Malatesta: a Malgrate si produce il caffè equo, solidale e… giovane

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Jacopo Locatelli e Nicolò Ramazzotti

 

MALGRATE – C’è caffè e caffè, se poi oltre che buono è rispettoso del lavoro di chi lo raccoglie nel Sud del Mondo, allora fa anche bene all’economia, mettici poi un gruppo di giovani lecchesi a produrlo, ed ecco il Caffè Malatesta.

Il cuore dell’attività è nella sede di Malgrate del Gruppo di Acquisto Solidale della Sporta, uno dei più grandi in provincia (oltre 130 famiglie vi sono associate), che ospita la torrefazione del caffè  lecchese. L’iniziativa è stata lanciata nel 2012 da sei ragazzi , tutti residenti tra Malgrate e paesi limitrofi, già soci del Gas, che si sono riuniti in un collettivo.

Jacopo Locatelli e Nicolò Ramazzotti

 

“Importiamo il caffè verde, la materia prima per poi lavorarla qui a Malgrate. Ci occupiamo di avere contatti con gli operatori della Colombia e con le cooperative che acquistano il caffè  dal Chiapas, dall’Honduras e dal Guatemala. Recentemente ci siamo uniti ad una rete di torrefazione europea che ha contatti con altre regioni del mondo, come Sumatra o Etiopia”.

A parlarcene sono Jacopo Locatelli e Nicolò Ramazzotti, che ci hanno accolti nella nostra visita alla sede del Caffè Malatesta. Loro si conoscono fin dalle scuole superiori, entrambi erano liceali al Grassi;  con loro ci sono  altri quattro giovani, tutti laureati ognuno con un proprio percorso di studi differente (Filosofia, Biologia, Agraria, Economia…) ma accomunati dalla voglia di mettersi in gioco in un progetto di economia equo solidale.

Il macchinario per la torrefazione del caffè

I macchinari di produzione, risalenti alla fine degli anni ’80 e fabbricati a Lecco dall’azienda Trabattoni, sono un’eredità del vecchio proprietario del capannone, che aveva tentato di avviare un’analoga attività, poi quando nel 2008 è subentrato il Gas la strumentazione è rimasta. “Non occupavano grande spazio quindi si è deciso di lasciarli qui – spiega Jacopo – Quando abbiamo iniziato, è stato lo stesso proprietario, che li aveva acquistati da una torrefazione di Como, ad istruirci su come utilizzarli”.

“Tostiamo le singole origini della materia prima separatamente – prosegue Nicolò – le pesiamo e carichiamo nell’aspiratore che le porta alla tramoggia dove, quando la temperatura raggiunge circa 300 gradi, il caffè viene calato nella camera di cottura. Il colore cambia durante il processo, da verde a marroncino, infine marrone scuro ed è in questa fase che si sviluppano gli aromi tipici del caffè. La difficoltà sta nel riuscire a scoprire per ogni origine la temperatura giusta e la tostatura corretta. Oggi usiamo anche dei software che monitorano il grado di sviluppo della tostatura del chicco”.

Conclusa questa fase, il prodotto viene immagazzinato nei silos per riposare un paio di giorni e raffreddarsi, infine viene macinato e imbustato. “Abbiamo fatto un campagna di sottoscrizione per acquistare il macchinario con il quale confezioniamo il caffè – raccontano i due giovani – Ci hanno sostenuto principalmente il gruppo di acquisto e le associazioni che collaborano con il Chiapas e abbiamo raccolto 10 mila euro che abbiamo investito nelle ultime strumentazioni che ci occorrevano”.

I silos dove viene stipato il caffé per il raffreddamento

 

Ogni mese a Malgrate si lavora circa una tonnellata di caffè e se ne producono ben 800 chili che vengono tutti venduti, sia nei GAS che in alcuni locali della zona e nella bergamasca; a Lecco lo si trova al pub Herba Mostrum di Malgrate e al ristorante Filet di Castello.

“Quello che è sempre stato il nostro obiettivo – proseguono- è dar vita dimensione lavorativa diversa da quella convenzionale, che sia autenticamente cooperativa”.

Il caffè verde, la materia prima che giunge a Malgrate principalmente dalla Colombia e dal Chiapas

 

E quando chiediamo loro di sfatare un falso mito sul caffè… “In realtà il vero falso mito – ci rispondono – riguarda il caffè italiano, spesso definito uno dei miglior al mondo. Quando provi altri tipi di caffè ti rendi conto della differenza. Questo perché la materia prima che si compra più spesso in Italia è scadente, siamo i maggiori importatori della varietà Robusta, costa meno perché cresce ad altitudini meno elevate, contiene più caffeina, più amara e provoca più acidità di stomaco. Non siamo invece abituati a sentire il dolce acido del caffè, come di frutta, tipico della varietà Arabica, che cresce invece in zone più elevate. Se tostati bene quei chicchi, quando assaggi il caffè, non c’è nemmeno bisogno di zuccherarlo. Se la materia prima è scadente si tende invece a tostare il chicco più scuro a temperature più elevate, questo crea il sapore più amaro, bruciato, ha un gusto intenso ma perde molte delle sue qualità”.