Sempre per strada, con l’alluvione o la canicola. In città oppure tra i bricchi. Entrano in azione a volte all’asciutto delle case, a volte sotto la pioggia. Corrono per 12 ore consecutive. Il loro obiettivo è salvare la vita, lì su due piedi dove si è creata una emergenza. Riuscire a consegnare ai colleghi dell’ospedale una persona viva è non è solo il loro compito, ma una missione. Hanno seguito corsi particolari per riuscirci. Sanno rianimare e operare come fossero in un reparto di terapia intensiva o in una sala operatoria. Non succede spesso, ma capita.
Sono i medici delle automediche, abituati a lavorare nell’urgenza, senza il filtro di infermieri o porte oltre le quali parenti e amici devono aspettare. Hanno il contatto diretto con le persone che curano. Amano con passione quello che fanno e per loro un grazie di una madre, di un marito o di un figlio vale molto di più di uno scatto di carriera.
Al punto che alcuni di loro da più di un decennio stanno sul campo, con contratti che non li tutelano. Rinnovati ogni tre mesi o ogni sei. Medici a partita Iva, precari, non dipendenti. Alcuni giorni fa in una riunione indetta all’improvviso si sono sentiti dire che il loro rapporto di lavoro a scadenza non sarebbe stato rinnovato a partire da dicembre: quando alla centrale operativa di Lecco resteranno solo gli infermieri. La centraleinfatti è destinata ad essere accorpata a Como entro il 2012.
C’è uno spartiacque tra i lavoratori che si prendono cura delle nostre emergenze sanitarie. Finora era stato sottile, ma adesso diventa importante. Da un lato quelli che stanno in centrale e in ufficio (qualche volta fuori), garantiti, ossia dipendenti a tempo indeterminato dell’azienda ospedaliera. Dall’altra quelli delle automediche, a contratto trimestrale o semestrale, magari con doppio lavoro perché non hanno abbastanza ore per tirarne fuori uno stipendio intero. Solo un paio sono professionisti con rapporto a tempo indeterminato con l’Asl.
A questi è stato promesso un rimpiego come guardia medica, in genere un posto dove l’alta specializzazione dell’emergenza non è richiesta. Ma pare che i turni dei prossimi mesi siano tutti coperti e non vi siano ore da offrire ai medici precari del 118.
Il paradosso potrebbe essere che i dottori da mettere nelle auto mediche finiscano per scarseggiare, come già accade ora. In quel caso per non lasciare la popolazione senza servizio potrebbe essere necessario ricorrere alle supplenze degli assunti con ‘sistema premiante’, ossia dietro a offerta di un gettone di presenza di poco meno di 600 euro lordi per la copertura delle 12 ore del turno, magari non ci sarà il rimpianto del medico precario che oggi ne costa 312, ossia 26 euro lordi all’ora, perché – su tutta la Regione – dal taglio dei precari l’Areu conta di ricavare 5 milioni di euro.