Proseguiamo questa settimana con l’argomento introdotto lo scorso articolo: il pianto come messaggio di comunicazione tra il bambino e il genitore.
Ci addentriamo ora nel mondo di un bambino sopra l’anno e nel significato che assume il pianto a partire da questa età.
Il pianto di un bambino tra un anno e i due anni, senza cause evidenti, ha il messaggio principale di richiamare l’attenzione dell’adulto di riferimento e di suscitare in lui una reazione.
Spesso il pianto continuativo e senza motivo apparente può essere un messaggio preciso al genitore che il bambino “non è soddisfatto” in quanto arriva, in quell’età, il desiderio di farcela da solo e di conquistare delle autonomie. Questa sensazione è essenziale per la sua futura immagine di sé e per il senso della propria competenza. In assenza di tutto ciò, si avranno spesso bambini capricciosi e incontentabili, che piangono in continuazione.
In questo caso ci sentiamo di consigliare i genitori a riconsiderare il loro atteggiamento con il proprio figlio, in quanto senza accorgersene, potrebbero non consentire a lui di scoprire le proprie capacità e vi suggeriamo alcune strategie:
– stabilite limiti chiari e comunicateli al bambino;
– lasciate che il bambino si sforzi da solo così da provare la sensazione di avercela fatta;
– affidate al bambino dei compiti (es. provare a distrarsi quando è annoiato) così da provare la sensazione di successo personale;
– di fronte ad un successo provate a dirgli: ”Hai visto come sei stato bravo?” così da rinforzare il proprio senso di sé;
– per affrontare le crisi di pianto: coccolatelo e prendetelo in braccio quando non cerca la vostra attenzione, tra gli episodi di pianto, così da far sentire voi e lui più sicuri quando dovrete spingerlo a “fare da solo”.
Il bambino intorno ai due anni si trova spesso combattuto tra la ricerca di autonomia, lo spirito a fare da solo e il ritorno alla dipendenza e alla propria vulnerabilità. Questo potrebbe portare alle lacrime nel distacco all’asilo o quando lo lasciate in luoghi familiari. Non preoccupatevi, è solo una fase in cui probabilmente avrà bisogno del suo “oggetto del cuore” (dito, cuccio, peluche e i cosiddetti “oggetti transizionali”) per affrontare questa sfida.
Intorno ai quattro e i cinque anni cominciano a comparire incubi e nuove paure, accompagnati da episodi di pianto inaspettati sia per il bambino sia per il genitore, che si chiede quale sia la causa di tutto ciò.
Incubi e paure sono prevedibili a quest’età e non significa necessariamente che il bambino abbia subito traumi o abbia vissuto esperienze sconvolgenti ma che si stia confrontando con i propri impulsi aggressivi che vive durante il giorno. In poche parole è come se fosse preoccupato della sua “cattiveria” (es. litigare con i compagni,…), fase normale nella sua crescita, e abbia timore di non saperla tenere sotto controllo.
Alcuni accorgimenti per superare questa fase possono essere:
– non prendetelo in giro;
– guardate nella stanza, sotto il letto o dove lui vi indichi si trovi “il mostro” e rassicuratelo;
– lasciate una luce accesa se ve lo chiede;
– non reprimete i suoi episodi di aggressività ma sottolineategli quanto sta lavorando per controllarsi;
– seguirà il vostro esempio nei momenti di ira e di come riuscite a controllarvi;
– allentate alcune regole: il gioco potrebbe diventare più aggressivo, ma quando l’aggressività aumenterà fatelo smettere spiegandogli il motivo.
Il bambino sta crescendo e questa per lui è una fase, così man mano che imparerà a controllare la sua “cattiveria” si calmeranno anche i suoi episodi di pianto.
Lucia Riva e Elisabetta Vitali
Gli articoli della rubrica sono a cura delle Dott.sse Lucia Riva ed Elisabetta Vitali, pedagogiste dello Studio di Consulenza Pedagogica Koru
www.consulenzapedagogicakoru.it
Se avete domande o osservazioni potete scrivere all’indirizzo mail studiokoru@libero.it
ARTICOLI PRECEDENTI
16 aprile – Il pianto del mio bambino – 1^ Parte
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