“E tu che mondo vuoi?”. Se lo sono chiesti e lo hanno domandato Cecilia Strada, figlia del noto Gino e attuale presidente di Emergency, e Maso Notarianni, condirettore della nuova rivista dell’associazione E-Il mensile a una platea a dir il vero non piena in sala Ticozzi ieri martedì.
Obiettivo dell’incontro? Accanto alla promozione del nuovo prodotto editoriale, diretto dal noto giornalista Gianni Mura, quello di illustrare ai presenti il Manifesto di Emergency “Il mondo che vogliamo”, un testo che da settembre 2010 viene presentato in giro per l’Italia e che prova a racchiudere al suo interno i valori ai quali l’associazione da tempo di ispira, come ad esempio la gratuità deflle cure mediche, (leggi in calce il testo integrale della dichiarazione).
Dall’ospedale, al riscatto sociale
«In questi anni di attività – ha raccontato la presidente – siamo riusciti ad aprire uno spiraglio di speranza in molti territori. La nostra missione spesso non coincide esclusivamente con le cure mediche: per migliorare le condizioni di vita, delle donne afghane come dei mutilati di guerra, spesso bambini saltati sulle mine, bisogna provare a intervenire anche su questioni di natura culturale e offrire occasioni economiche di affrancamento civile”. Ha riportato, quindi, l’esempio del Kurdistan dove dai primi momenti in cui in un ospedale da campo si salvavano le vite alle persone, Emergency è passata a crere un centro protesi perché chi tornava a casa senza braccia o gambe era destinato all’accattonaggio. Ma anche avere arti artificiali non aiutava, il percorso di supporto è perciò proseguito fino ad aiutare a costruire cooperative di lavoro. E ora uomini destinati all’emarginazione sono soggetti attivi e in grado di aiutare anche Emergency.
Il lavoro nobilita le donne afgane
Cecilia Strada si è lungamente soffermata sul centro maternità nella valle del Panshir, in Afghanistan, creato nel 2003, che in meno di dieci anni è diventato punto di riferimento per 80 mila donne.
Prima osteggiato dal mullah locale ora è un luogo che offre lavoro alle donne locali e quindi sostentamento per le loro famiglie. La sua presenza ha portato un elemento d’innovazione culturale in un territorio dove la donna “non deve camminare con orgoglio, ma con pudore“. Insomma fornisce a molte di loro un diverso modello di vita. “C’è una scuola nelle vicinanze del centro: vedere le bambine dell’istituto salutare con un sorriso le nostre ostetriche afghane ci fa sperare che le cose stiano davvero cambiando. Forse siamo riusciti a regalare alle nuove generazioni un sogno di vita migliore. Questa è la nostra missione» ha concluso Strada.
Poi il discorso è entrato nell’utilità delle cure gratuite. “E’ strano tornare da paesi come la Sierra Leone, il Sudan o l’Uganda dove proprio a partire dall’esperienza di Emergency i governi locali stanno progettando di diffondere la sanità gratuita e vedere che in Italia molte persone devono sottostare all’umiliazione di attendere cure per mesi, tanto sono le liste di attesa nelle strutture pubbliche. La loro salute dipendere al 740. Per questo abbiamo deciso di aprire ambulatori anche qui da noi a Palermo e Marghera (Venezia)”.
Per fare tutto ciò Emergency conta per l’80% da donazioni private e la sollecitazione è comunque e sempre di dare appoggio ai progetti concreti dell’associazione. E una delle fonti di sostentamento è il nuovo mensile, destinato alla lettura di chi ama i giornali anche belli esteticamente. Il giornale infatti oltre ad essere denso d’informazioni presenta una veste grafica innovativa, in cui le foto sono importanti.
«L’idea di dare il via a un nuovo progetto editoriale – ha spiegato Notarianni – deriva dalla necessità di raccontare la guerra attraverso le storie della gente che la vive, perché nei nostri media i conflitti sono spesso presentati e, quindi, vissuti come qualcosa di inevitabile e quasi normale. Noi non siamo d’accordo. Le guerre continuano a causare vittime e data la scarsa informazione in merito, mi viene in mente il caso della Libia, ecco che abbiamo deciso – conclude – di metterci in gioco con un nuovo giornale, acquistabile in edicola».
Nata nel 1994 con le finalità di offrire cure medico-chirurgiche gratuite alle vittime di guerra e povertà e di promuovere una cultura della pace, l’associazione fondata da Luigi (detto Gino) Strada è attualmente riconosciuta come Organizzazione Non Governativa (ONG) partner delle Nazioni Unite ed è quotidianamente impegnata nella costruzione e gestione di ospedali, di centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime di mine antiuomo e di traumi di guerra, posti di primo soccorso e altre strutture capaci di offrire un valido supporto a chi vive in luoghi difficili.
Di seguito il testo del manifesto di Emergency:
“IL MONDO CHE VOGLIAMO
Crediamo nella eguaglianza di tutti gli esseri umani a prescindere dalle opinioni, dal sesso, dalla razza,
dalla appartenenza etnica, politica, religiosa, dalla loro condizione sociale ed economica.
Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini,
i popoli e gli stati. Vogliamo un mondo basato sulla giustizia sociale, sulla solidarietà,
sul rispetto reciproco, sul dialogo, su un’equa distribuzione delle risorse.
Vogliamo un mondo in cui i governi garantiscano l’eguaglianza di base di tutti i membri della società,
il diritto a cure mediche di elevata qualità e gratuite, il diritto a una istruzione pubblica che sviluppi la persona
umana e ne arricchisca le conoscenze, il diritto a una libera informazione.
Nel nostro Paese assistiamo invece, da molti anni, alla progressiva e sistematica demolizione di ogni principio
di convivenza civile. Una gravissima deriva di barbarie è davanti ai nostri occhi.
In nome delle “alleanze internazionali”, la classe politica italiana
ha scelto la guerra e l’aggressione di altri Paesi.
In nome della “libertà”, la classe politica italiana ha scelto la guerra contro i propri cittadini costruendo
un sistema di privilegi, basato sull’esclusione e sulla discriminazione,
un sistema di arrogante prevaricazione, di ordinaria corruzione.
In nome della “sicurezza”, la classe politica italiana ha scelto la guerra contro chi è venuto in Italia
per sopravvivere, incitando all’odio e al razzismo.
È questa una democrazia? Solo perché include tecniche elettorali di rappresentatività?
Basta che in un Paese si voti perché lo si possa definire “democratico”?
Noi consideriamo democratico un sistema politico che lavori per il bene comune
privilegiando nel proprio agire i bisogni dei meno abbienti e dei gruppi sociali più deboli,
per migliorarne le condizioni di vita, perché si possa essere una società di cittadini.
È questo il mondo che vogliamo. Per noi, per tutti noi. Un mondo di eguaglianza.”