Il portavoce Paolo Sala durante l’assemblea organizzata da Confcommercio Lecco: “Lavoriamo in perdita da mesi”
Oggi il prezzo di vendita nei panifici artigianali è 5 euro al kg: “Il costo aumenterà, ma chiediamo ai clienti di capire: non è colpa dei panettieri”
LECCO – “Se va avanti così i panificatori artigianali moriranno. Le misure messe in campo dal Governo sono insufficienti, il caro bollette ci sta soffocando, lavoriamo oramai in perdita“. Non usa troppi giri di parole Paolo Sala, portavoce dei panificatori di Lecco e titolare della Paolo Sala Backery di Viganò, rivolgendosi ai numerosi colleghi lecchesi e comaschi intervenuti nel pomeriggio di mercoledì all’assemblea della categoria presso la sede di Confcommercio Lecco.
Il tema è oramai tristemente noto: la crisi energetica fa schizzare le bollette alle stelle e i rincari per il settore dei panificatori sono insostenibili. “Sono tornato dalle ferie ad agosto e mi è arrivata la bolletta dell’energia elettrica del mese di luglio – racconta Sala – 18 mila euro. Una mazzata. Nel 2021 ho speso 34 mila euro per l’elettricità, nei primi 8 mesi del 2022 sono già a quota 80 mila euro. Ho 24 dipendenti, a cui devo assicurare un futuro e non so come fare. Avrei dovuto assumere un ragazzo, quando ho ricevuto la bolletta di luglio l’ho subito chiamato, gli ho detto che non riuscivo. Ci ho rimesso, ci ha rimesso la mia attività e non per colpa mia”.
Una situazione purtroppo comune a tanti imprenditori del settore: “A farne le spese maggiori sono le attività più piccole – ha continuato Paolo Sala – eppure noi vendiamo un prodotto che è bene primario di necessità. Cosa possiamo fare di fronte a questa situazione? La prima cosa che penso è che il prezzo del pane dovrà cambiare, inevitabilmente aumenterà oppure le nostre attività moriranno“.
Il prezzo medio di vendita nei panifici artigianali attualmente è di 5 euro al kg: “Davanti a me vedete 20 michette, è un chilo di pane circa. Una michetta costa 0,25 centesimi. Niente, per tutto il lavoro che c’è dietro. Vogliamo alzare il prezzo a 10 euro al chilo? La stessa michetta costerebbe 0,50 centesimi. Ruberemmo, forse, a vendere un panino a questa cifra?”.
A fare montare la rabbia dei panificatori è poi il prezzo, decisamente più alto, del pane nella grande distribuzione: “In alcuni supermercati il pane si vende a oltre 16 euro al kg. Lo facessimo noi nei nostri negozi? Scoppierebbe la rivolta. Non possiamo arrivare a tanto ma il prezzo dovrà per forza aumentare – ha dichiarato – è una conseguenza obbligata per non chiudere e restare in piedi. Anche perché, oltre al caro energia, affrontiamo l’aumento del costo delle materie prime ma non ne faccio una colpa ai nostri fornitori che sono nelle stesse condizioni”. Per rientrare dalle perdite il prezzo del pane andrebbe quadruplicato: “Non lo faremo, perché le conseguenze le immaginiamo. Ma un aumento sarà inevitabile. Quello che chiediamo alla gente è di continuare a fidarsi di noi e di capire: il costo del pane aumenterà ma non è colpa del panettiere. Facciamo il pane con amore, ognuno di noi qui presenti fa la stessa cosa ma in maniera diversa. Siamo artigiani e pensiamo alla salute dei nostri clienti”.
Di fianco a Paolo Sala c’era Peppino Ciresa, storico panificatore lecchese e membro della Giunta di Confcommercio Lecco: “Sono preoccupato e dispiaciuto di trovarci a discutere di questo tema ma la situazione è difficile per tutti. Per risparmiare sulle bollette ho iniziato a tenere spente le insegne dei miei due negozi. Non so come pagare i conti e i dipendenti sono un pensiero. Dobbiamo fare qualcosa, insieme. Oggi i prezzi sono liberalizzati e per i panificatori c’è meno riconoscimento. Tra le tantissime difficoltà degli ultimi due anni è arrivato il caro energia a minacciare la ‘stangata’ finale. In tutta Italia – ha proseguito Ciresa citando i dati diffusi dall’Assemblea Nazionale dei Panificatori che si è riunita lo scorso 5 settembre – sono 30.570 le imprese di panificazione per circa 123 mila occupati. La stima è che 1.350 attività chiuderanno i battenti entro la fine dell’anno, si parla di oltre 5 mila disoccupati“.
Le richieste dei panificatori sono state riassunte da Sala: “Siamo in difficoltà, lo Stato deve intervenire tempestivamente per abbassare il costo energetico. Chiediamo la cassa integrazione in deroga per i lavoratori e la riduzione del cuneo fiscale sullo stipendio dei dipendenti. Infine, chiediamo che i soldi che paghiamo ci vengano in qualche modo restituiti”.
Nel dibattito è intervenuto anche Santo Palumbo, direttore commerciale della Disano di Rozzano e titolare di una gelateria/pasticceria: “In questo momento le vostre attività sono l’ultimo anello della catena – ha detto – un negozio non può assorbire l’aumento che parte dal costo della materia prima. Sono proprio le piccole attività a venire schiacciate nella morsa, gli aumenti di tutta la filiera pesano su di voi. Fate bene a farvi sentire, supporto questa protesta al 100% anche come imprenditore visto che le bollette alle stelle le vedo anche io e non so da che parte girarmi per prendere i soldi”. Per Palumbo i grandi assenti in questo quadro sono lo Stato e i sindacati: “I numeri che ha dato Ciresa fanno pensare e mi chiedo: dove sono i sindacati? Nessuno si è mosso per dare voce agli imprenditori che pure garantiscono il lavoro ai propri dipendenti. E lo Stato ha messo a punto misure ridicole, insufficienti per far fronte alle difficoltà che rischiano di schiacciare un intero settore”.
Tra le idee avanzate dai presenti, molti dei quali hanno condiviso le proprie personali esperienze, c’è quella di fissare un prezzo del pane che sia uguale per tutti, “o almeno non vada sotto i 5 euro al kg”. C’è chi avanza anche l’idea di non pagare le bollette, “per pagare i dipendenti”.
La protesta dei panificatori verrà portata al tavolo delle istituzioni della Provincia di Lecco: “Mi impegno per organizzare l’incontro al più presto – ha detto Ciresa in chiusura dell’assemblea – oggi a Lecco, domani magari in Regione. So che siamo tutti arrabbiati, stanchi e preoccupati, ma teniamo duro e cerchiamo di restare insieme” ha concluso.