LECCO – Serve un rilancio del Paese a tutto campo per continuare a fare impresa e per dare un messaggio di fiducia, oltre che per credere realmente che è ancora possibile cambiare. E in quest’ottica non si dovrà prescindere dal ruolo che la meccanica ha e può continuare ad avere nel contesto economico globale, considerato che questo stesso settore ha un peso pari al 9% del Pil nazionale.
E’ questo il messaggio lanciato oggi, giornata dell’orgoglio metalmeccanico, alle istituzioni e alle parti sociali. Un messaggio di aiuto, ma al tempo stesso di fiducia verso le imprese e i lavoratori. Un appello per dire che le imprese sono pronte a fare la loro parte con la forza delle idee, la creatività, la qualità e l’entusiasmo che hanno fatto del made in Italy metalmeccanico un sinonimo di eccellenza e di successo nel mondo.
Un unico messaggio diffuso in 60 diverse città d’Italia, Lecco inclusa, in occasione della presentazione della 132.ma indagine congiunturale di Federmeccanica e per chiedere a tutti, ciascuno per la parte di sua competenza, di contribuire a liberare le imprese dai pesi che le opprimono, dunque di rilanciare l’industria, aumentare l’occupazione e “conquistare” lo sviluppo.
L’Italia ha bisogno di una politica industriale per la meccanica e di interventi organici che mettano in campo una pluralità di azioni coordinate. A ribadirlo è stato Lorenzo Riva, presidente del Gruppo metalmeccanico di Confindustria Lecco, nella conferenza stampa che si è tenuta oggi, giovedì 27 novembre, in contemporanea appunto con analoghe iniziative promosse sul territorio nazionale.
Un messaggio forte, quello partito dalla sede di via Caprera dell’associazione imprenditoriale. Non ha fatto mistero, il presidente Riva, delle gravi difficoltà che si incontrano per “fare impresa”. “Il costo del lavoro – ha detto – è tassato a livelli stratosferici e poi occorre sempre fare i conti con una pressione fiscale oltremodo elevata, per non parlare dei tempi esasperanti che si accompagnano all’approvazione delle leggi”.
“Eppure i numeri – ha aggiunto Riva – dicono con chiarezza che l’industria metalmeccanica è il motore della nostra economia e in quanto tale non può essere sottoutilizzato, rischiando addirittura di farlo spegnere, perché se si ferma la meccanica si ferma l’industria. E si ferma il Paese”.
E’ un’esigenza imprescindibile, appunto quella di “fare impresa”. E all’interno dell’impresa occorre recuperare la centralità dell’uomo. “Non servono lotte né divisioni – ha sottolineato il presidente – e in un momento così delicato qual è quello che stiamo vivendo c’è bisogno più che mai di unità. Ma occorre ridare fiducia anche alle famiglie, perché senza il metalmeccanico e senza la sua capacità di competere il nostro standard di vita si abbasserebbe notevolmente. Non potremmo infatti permetterci di acquistare tutti i beni che oggi importiamo e che soddisfano bisogni anche primari”.
“Da anni abbiamo troppi bastoni tra le ruote – ha rimarcato dal canto suo Giovanni Pastorino, vicepresidente del Gruppo metalmeccanico – e nonostante tutto riusciamo a resistere. Sì, il nostro territorio sta tenendo, anche se ancora non si avvertono grandi segnali di ripresa. C’è un’evidente contrazione del mercato interno, mentre l’export è leggermente in crescita e ciò è indubbiamente positivo. Il clima di incertezza ovviamente non aiuta e poi, a dispetto della voglia degli imprenditori di tornare a rischiare, il credito non arriva come e dove dovrebbe. Nei rapporti tra imprese e istituti di credito, infatti, è stato rilevato un peggioramento delle condizioni praticate, in particolare in riferimento alle spese e alle commissioni bancarie, aumentate per quasi un’azienda su quattro”.
“In linea di massima – ha aggiunto Pastorino – il Lecchese vive gli stessi problemi presenti sul territorio nazionale. Le situazioni di insolvenza si stanno stabilizzando, anche se un’impresa su due nell’indagine riferita allo scorso settembre denunciava rilevanti ritardi nei pagamenti da parte dei propri clienti”.
Se dunque il metalmeccanico svolge in particolare per l’economia lecchese un ruolo fondamentale e strategico, altrettanto forte è l’apporto di questo stesso comparto produttivo in Valtellina. A rimarcarlo è stato, in sede di conferenza stampa, Paolo Mainetti.
Dopo aver ricordato l’importante segnale politico dato dalle due organizzazioni imprenditoriali di Lecco e Sondrio con la scelta di fare fronte comune nell’affrontare determinate problematiche, il presidente della Sezione metalmeccanici di Confindustria Sondrio ha affermato che anche dal suo osservatorio si riscontra uno scenario di relativa stabilità, evidenziando come “in Valtellina ben il 60% delle esportazioni riguarda proprio il metalmeccanico”.
“Abbiamo però il grosso problema dell’energia – ha aggiunto – che noi paghiamo molto di più rispetto ad esempio a quanto si verifica nella vicina Svizzera, che continua a ingolosire non poche nostre imprese. Avremmo poi bisogno di un mercato del lavoro più funzionale e di una maggiore attenzione nelle scelte di politica economica del governo”.
Da Lecco e da Sondrio parte insomma un messaggio inequivocabile: per la meccanica italiana serve una nuova politica industriale. “In caso contrario – è il monito rilanciato da Confindustria – l’economia italiana non potrà mai ripartire”.