Non lo sanno in tanti, ma nella sede lecchese del Politecnico di Milano non ci sono solo poche lauree brevi, ma anche tutti i master in ingegneria in lingua inglese del Politecnico. Sono corsi di livello internazionale e arrivano studenti da ogni angolo del mondo per frequentarli. Si tratta di qualche centinaio di ragazzi, tra i venti e i trent’anni, la maggior parte dei quali risiede in città o nello stretto circondario.
Quindi a ben vedere non è proprio vero che a Lecco girino sempre le stesse facce, come siamo portati a pensare, forse perché a volte ci capita anche tra persone sconosciute di trovare spesso il vecchio compagno di scuola, qualche amico di un amico…
Alla prima cena del gruppo locale di CouchSurfing, una sorta di associazione di persone che mettono a disposizione il proprio divano a viaggiatori di passaggio, e che a loro volta approfittano dei divani altrui per i pernottamenti ecco la sorpresa: su quindici persone solo tre erano di Lecco e provincia! Insieme a noi, due ragazzi rispettivamente di Roma e Palermo, poi una francese, una tedesca, dei giovani turchi, una tedesca, un iraniano… Chi mai avrebbe pensato di trovare tutte queste culture diverse, nella “piccola” Lecco?
Sarà perché pensiamo che lo straniero sia una rarità, ma per chi arriva all’ombra del Resegone, le difficoltà non si contano – ad iniziare dalla lingua: in maggioranza gli studenti parlano solamente l’inglese oltre alla lingua madre. Per conoscerli e capire cosa fanno, come vivono quando non studiano ci siamo fatti accompagnare per le vie del centro da Hesam, studente di ingegneria meccanica proveniente dalla provincia di Esfahan, in Iran.
Hesam abita a Lecco da circa un anno, da quando ha iniziato il suo corso al Politecnico di Milano, nella sede lecchese. Per lui un arrivo piacevole: nei primi giorni ospite di un CouchSurfer, prima di trovare una sistemazione negli alloggi messi a disposizione dall’università.
E qui iniziano le prime difficoltà. Possiamo tranquillamente affermare che gli italiani hanno, per così dire, qualche difficoltà con la lingua inglese. Non fa eccezione la persona assegnata a fare da “portineria”, colei che rappresenta il punto di riferimento per gli ospiti della casa, la quale non parla praticamente una parola di inglese, ci dice Hesam! Il che rende particolarmente difficili le comunicazioni per coloro i quali non hanno familiarizzato con il nostro idioma.
Ma molti ragazzi non hanno trovato posto in questi alloggi, o per altre ragioni hanno preferito cercare un appartamento diverso. Girando per agenzie immobiliari, è piuttosto raro incontrare un agente in grado di esprimersi in inglese. Già trovare un appartamento di proprio gradimento non è semplice, se poi non ci si riesce ad intendere è ancora più complicato.
Dal punto di vista umano Hesam ci dice di essersi trovato bene a Lecco. La gente si è dimostrata disponibile e volenterosa ad aiutarlo, anche se ha mostrato un leggero distacco da parte dei più giovani, che riconduce però unicamente ad un problema di comunicazione per via dell’inglese. Tant’è che non si è mai trovato vittima di razzismi di alcun genere, né ha sentito situazioni simili da parte dei suoi amici.
A parte i problemi di inglese, che purtroppo gli studenti incontrano un po’ in tutti gli uffici di pubblica utilità (come ad esempio le Poste), chi non ha trovato residenza in città si scontra giornalmente con i costi ed i limiti dei servizi pubblici. Dai treni ai bus, le tariffe risultano un po’ alte per degli studenti. Oltre a quello, limitano fortemente la possibilità di presenza in città: in alcuni casi alle 22 di sera, per altri addirittura oltre le 20 diventa impossibile rientrare a casa con i mezzi pubblici, e ci si deve arrangiare a piedi oppure chiedendo un passaggio.
Un altro muro contro cui Hesam e molti suoi colleghi si sono scontrati è la burocrazia italiana: lunghissimi tempi in questura, malfunzionamenti di vario genere…
Insomma, la chiacchierata fatta oggi ci ha fatto capire che Lecco non è come siamo abituati a vederla. La città ha la possibilità di crescere, di diventare più accogliente per chi viene dall’estero, che sia per studio o piacere.
Ad esempio, chi viaggia è abituato a trovare degli armadietti con lucchetto in stazione, per poter esplorare la città liberati dal peso dei bagagli. Qui da noi non c’è questo servizio…
Stimolare gli operatori, pubblici e privati, alla formazione di personale che possa parlare in inglese, sarebbe sicuramente un grosso passo avanti per l’accoglienza di chi arriva da fuori.
E concludiamo questa prima uscita conoscitiva con la risposta di Hesam alla nostra domanda su come si sia trovato, in linea generale, in Italia:
Finally I’d like to say the best Italian proverb I like “Tutto il Mondo è un Paese!…”.