Lui è Mario Milani, 53 anni, lecchese, medico di anatomia patologica all’ospedale Mandic di Merate, (responsabile sanitario nazionale dei medici del Soccorso Alpino e già vice delegato della XIX Delegazione Lariana del CNSAS) ha visitato per primo Anna Bonini, la 36enne intrappolata per tre giorni in una grotta dell’altopiano di Cariadeghe a Serle, nel bresciano.
Milani è rimasto con la donna ferita nel sottosuolo per una ventina di ore. L’incidente è avvenuto nell’antro denominato ‘Omber del bus del zel‘, che si sviluppa per circa 20 chilometri con un dislivello di 400 metri.
Anna Bonini è stata riportata fuori dalla grotta alle 6:30 di questa mattina.
Il medico ci parla dalla sua casa lecchese dove è rientrato per una doccia e un boccone prima di rituffarsi nel suo lavoro normale. Alle 6:30 di stamane era davanti all’ingresso della grotta ‘Omber del bus del zel‘ quando è uscita finalmente all’aria aperta la barella Alle 15:00 si presenterà al suo ospedale, poco dopo avrà un incontro con dei medici dermatologi.
“Uno splendido lavoro di gruppo, come si faceva ai tempi. Pur non essendo facile essere così in tanti, ognuno sapeva quello che doveva fare. C’era grande entusiasmo tra i ragazzi, un clima fantastico. Lei bravissima, l’ho trovata di ottimo umore, piena di grinta: in quelle condizioni ambientali – e così a lungo – non ha mai perso il controllo“. Sono le prime parole della conversazione.
Tornava da una passeggiata in montagna domenica, il dottor Milani, quando è arrivata la telefonata con l’allerta. Dei tre medici della IX delegazione, uno era fuori uso, l’altro smontante non rimaneva che lui che è anche il coordinatore nazionale del soccorso speleologico, nonché per molti anni in passato vice di Beltrami della XIX delegazione lariana del Soccorso alpino.
Quindi si è messo in auto fino a Brescia: di lì è sceso a -250 metri insieme all’infermiere specializzato Marius Palincas, rumeno. “A parte la caviglia fratturata, l’ho trovata in buone condizioni. I ragazzi che erano con lei hanno saputo come aiutarla e mantenerla calda. Per sua fortuna, dopo un salto di 3 metri, è caduta in acqua e non contro dure e pericolose stalattiti o stalagmiti, che potevano procurarle un politrauma”.
Anna Bonini si era fatta male intorno alle 15:30, ma prima che un medico potesse visitarla sono trascorse quasi otto ore. Lì sotto dove regna l’umido a una temperatura di 10 gradi, l’ipotermia è l’insidia che si aggiunge ai guai eventualmente causati dai traumi. Ma: “Isuoi compagni di esplorazione hanno saputo come aiutarla” sulle prime racconta Milani.
Quando è arrivata la squadra sanitaria in avanscoperta, è stata allestita una tenda particolare (cardio tendina medica) e una volta raggiunti all’interno i 21 gradi, Anna è stata spogliata degli indumenti bagnati e ricoperta con un pile velcro speciale (anti vento e pioggia) e teli di tessuto impermeabile. “Si tratta di lenzuoli tenuti sottovuoto, che una volta all’aria sviluppano nelle fibre reazioni chimiche che creano calore per 12 ore”. Nel frattempo la gamba è stata immobilizzata.
Contemporaneamente, in superficie e in grotta, si stavano organizzando le squadre di soccorso, 81 persone per quanto riguarda il soccorso speleologico: lombarde, trentine, venete, dell’Emilia Romagna e piemontesi coordinate dal responsabile della IX delegazione Andrea Giliuto. Fuori all’imbocco i vigili del fuoco illuminavano l’area e i carabinieri facevano servizio d’ordine e mantenevano i rapporti con il 118 e la prefettura. “”Questo intervento, per la sua tipologia, ha l’organizzazione delle grandi emergenze” spiega ancora Mario Milani.
Una organizzazione complessa che prevede due squadre mediche una con la paziente, una fuori e una di rincalzo nel caso succeda un incidente ai soccorritori.
Poi ci sono i barellieri, i fochisti, specializzati nell’utilizzo di microcariche di esplosivo per allargare i varchi dove non passa la barella, i telefonisti – primi a entrare in azione dopo le squadre mediche – speleologi capaci di allestire una linea di comunicazione a filo e matenerla in funzione.
“Nelle prime ore andavamo di pizzini con comunicazioni portate a mano fino a dove era arrivato il telefono“,
Inoltre vi sono gli addetti agli approvvigionamenti. Il cibo e l’acqua sono destinati soprattutto alla paziente; i soccorritori così presi dal lavoro non ci fanno caso e questa volta proprio all’ultimo sono rimasti senza liquidi.
La barella è arrivata in superficie passando da livello in livello in verticale con un lento avvicinamento man mano che i pozzi venivano “armati”. Come si sa c’è voluto quasi un giorno e mezzo. Milani è rimasto con la donna per 12 ore, il massimo consentito dai protocolli di sicurezza, ma compreso il viaggio nelle viscere per raggiungerla e ritornare una ventina di ore.
“E’ stato un grande lavoro di gruppo, tutti i soccorritori sono entrati in sintonia empatica con Anna Bonini, in uno sport così di nicchia è più facile capirsi tra appassionati. E lei è stata davvero brava“, ha ribadito concludendo Mario Milani.
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SUL RECUPERO DELLA SPELEOLOGA
L’incubo è finito,
Anna è fuori
Sotto le immagini interne alla grotta durante il recupero.