“Metastasi”, il processo potrebbe finire a Lecco. Nuovi risvolti

    Tempo di lettura: 2 minuti
    aula bunker 2_Milano (2)
    L’aula bunker di San Donato Milanese, sede (per ora) del Processo Metastasi

    LECCO – Nonostante il passaggio di competenza al Tribunale di Lecco la scena del processo originato dall’inchiesta “Metastasi” è rimasta quella  milanese, nello specifico l’Aula Bunker 2 di San Donato (foto). Una situazione che potrebbe non rimanere tale, viste le serie intenzioni del presidente della sezione penale del Tribunale di Lecco Enrico Manzi di portare il processo su “quel ramo del Lago di Como”.

    Motivi di sicurezza: così il giudice Manzi aveva spiegato la decisione di lasciare il processo a Milano (vedi articolo). Tra due dei sette imputati infatti, Saverio Lilliu e Antonello Redaelli, vige il divieto di incontro, misura cautelare disposta dal Tribunale per evitare che possano accordarsi su qualche versione relativamente alla loro implicazione nei fatti di Metastasi. Una condizione che prevede dunque un’aula con due gabbie, aula di cui il Tribunale lecchese è sprovvista. Una volta sciolto questo vincolo tuttavia non ci sarebbe più nessun motivo per cui le udienze di “Metastasi” debbano rimanere a Milano e il processo verrebbe celebrato presso il foro lecchese.

    Nel frattempo la prima udienza del processo a carico di Ernesto Palermo, Alessandro Nania e Claudio Bongarzone che si è tenuta lo scorso lunedì 19 gennaio a Milano ha fatto luce su nuovi risvolti della intricata vicenda. Risvolti che vedrebbero protagonisti i “prestanome” che avrebbero tutelato i beni di Mario Trovato (in primis la Società Lido di Parè Srl), sui quali la Dda di Milano sta indagando, come annunciato dal Gip Roberto Arnaldi durante l’udienza. Tra di essi potrebbero esserci i soggetti già indagati, a cui oltre ai già vari capi d’imputazione, si aggiungerebbe l’accusa di violazione delle normative anti-riciclaggio.