Smantellata un’associazione ‘ndranghetista, perquisizioni anche nel Lecchese

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25 misure cautelari e sequestro preventivo per oltre 1,8 milioni di euro

Estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazione, usura, reati tributari, riciclaggio e scambio elettorale politico mafioso

LECCO – Dalle prime ore della mattinata di oggi, giovedì 5 dicembre, gli investigatori della Polizia di Stato e i militari della Guardia di Finanza, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Brescia, stanno eseguendo 25 misure cautelari e il sequestro preventivo per oltre 1,8 milioni di euro.

Le numerose perquisizioni hanno coinvolto anche la provincia di Lecco, oltre a quelle di Brescia, Reggio Calabria, Milano, Como, Varese, Verona, Viterbo, Treviso e in Spagna, in relazione ad un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista che agiva nel territorio bresciano e dedita a estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura, reati tributari e riciclaggio. Gli investigatori hanno contestato anche il reato di scambio elettorale politico mafioso.

I Carabinieri del Comando Provinciale di Brescia stanno eseguendo contestualmente un’altra ordinanza cautelare emessa anche nei confronti di promotori e partecipi all’associazione ‘ndranghetista per reati della medesima specie, aggravati dal metodo mafioso.

L’indagine

La complessa indagine avviata nel mese di settembre 2020, ha riguardato l’operatività, in territorio bresciano, di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), residente da anni in questa provincia e legata da rapporti federativi alla cosca “Alvaro”, egemone nella zona aspromontana compresa tra i comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte. L’attività investigativa ha permesso di ricostruire l’organigramma del sodalizio che, facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo, avrebbe riprodotto, in territorio bresciano, una “locale” in grado di porre in essere le peculiari azioni che caratterizzano le associazioni di tipo mafioso, quali estorsioni, traffico di armi e stupefacenti, ricettazioni, usura e scambio elettorale politico-mafioso.

In particolare, nel corso delle indagini sono emersi i legami e le cointeressenze tra il gruppo investigato e altri gruppi criminali sempre di matrice ‘ndranghetista presenti nell’hinterland bresciano, tra i quali si sarebbe instaurato un rapporto di mutua assistenza finalizzato alla realizzazione di una moltitudine di condotte illecite. Sono stati altresì documentati i legami tra il sodalizio mafioso e un soggetto con esposizione pubblica, attivo nella comunità bresciana, con il quale il sodalizio avrebbe intrattenuto rapporti caratterizzati dal tipico pactum sceleris dello scambio elettorale politico-mafioso, ovvero l’impegno per il sostegno elettorale del clan con la futura promessa di reciproci illeciti vantaggi economici.

La pervasività della caratura delinquenziale della consorteria è stata, inoltre, dimostrata dalla capacità di penetrare le strutture carcerarie e veicolare messaggi ai detenuti, avvalendosi del sostegno di persone fidate e insospettabili, come quello fornito da una religiosa, che, più volte, avrebbe svolto il ruolo di intermediario, tra gli associati e soggetti in detenzione, approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie.

Parallelamente, il gruppo investigato avrebbe dimostrato di essere in grado di far evolvere le proprie dinamiche economiche, assumendo tutte le caratteristiche delle moderne organizzazioni criminali che operano nel Nord Italia, abbinando ai reati di tipo tradizionale, anche delitti di natura economico-finanziaria. Gli associati avrebbero, infatti, promosso, costituito ed etero-diretto una pluralità di imprese “cartiere” e “filtro”, operanti nel settore del commercio di rottami che, nel periodo delle indagini, avrebbero emesso nei confronti di imprenditori compiacenti fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per un imponibile complessivo di circa 12 milioni di euro, al fine di consentire loro, al netto della provvigione spettante all’associazione, di beneficiare dell’abbattimento del reddito nonché di riciclare il denaro frutto dei reati perpetrati. A carico dei soggetti indagati sono stati emessi provvedimenti di sequestro preventivo, finalizzati alla confisca per equivalente, per un importo complessivo pari a oltre 1.800.000 euro, quale provento delle condotte penaltributarie e riciclatorie ipotizzate.

Sono attualmente in corso molteplici perquisizioni a cura di 300 appartenenti alle tre Forze di Polizia, estese anche nelle province di Bergamo, Verona e Treviso, condotte con il supporto di moderni mezzi tecnici del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, del Servizio Centrale I.C.O. della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri nonché delle unità cinofile – per la ricerca di armi e droga – e “cash dog” – per la ricerca di contanti, in una cornice di sicurezza garantita anche dall’impiego di personale delle U.O.P.I. della Polizia di Stato e di militari specializzati A.T.- P.I. della Guardia di Finanza e dell’Aliquota di Primo Intervento dei Carabinieri. Gli odierni provvedimenti sono stati emessi sulla scorta degli elementi probatori allo stato acquisiti, ragione per cui sussiste la presunzione di innocenza sino alla definitività del giudizio.