per affrontare al meglio la notte. Una volta ripartito, mi dirigo verso Campione d’Italia. Una mezza idea di farmi una giocata alla slot m’è pure venuta vedendo il Casinò dall’alto, ma difficilmente m’avrebbero fatto entrare con lo zaino…o per come ero vestito? Bah… E qui inizia la salita più difficile che abbia mai affrontato: la Sighignola. 4km per 1200m di dislivello, che vuol dire 30% di pendenza media. Continuo a salire e salire, con le ginocchia letteralmente in gola e la vetta non arriva mai. Metto la ridotta della ridotta, in pratica, piccoli passettini ma costanti. E non arrivo mai. Il sentiero inizia a spianare un po’ e subito penso “Sarà finità?” e…SBAM…un altro muro da affrontare. Ormai non ho più marce da scalare. Questo “inganno” ripetuto per più volte, mette in serio pericolo la mia psiche. Ma non si molla. Avanti. Dopo quasi 2ore di interminabile salita, finalmente vedo la vetta. Arrivo stremato e cerco subito il ristoro. Entro e vedo gente seduta con lo sguardo perso nel vuoto, per loro la gara è già finita e glielo si legge in volto. Qualcuno dorme pure, qualche altro da di stomaco appena fuori. In quei frangenti la cosa da fare è ripartire subito. L’ho imparato sulla mia pelle. Vedere altri che si ritirano ti potrebbe spingere a fare lo stesso.
Adesso mi aspetta una discesa che sulla carta risulta semplice e infatti lo è. Mi permette anche di fare un paio di telefonate e aggiornare il mio stato su Facebook, attività che mi è stata impossibile fino ad ora per i continui passaggi in terra elvetica. Arrivo a Lanzo d’Intelvi, circa 50km, in perfetto stato. Ma da qui, le cose inizieranno a cambiare. Complice una salita davvero noiosa (che poi scoprirò soprannominata “Inferno”) e le prime avvisaglie di vesciche sull’altro piede. Se poi ci si aggiunge il fatto che mi sono perso per quasi 2km, i pensieri di terminare prima, iniziano ad albeggiare in questa notte davvero buia. Anche perché al ristoro ritrovo atleti che avevo superato parecchio tempo prima e che adesso sono lì con me. Il morale è davvero sotto i tacchi. Faccio una rapida analisi di quello che ho fatto in questo luglio (3 ultra in 3 settimane, quasi 200km percorsi) e mi dico “Può bastare”. La mia stagione non finisce lì, anzi, tutt’altro. E devo continuare ad allenarmi senza stare fermo per troppo tempo.
A Pian delle Alpi (circa 70mo chilometro considerando anche le “divagazioni sul tema”) comunico alla direzione di gara la mia intenzione e vengo riaccompagnato ad Argegno dove poi mi trasporteranno fino a Menaggio.
Ritirarsi non è mai bello e un po’ di invidia mi monta nel vedere ripartire qualche mio compagno di viaggio. Ma devo pensare oltre, a quel 7 settembre che ormai è davvero alle porte. Devo far tesoro di tutte queste emozioni, farne esperienza e poi utilizzarle al meglio in terra valdostana.
Perché lì conterà davvero non mollare.