LECCO – Riceviamo e pubblichiamo
” ‘Sagra’, nella definizione semantica, significa: ‘Festa profana legata soprattutto alla celebrazione di prodotti della terra’. Della terra dunque e non sicuramente di un materasso o di altri stand provenienti dalla Lombardia ,ma che non hanno nulla a che fare con la Valsassina. Ora, il problema rimane sempre e solo quello: e cioè decidere, una buona volta per tutte o di promuovere qualcosa che ha che fare con i territori o chiamare le cose con il loro nome. Che senso ha, dunque, una sagra che non promuove niente ma che si limita a pretendere di vendere ciò che tutti vendono già , che senso ha una sagra in cui vengono offerti e proposti prodotti che non hanno alcuna attinenza e nessuna appartenenza a quel dato territorio? Insomma, spendere soldi nella realizzazione di “sagre-non-sagre ha un senso o semplicemente è più comodo o più conveniente ,fatto sta che siamo in una profonda crisi e una sagra ben fatta potrebbe in qualche modo dare sbocco alla valle .Gli indici di gradimento con cui si valutano sagre, non si dovrebbero basare solo sull’afflusso di persone, ma anche sull’offerta che il territorio pone al turista visitatore. Nell’esplicito la sensazione che si coglie a più voci, la kermesse in realtà fa il pieno poiché unica attrattiva importante serale esistente in valle accentuata dal fatto che quest’anno in piena crisi la gente usufruisce della casa di proprietà in Valsassina al posto di recasi in altre costose mete turistiche. Il risultato è scontato, ma il grado di professionalità per raggiungerlo rimarrebbe sicuramente dubbia“.
Ezio Venturini