MANDELLO – La sua lettera più recente è appena di qualche settimana fa, indirizzata ai sacerdoti della Zona Grigne. “Molta gente sta morendo a causa dell’Ebola ma non solo, anche per altre malattie che non possono essere curate perché molti ospedali sono chiusi – vi si legge – La fame è aumentata perché tanti hanno perso il lavoro, o non possono più lavorare come prima. Le scuole sono chiuse e la gente, che all’inizio anche per ignoranza ha sottovalutato la situazione e non ha preso le misure di sicurezza necessarie, adesso vive in un clima di grande paura”.
A scrivere è suor Lucia Cantoni, 44 anni, mandellese, dalla fine del 2011 in Liberia, lo Stato dell’Africa occidentale al confine con la Sierra Leone e la Guinea. E oggi dire Liberia, ma dire appunto anche Sierra Leone e Guinea, equivale a parlare delle tre nazioni più colpite proprio dal virus dell’Ebola che dall’inizio dell’epidemia ad oggi ha fatto registrare, secondo l’ultimo rapporto ufficiale della WHO – World Health Organization, oltre 10.000 casi di infezione.
“Dopo anni di guerra civile la Liberia si stava risollevando – scrive la religiosa – ma questa epidemia si sta abbattendo su questo popolo come un altro grande flagello. Noi in comunità stiamo bene e siamo abbastanza sereni. Viviamo in un luogo sicuro, fuori dalla città, all’interno della zona del santuario “Queen of peace” tanto caro ai liberiani. Ci sentiamo protetti e abbracciati da Maria…”.
Suor Lucia, che prima di raggiungere la Liberia aveva operato per sei anni in una missione del Messico e che da quando è in Africa è tornata in Italia soltanto nel maggio dello scorso anno per pronunciare i voti perpetui, spiega quindi come lei stessa, le altre tre religiose che condividono la vita di ogni giorno all’interno della comunità, la coppia di laici che le affianca e gli altri ospiti della Missione di Santa Giuseppina Bakhita stanno fronteggiando fin dove possibile il rischio del contagio.
“Limitiamo al massimo le uscite – scrive – e stiamo attenti a evitare ogni contatto fisico soprattutto con i vicini e con chi passa. E’ una sofferenza non poter più vivere in modo semplice e normale quei rapporti che in questi anni ci hanno tanto arricchito. Sentiamo la chiamata a stare vicino alla gente con la nostra preghiera, offrendo i piccoli sacrifici che la vita comunitaria ci chiede e condividendo quello che riceviamo”.
“Con l’aiuto di Dio – aggiunge la religiosa mandellese – cerchiamo di essere famiglia tra noi e per i nostri 20 bambini (alcuni dei quali con gravi problemi di salute, ndr) e ci siamo resi disponibili per accogliere eventuali orfani a causa dell’Ebola”.
Era il 2003 quando Lucia Cantoni si avvicinò alla Comunità Cenacolo di Saluzzo, in provincia di Cuneo, fondata vent’anni prima da Madre Elvira. Un’esperienza vissuta in Piemonte all’interno di quella stessa Comunità convinse la giovane mandellese a condividerne gli ideali e i progetti di aiuto a sostegno delle persone in difficoltà, in molti casi provenienti dal mondo del disagio e delle dipendenze.
La proposta della Comunità era ed è la vita cristiana vissuta in modo semplice e familiare, la riscoperta della forza della preghiera, il lavoro vissuto come dono, l’amicizia vera, il sacrificio, la gioia di servire. E il saper confidare nella Provvidenza, sempre e comunque.
In occasione della Pentescoste del 2004 Lucia indossa l’abito e l’anno successivo, sempre a Saluzzo, il velo. Poi la partenza per il Messico e nel 2007 i primi voti, rinnovati anno dopo anno fino alla consacrazione perpetua, avvenuta come detto nel 2013 presso la Casa madre della Comunità Cenacolo.
Lo scorso agosto era stata la stessa Comunità, attraverso una “lettera aperta” pubblicata sul proprio sito Internet, a diffondere notizie relative alla missione africana in Liberia, localizzata a meno di un’ora d’auto dalla capitale Monrovia. “Vari ospedali hanno avuto casi di malati e di personale sanitario contaminati dall’Ebola – si leggeva nella missiva – compreso l’ospedale cattolico retto dai religiosi del Fatebenefratelli e dunque sono stati chiusi, oppure sono sotto disinfezione. Lo scarso personale medico e infermieristico e la limitata e povera organizzazione sanitaria della Liberia (Paese, va ricordato, già colpito tra la fine degli anni Ottanta del secolo scorso e il 2003 da due guerre civili, ndr) risultano totalmente insufficienti a gestire il problema”.
“La difficoltà più grande – si leggeva nella stessa lettera – è sapere a chi rivolgersi, perché gli ospedali stessi non sono luoghi sicuri a livello sanitario. Si spera che la comunità internazionale possa al più presto inviare personale specializzato per far fronte a una situazione che sembra diventare ogni giorno più pericolosa e più dolorosa”.
“Nostra figlia Lucia – dicono i genitori, mamma Giovanna e papà Giovanni, nella loro casa di Mandello – aveva scritto anche in settembre segnalando che il popolo liberiano sta soffrendo molto proprio a causa dell’Ebola, per la fame e per la difficoltà di molti a lavorare, oltre che per la mancanza delle cure mediche, e chiedeva di pregare in particolare per una donna liberiana, sua amica, che prima che scoppiasse l’epidemia portava i suoi bambini nella loro missione e che in quel periodo era ricoverata in ospedale”.
“Suor Lucia – aggiungono – spiegava altresì che da qualche tempo ogni loro giornata è dedicata all’adorazione continua, dalle 5 del mattino fino alle 22”.
La sua lettera continuava così: “Cerchiamo di approfittare delle occasione dei compleanni nostri e dei bambini, dei piccoli “traguardi” comunitari o di altro per fare festa tutti insieme, in modo semplice. Vogliamo, anche nel dolore che ci circonda, non perdere lo spirito positivo, lo spirito della “festa” al dono della vita, perché anche noi adulti abbiamo bisogno di ridere e di vivere questi momenti di unità, che ci aiutano a portare il peso della missione con più serenità”.
“Sappiamo che Lucia e le sue consorelle stanno bene – affermano sempre i genitori della religiosa – ma certo il nostro pensiero, in questi mesi e in queste settimane più che mai, è costantemente lì, alla Missione in Liberia”.
“A nostra figlia, come alle altre tre suore e ai laici che vivono con loro – aggiungono – i superiori della Comunità Cenacolo di Saluzzo hanno detto che, se volevano, potevano rientrare. Ma loro, senza la minima esitazione, hanno risposto che sarebbero rimasti in Africa. Fabrizio, il giovane laico in missione con sua moglie Irene, ha scritto che non riuscirebbe mai a tornare in Italia con la coscienza di avere abbandonato lì i bambini e che non ce la farebbe a vivere con quel peso”. “E in una sua lettera – spiegano sempre i coniugi Cantoni – dice che se dovesse mai succedere qualcosa anche a loro è sicuro di avere un posto in paradiso”.
Proprio alla Missione liberiana di suor Lucia Cantoni sarà dedicata l’iniziativa che l’Azione Cattolica del Vicariato di Mandello, per l’occasione affiancata da una serie di associazioni del territorio, proporrà venerdì 21 novembre al “Sacro Cuore”. Quella sera sono in programma la celebrazione di una messa alle ore 19 in chiesa parrocchiale. A seguire “cena povera” in oratorio e incontro con una famiglia che presenterà la propria esperienza vissuta a sua volta in terra di missione.