LECCO – La manovra della legge di bilancio decisa dal governo Renzi prevede un taglio di 150 milioni di euro nel 2015 al Fondo Patronati, la discussione in aula del maxiemendamento è prevista per il 20 novembre e i vari patronati hanno iniziato a mobilitarsi per protestare contro questi tagli, al fine di “evitare che ai cittadini siano negati i servizi gratuiti a sfondo sociale e previdenziale” da loro forniti.
Anche i patronati lecchesi, uniti sotta la sigla Cepa, si sono uniti alla mobilitazione nazionale e hanno spiegato le loro ragioni martedì mattina nella sala conferenze della sede cittadina della Cisl.
“L’aliquota di finanziamento ai patronati è pagata dai lavoratori e viene versata in un fondo a scopo sociale e previdenziale – illustra Norberto Pandolfi di Cisl – la legge di stabilità porterà a una riduzione di questa aliquota dallo 0.226% allo 0.148%, in più prevede un taglio di 150 milioni di euro dal fondo di quote già accumulate. Il maxiemendamento prospetta poi un terzo intervento di decurtazione sull’anticipo che lo stato da ai patronati per le attività svolte, dunque questa legge impatterà negativamente sia sul passato che sul futuro”.
“Il patronato così come lo abbiamo conosciuto oggi non potrà più esistere – continua Pandolfi – a rischio sono i diritti e le tutele che i cittadini si sono visti erogare fino ad oggi e tutto questo comporterà un’ulteriore divisione della società in classi: a permettersi certi servizi saranno solo quei cittadini in grado di pagarseli, per tutti gli altri non esisteranno più”.
Pandolfi contesta anche la validità legale della manovra e annuncia la probabilità che i patronati possano decidere di adire le vie legali: “La corte costituzionale aveva già espresso parere negativo sugli interventi da parte del Governo ai fondi di questo tipo: quanto versato dai lavoratori non può essere usato per la fiscalità generale dello Stato, per questo motivo se la discussione in aula del prossimo 20 novembre dovesse portare alla fiducia del maxiemendamento prenderemo in considerazione la possibilità di rivolgerci agli organi preposti alla tutela legale”.
Le altre preoccupazioni espresse dai dirigenti dei patronati sono il risvolto negativo che la manovra avrà sullo stato occupazionale dei loro dipendenti e eventuali disagi sociali dovuti a una repentina soppressione di servizi “largamente richiesti dai cittadini”.
“Su 70 mila pratiche Inps inviate lo scorso anno, l’85% è stato gestito dai patronati – afferma Cinzia Gandolfi di Inca – dopo la telematizzazione della fruizione dei servizi erogati dall’Inps, dal 2011 a oggi, le persone che si sono rivolte ai nostri sportelli sono più che raddoppiate. Se noi tenessimo aperti i nostri uffici 24 ore su 24 sono certa che avremmo continue richieste di aiuto da parte dei cittadini. Al ventilare dell’ipotesi di questa manovra di legge, poi, ci hanno detto che avremmo potuto ricollocarci nelle forze dell’ordine, visto che la chiusura dei patronati potrebbe portare al crearsi di disordini sociali”.
“I patronati non sono semplici organi di erogazione di un servizio, ma hanno un’importante funzione sociale e culturale – dichiara poi Daniele De Vecchi di Acli – da cittadino vorrei trovarmi sempre nella condizione di essere considerato come persona e non come semplice utente o, addirittura, solo un numero. I patronati ascoltano i cittadini, le loro problematiche e li trattano con la giusta sensibilità che si ha verso il cittadino in quanto persona: è questo il volto vero e autentico del nostro servizio”.
La mobilitazione nazionale è iniziata il 29 ottobre con una raccolta firme che sarà poi portata all’attenzione di Matteo Renzi e dei suoi ministri di governo. A livello territoriale, invece, è previsto un incontro a Milano con alcuni deputati il 10 novembre e un presidio a Lecco in piazza Garibaldi il 15 di novembre, dalle 8:00 alle 13:00, per “sensibilizzare governo e opinione pubblica sulla questione”.