Chiusa l’edizione lecchese del Festival Treccani: “Tre giorni entusiasmanti”

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Questa mattina tre momenti di approfondimento di grande valore

Significativa la partecipazione degli studenti, dai più piccoli fino agli universitari

LECCO – Si è concluso questa mattina, domenica, a Lecco il Festival Treccani della lingua italiana, promosso e organizzato dalla Fondazione Treccani Cultura in collaborazione con il Comune di Lecco. E, per l’occasione Palazzo delle Paure ha ospitato tre momenti di riflessione di grande valore e intensità.

Maria Francesca Mariano dialoga con Rossella Ghigi – Caduta e redenzione: donna, genere e mafia

Il primo è stato il dialogo di Maria Francesca Mariano, la più giovane magistrata d’Italia, Giudice Penale a Lecce, dove ha svolto per molti anni le funzioni di giudice della Corte di Assise ed attualmente di Giudice per le Indagini Preliminari, e la sociologa bolognese Rossella Ghigi. Un dialogo che ha preso le mosse dal romanzo della Mariano “La scialletta rossa”, incentrato sul percorso umano e psicologico della protagonista Ramona, donna di mafia, che ad un certo punto della sua vita decide di voltare le spalle alla Sacra Corona Unita.

“Ho scritto questo romanzo perché chi è abituato a scrivere sentenze, che sono il narrato di una vicenda umana, si confronta con un fallimento: il delitto c’è già stato. Il giudizio ristorerà le vittime, ma non le riporterà in vita. Invece il metalinguaggio della narrativa, della poesia e del teatro consente di arrivare un attimo prima al cuore e alla testa delle persone, magari facendo nascere un dubbio che possa scongiurare una condotta illecita – ha affermato la magistrata -. Ramona è una donna di potere. Il potere nella mafia è materiale, schiaccia le persone per impossessarsi dei corpi. Da questo punto di vista il corpo è importante: le persone vengono soggiogate e obbligate a comportarsi come non vorrebbero. La liberazione del cittadino comune avviene reagendo con la consapevolezza che lo Stato c’è, chi, come Ramona, fa parte di questi contesti, esce in una bara o con la collaborazione e il pentimento, unica strada di valore. Collaborazione significa chiudere completamente un libro per aprirne uno nuovo: ma è una strada possibile, da qualunque errore di valutazione si provenga”.

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Parlando della struttura che regola l’appartenenza ad un’organizzazione mafiosa, la giudice ha spiegato: “La struttura mafiosa è legatissima all’appartenenza, si affida la propria vita a regole stabilite di privazione. La regola ad un certo punto non più viene sentita come funzionale. Quando Ramona cerca di fare quello che vuole fare e si scontra con la suocera, vera donna di potere, entra in crisi. Chi commette delitti efferati si è sganciato dalla propria umanità, da tutto ciò che ci fa sentire vivi. Essere donna o uomo non cambia molto, tutti pagano un prezzo altissimo, si crea un vuoto, perdono la loro famiglia perché quest’ultima non comprende il cambio di rotta e ha paura di essere coinvolta nella scelta fatta. La libertà è utopia alla quale ognuno di noi tende, Tutti viviamo in un recinto e la libertà diventa fattore mentale, intellettuale. Ci sono probabilmente poche persone veramente libere”.
Maria Francesca Mariano ha concluso parlando di cosa significhi per un magistrato vivere sotto scorta: “La scorta è una libertà che lo stato dà, è una modalità di vita, funzionale al servizio che il magistrato svolge. È una modalità di vita necessaria, che si accetta con coerenza, onore, dignità e coraggio come lo Stato ci ha richiesto, nell’interesse delle persone. Implica un costo, ma deve essere accettato. Senza sarei in prigione, non mi potrei muovere, la scorta mi rende libera”.

Rossella Ghigi – L’educazione di genere

Nella lezione successiva, Rossella Ghigi ha ricostruito la storia dell’evoluzione dell’educazione di genere e dell’educazione sessuale: “Rispetto al passato, oggi ci affacciamo in un contesto più alto in cui gli organismi internazionali hanno dato dei dettagli molto chiari su contenuti, modi, età rispetto cui fare educazione sessuale. Sono standard chiari che iniziano a parlare di sessualità nella sua accezione complessiva, olistica. L’educazione sessuale fa parte è un diritto che fa parte dei diritti umani. È un modo di dare risposta a un fabbisogno pubblico, a risposta a una richiesta individuale, a diritto per accedere in maniera piena alla propria salute”.

In un mondo differenziato a livello binario, caratterizzato da una socializzazione di genere a tutti i livelli della nostra società consumistica che tende a differenziare le attese verso il maschio all’insegna delle prestazioni e quelle verso le femmine all’insegna della relazione, il rischio è che “la differenza diventi disuguaglianza e crei discriminazione: per questo la scuola è chiamata ad intervenire e a lavorare sul genere”. Ma come? “Occorre farlo lavorando su conoscenze, competenze e atteggiamenti ed emozioni. Non basta osservare che in Italia le ragazze escono dall’università con punteggi più alti, ma cinque anni dopo hanno una media di 400 euro al mese di stipendio in meno rispetto ai maschi, né che esiste il più alto gap tra il tempo dedicato al lavoro domestico routinario tra uomini e donne, né far notare che siamo agli ultimi posti per occupazione femminile”.

Cosa non è educazione di genere? “Se condotta correttamente non neutralizza le differenze ma le disuguaglianze, non impone un’ideologia ma propone uno sguardo critico, non è confusiva ma inclusiva, non sessualizza precocemente ma educa al rispetto di se e degli altri. Permette di lavorare sulle radici culturali e arrivare prima, aiuta a distinguere tra amore e possesso, gelosia e controllo. Del resto, se la scuola non educa al genere, alle relazioni e alla sessualità lo faranno altre agenzie: dai social ai media”.

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Silvano Petrosino – Il desiderio e l’altro

Del desiderio e del rapporto con l’altro ha parlato il filosofo Silvano Petrosino. Un intervento, il suo, che si è proposto di essere volutamente provocatorio fin dall’esordio: “Oggi la violenza è ovunque, nei rapporti di lavoro, in famiglia. E non solo nei maschi. Come mai? C’è qualcosa di attraente dal punto di vista antropologico sulla violenza. Se gli uomini non amassero la violenza non la farebbero, la guerra piace e la scelgono costantemente. Noi continuamente scegliamo la morte”.

Parlando di desiderio ha affermato: “Il desiderio è più della sessualità. È il tratto distintivo dell’umano. L’uomo è dotato di ragione e desiderio, e il desiderio non è bisogno. Il bisogno è caratterizzato da un vuoto che può essere colmato. Il desiderio è invece definito da una mancanza che non è un’assenza. Ma di cosa? Nessuno sa dirlo. L’uomo ha costantemente cercato di dare un nome a questa mancanza: felicità, salute, pace, giustizia. Ma il desiderio dell’uomo è il desiderio di niente di nominabile. Nessun oggetto, nemmeno il possesso di una persona, soddisfa questo desiderio. E, quando l’uomo tenta di definirlo con un oggetto, cercando di trasformare il desiderio in bisogno e la mancanza in assenza, si rende conto di vivere un fallimento”.

La sessualità, che pure è forse la manifestazione più forte di apertura all’altro, ha tuttavia dentro di sé una irriducibile chiusura: “Andiamo verso l’altro ma non per l’altro, ma per noi. Non esiste rapporto sessuale, perché nel rapporto sessuale non c’è il rapporto. Ti servi dell’altro, a volte di comune accordo, e trasformi l’altro nell’oggetto del tuo godimento. L’altro, in quanto altro, costituisce sempre un limite al tuo godimento. L’altro è l’indesiderabile, un disastro, un mistero. Per cui, di fronte a questo sconcerto, bisogna saper accogliere l’altro, gratuitamente: è quello che abbiamo chiamato amore. Ma è estremamente difficile”.

In questo contesto, dal momento che l’oggetto del desiderio si dimostra incapace di mantenere la promessa, dopo esser stato idolatrato, quando si prende coscienza del fallimento, rischia di essere distrutto. È così, secondo Petrosino, che si spiegano i femminicidi. “Occorre educare al desiderio e allo sconcerto, ad una mancanza che non può essere colmata” ha concluso il filosofo.

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Le conclusioni

Le conclusioni del Festival Treccani sono state affidate all’intervento del Sindaco di Lecco, Mauro Gattinoni, che si è focalizzato su due concetti: la sessualità in comunicazione e in politica.

“Nella comunicazione di massa e commerciale compare sempre la sex addition, per agganciare l’attenzione del pubblico – ha affermato -. Nell’ambiente dei social si punta tutto sull’immagine, sempre più sessuata per ottenere approvazione, riconoscimento. Questa dinamica pervasiva, che troviamo ovunque, espone ai giovani il giudizio degli altri. DI fronte ad un mondo che si presenta come il supermercato delle meraviglie, il giudizio dei giovani di non essere adeguati diventa motivo di preoccupazione per chi ha responsabilità su una comunità”.

Quindi, soffermandosi sul tema del genere in politica ha affermato: “È un tema che entra in modo pervasivo. Politicamente ci accorgiamo come qualcosa di così intimo diventi esigenza collettiva e istituzionale. Ecco che la collettività si interroga su come riconoscere, difendere, riconoscere una diversità e su come impatti sulle strutture istituzionali, prima fra tutte la famiglia. Parlare del rapporto tra individuale e collettivo attraverso la sessualità, spinge all’investire sulle relazioni, dimensione fisica, di fiducia, tra pari che non sia solo mediata dai media. Educare alla sessualità è il maggior investimento che il Comune sta cercando di fare”.

Il bilancio del Festival

È un bilancio estremamente positivo quello tracciato dal presidente della Fondazione Treccani Cultura, Mario Romano Negri, su questa settima edizione del Festival della lingua italiana: “Sono stati tre giorni entusiasmanti perché abbiamo affrontato un tema impegnativo attraverso interventi di alto livello in relazione ai diversi ambiti specifici che ciascuno ha toccato, avendo una grande risposta da parte del pubblico della città. Un pubblico che non si è limitato ad ascoltare ma è intervenuto con domande, riflessioni, interrogativi, considerazioni. È stata significativa poi la partecipazione degli studenti, dai più piccoli fino agli universitari: attraverso i nostri laboratori abbiamo coinvolto un migliaio di giovani, che hanno potuto dialogare e confrontarsi su una parola di così grande attualità. Dunque ci sono le premesse perché anche il prossimo anno possa tornare per l’ottava volta a Lecco”.