Intervista ai Luf, una storia di folk e di rock lunga 15 anni

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I Luf
I Luf

 

MISSAGLIA– “Mat e Famat”, per dirla con una loro canzone. ‘Matti e Affamati’ (di emozioni) lo sono davvero, “I Luf”, la band folk-rock italiana, nata in Brianza, che parla dialetto camuno. Un ‘branco’ di  musicisti, che con l’impegno e la passione che li contraddistinguono ballano “e fa Balà”, creando commistioni di temi di spessore, con ritmi dal suggestivo sapore “di una volta” eppure tanto attuale.

Dario Canossi (chitarra, voce testi e musiche), Sergio ‘Jeio’ Pontoriero (basso, voce), Pier Zuin (cornamuse, flauti), Sammy Radaelli (batteria), Cesare Comito (chitarra e voce), Lorenzo ‘Puffo’ Marra (fisarmonica e voce), Alberto Freddi (violino e voce) e Alessandro Rigamonti (basso e contrabbasso) ci aprono le porte della sala prove, nascosta fra i palazzi e le vie strette nel cuore di Missaglia, una piccola tana, il luogo di ritrovo di ogni lunedì, con le pareti tappezzate di disegni e locandine che raccontano una storia lunga 15 anni.

 

“Luf”, in dialetto significa Lupi. L’idea è nata nel 2000, suonavo con i CHMK – spiega Dario Canossi leader o ‘il nonno’ come lo chiamano gli altri – Lavoravamo da 10 anni e andava molto bene il rock italiano, poi abbiamo deciso di passare al folk, per fare rock serve il fisico, col folk si può andare avanti tutta una vita”.

Nasce così “Ocio ai Luf”, titolo del primo disco e del brano al suo interno che ha dato nome al sodalizio. “Siamo un branco di musicisti che vengono da esperienze diverse musicalmente – prosegue Canossi – All’inizio era un collettivo musicale aperto, tempo di suonare per mestiere non ce n’era, poi con gli anni abbiamo avuto una serie di collaborazioni”. Sono infatti passati una ventina di musicisti dal gruppo, che portando con sé il proprio strumento e attitudini, ne hanno contribuito al successo, che ultimamente ha valicato le Alpi, attraverso la Radio Svizzera, ed è approdato anche in Inghilterra.

Una musica, la loro, “intrisa di folk e bagnata di rock”, che risente anche delle eco della musica popolare. “Il folk è molto ampio – spiegano – va dall’irish alla musica popolare italiana, e poi sicuramente c’è l’influenza nella scrittura dal cantautorato italiano: a De Andre e Guccini dobbiamo molto”.

 

E se da un lato si riesce a definire da dove “I Luf” hanno attinto ispirazione, di contro non ci sono generi musicali dai quali hanno preso le distanze: “La preoccupazione di cosa assomigliare o cosa no, non ci è mai interessata, la musica è talmente difficile da connotare. I generi sono stati inventati per catalogarla, ma la musica è musica”, spiega Sergio Portoriero.
“È più nei contenuti in cui si sceglie una posizione – aggiunge Canossi – La preoccupazione non è prendere le distanze da qualcosa, se somiglia o non somiglia ad altro non è un problema mio, si scrive quello che arriva, è naturale cantare alcune cose e non altre. Il punto è indossare sempre vestiti che ti mettano a tuo agio, non abbiamo mai accettato un compromesso commerciale, ci vergogneremmo, i dischi restano”.

15 anni di Luf, 15 anni di storia di successi, di dischi che non passano di moda, così come il ricordo del primo concerto a Tabiago (Nibionno), sullo stesso palco del Teatro don Olimpio Moneta, che li ha ospitati anche il 2 febbraio scorso per festeggiare l’importante compleanno.

 

“Me lo ricordo ancora il primo concerto – afferma Canossi – c’era tanta tensione, lo aveva organizzato il mitico Nando Maggioni, una persona meravigliosa, presidente della biblioteca del comune, attento alle iniziative culturali”.

Dal 2002 ne è stata fatta tanta di strada…“A furia di darci abbiamo imparato. Da disco in disco non ci si accontenta più, sia in fase compositiva e di arrangiamento, l’ultimo ‘Delaltér, verso un altro altrove’ ha richiesto tanto tempo e lavoro”.
Un impegno che, però, ha dato i suoi frutti: “Abbiamo ricevuto apprezzamenti che non ci aspettavamo dalla critica e da chi ce ne capisce, anche dall’estero. ‘Delaltér’ è un viaggio, un libro musicato e sicuramente un cd più maturo. Ad ogni disco si è convinti di non poter ripeterne il successo, ma questo è il risultato di una maturazione insieme, entrare qui con tre accordi e uscirne con una canzone”.

 

Una stretta ammirazione reciproca, condita di ironia, in cui ognuno posa il proprio tassello e, come in un puzzle, tutto ha un suo posto preciso, questa l’alchimia vincente della band. “La cosa bella è che siamo in tanti, ci vediamo una volta a settimana, e la giornata è fatta di risate! È difficile creare attriti, questo è il segreto degli otto. Fra noi c’è un riconoscimento dei ruoli, ognuno ha il suo posto, che nessuno mette in discussione, Dario arriva con l’idea di canzone e la si arrangia tutti insieme. Ci divertiamo un sacco, il divertimento ci ha sempre guidato, non facendo i musicisti di professione, non abbiamo mai avuto la necessità di ottenere risultati, ci troviamo qui ogni lunedì, per coltivare qualcosa che va oltre la musica, siamo una famiglia”.

Un occhio particolare è sempre stato per la solidarietà, “un altro gene del nostro DNA – spiegano – è una componente della nostra musica che ci fa stare bene”. E infatti il 2017 lo hanno voluto iniziare con un concerto in Val Camonica a favore delle popolazioni colpite dal sisma, e c’è già in programma, per il 25 marzo, un evento a favore di Cascina Bagaggera, immersa nel parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, sede dell’associazione Corimbo Onlus, per la ripresa delle attività sociali e culturali dopo l’incendio di gennaio.

 

“Non facciamo canzoni commerciali, non vogliamo vendere più copie possibili, ma trasmettere concetti con spessore, quindi fare cose concrete, se con la musica si riesce a mettere in moto un’azione umana quello è il risultato migliore, è uno step naturale”.

“I Luf” hanno anche un legame con la Città Manzoniana in particolare con la Calcio Lecco, della quale hanno scritto l’inno ufficiale 3 anni fa. “È stata una figata! Ci siamo divertiti un sacco, è un’esperienza nata per caso, che forse non ha portato troppa fortuna al Lecco, ma l’abbiamo fatta bene, senza sottovalutarla e da questa esperienza abbiamo avuto l’input per rieditare alcuni brani in dialetto lecchese dagli album ‘Aris del Paradis’ e ‘Fiore del Sambuco’ ”.

La copertina dell’ultimo album, “Delaltér, verso un altro altrove”

 

L’ultima fatica, invece, è “Delaltér, verso un altro altrove”, un termine in grado di rievocare un fascino tanto antico quanto suggestivo. “E’ un parola che si usa solo a Lozio – ci spiega Canossi – il mio paese natio, vuol dire ‘dall’altra parte’, ma guardando la montagna a destra’. Così, una sera, a cena con amici, perdendosi nelle spiegazioni del perché la Cima Bacchetta fosse punto di riferimento discussione allietata con qualche bottiglia di vino è nato il titolo del nuovo disco. Un concept album con un rimando fortissimo al tema della migrazione ed ai suoi risvolti tragicamente attuali. Noi immaginiamo un altrove fatto di ponti e non di muri, dove ognuno possa muoversi liberamente, tutti arriviamo da storie di migrazione, ma ce lo siamo dimenticati troppo in fretta”.

Ascoltandoli, emerge tutta l’attenzione e la sensibilità spiccata, di chi è mosso dalla passione per ciò che fa, nulla è lasciato al caso, anche le 300 copie in vinile dell’ultimo disco hanno una propria motivazione. “Voleva essere un regalo per tutti quelli che ci seguono, nell’era della musica liquida che si scarica da internet, abbiamo sempre voluto che i nostri dischi fossero oggetti. C’è da parte dei giovani grande curiosità, ma siamo noi i padri con il compito di trasmettere la storia”.

 

Una storia nella quale affondano, e traggono linfa, le radici dialettali, un altro dei tratti distintivi della musica e della vita dei Luf. “Il Dialetto è la lingua che ho parlato con i miei genitori ed amici, non è facile cantarlo, c’è il rischio di essere connotati politicamente, per me equivale a salvarlo, perché nella vita di ogni giorno siamo finiti con il non usarlo – sottolinea Canossi – i dischi vanno al di là di noi. Le canzoni cantate in dialetto hanno tutt’altra energia, è il cuore che canta”.

Abbiamo chiesto loro, immaginandoli persi in un deserto, quali canzoni canterebbero: ” ‘Africa’, oppure ‘Vivi la vita ballando’ che a ben pensarci non sarebbe appropriata in una situazione tragica – ironizzano aggiungendo – Anche nella vita siamo gli stessi ‘pirla’ del palco, non cambia molto quando scendiamo, se non che poi ognuno torna a fare il suo mestiere”.

 

Guardando all’anno che è appena cominciato, il 2017 li vedrà esibirsi proprio a Lecco il 21 aprile, in occasione della festa della Liberazione, a Teatro Invito. “Sarà uno spettacolo teatrale, un mix di canzoni e parole, un numero zero per il parallelismo, ancora in fieri, fra ‘partigiani e migranti’, questa è una delle novità, ma abbiamo in programma tutta una serie di concerti (QUI le date). Non ci siamo mai dati prospettive, andiamo, suoniamo e ci divertiamo”.

Nel frattempo l’invito è quello di sbirciare le pagine social, ed il sito “strafigo”, come lo definiscono loro, e tutto nuovo, in cui si trovano fotografie, video, informazioni ed è possibile ascoltare e scaricare i brani.

“La me ita le’m per come chi crap/ per naho fina ‘n sima me ehar mat” (“La mia vita è ripida come certe cime / per arrivare in vetta bisogna essere matti” da Delater); il miglior augurio, traendolo dalla loro musica, che rivolgiamo ai Luf di continuare questo incredibile viaggio.