MANDELLO – “La ex mensa Guzzi è stata abbattuta senza alcuna autorizzazione e il fatto è confermato proprio dalla Soprintendenza che, nella sua lettera, impone alla casa di riposo di attendere l’esito dell’istruttoria che l’ente sta ancora compiendo e di non intraprendere alcun lavoro relativo all’autorimessa fino a che non saranno fornite le prescrizioni necessarie a garantire la staticità, il decoro e la sicurezza della chiesa di San Zenone”.
Grazia Scurria, assessore all’Urbanistica e all’edilizia privata del comune di Mandello, replica a Giorgio Colombo.
Il titolare della “Costruzioni Colombo Lilliano” era tornato sulla vicenda del contestato abbattimento dello stabile che in passato aveva accolto appunto la mensa della Casa dell’Aquila dopo che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici lo scorso ottobre era a sua volta entrata nel merito di quella stessa demolizione e del progetto per la realizzazione di un’autorimessa interrata.
“Il progetto presentato nella primavera di quest’anno e non ancora autorizzato – dice in proposito l’assessore – prevederebbe di andare a scavare in aderenza alle fondamenta della chiesa, con evidente pericolo per il bene culturale tutelato. La stessa Soprintendenza attesta che la demolizione operata in modo del tutto abusivo due anni fa, per iniziativa di Colombo, non era in alcun modo autorizzata”.
Per quanto riguarda poi il vincolo monumentale della ex mensa Guzzi, Grazia Scurria sottolinea che “esso sussiste di diritto, poiché il bene era di proprietà di un ente pubblico, ossia la casa di riposo, ed era stato edificato oltre 70 anni prima. Il Codice dei beni culturali prevede che la sussistenza del vincolo debba essere verificata prima di effettuare qualsiasi intervento sul bene e questo non è stato fatto perché Colombo ha preferito demolire senza chiedere nulla a nessuno e, addirittura, senza avvertire neppure l’arciprete, che ai tempi dei fatti si era dichiarato all’oscuro delle intenzioni del Colombo”.
L’assessore aggiunge: “Il Comune, come ha sempre fatto in questi dieci anni, nel rispetto della legge ha vietato di eseguire i lavori e Colombo, per usare parole sue, “se n’è fregato” bellamente e non ha fermato la ruspa neppure quando prima un agente della polizia locale e poi l’assessore all’Edilizia gli hanno intimato di fermarsi. Ora, travisando il senso della missiva della Soprintendenza, tenta di far apparire come legittima una demolizione che era e resta abusiva, tanto che la casa di riposo si è resa disponibile a pagare la sanzione irrogata dal Comune a suo tempo”.
L’esponente della Giunta Mariani non si ferma qui e, dopo aver detto che “è facile mistificare la realtà quando si mischiano cose che non c’entrano l’una con l’altra, tentando di sviare ad arte l’attenzione da ciò che non si vuol far sapere all’opinione pubblica”, contesta a Giorgio Colombo di non qualificarsi, oltre che come titolare dell’impresa appaltatrice, anche come consigliere plenipotenziario della casa di riposo, “ovvero l’ente che, guarda caso, ha assegnato i lavori proprio alla sua impresa”.
Al riguardo aggiunge: “In quale delle sue vesti si preoccupa degli ospiti della casa di riposo e dei loro parenti che non troverebbero parcheggio (per la cronaca, nel raggio di 100 metri dal ricovero ci sono quasi 100 posteggi pubblici e gratuiti)? In quella di imprenditore o in quella di consigliere della casa di riposo? Ma si sa, lui non fa differenza, mentre io ho sempre distinto i miei fatti personali dai miei doveri di assessore. Sono sottoposta a un procedimento penale per avere tentato, nella mia veste di assessore all’Edilizia, di impedire l’esecuzione di lavori che non potevano essere effettuati, con in mano tanto di provvedimento. Mi sono difesa e mi difenderò per aver fatto il mio dovere, confidando nella giustizia, come ho sempre fatto”.
Quindi un’ultima considerazione: “Soltanto per la cronaca preciso che all’udienza del 7 novembre il rinvio è stato richiesto, come già all’udienza precedente, dal difensore della parte civile, ovvero di Giorgio Colombo, e non da me. E non c’entrano nulla i fatti di cui sopra, né la lettera della Soprintendenza. Se Colombo vuole ritirare la querela che lo faccia, sarò contenta di togliermi il pensiero di dover affrontare un processo, ma non pensi di ricattarmi: la mia dignità e la mia onestà non sono in vendita. E lui dovrebbe ormai averlo capito”.