Il giornalista ha trattato, attraverso il suo nuovo libro “Socrate, Agata e il futuro. L’arte di invecchiare con filosofia”, un tema tabù per la società odierna
“Gli anziani insopportabili sono quelli che non accettano di essere anziani”
LECCO – Guidare col cappello, portare il borsello, fermarsi incantati davanti a un negozio di pantofole, trasformare un hobby in una mania e un’abitudine in un’ossessione. Nelle prime venti pagine di “Socrate, Agata e il futuro. L’arte di invecchiare con filosofia” l’illustre giornalista Beppe Severgnini ha descritto quelli che ritiene siano i segni inequivocabili di un cattivo invecchiamento. Il numerosissimo pubblico presente ieri sera, venerdì, nell’Auditorium della Casa dell’Economia nella Camera di Commercio Como-Lecco non ha potuto fare a meno di sorridere ogni volta che l’autore del libro, edito Rizzoli, ne elencava uno. Del resto, l’ironia mordace di Severgnini ha tenuto banco per tutto l’incontro inserito nella rassegna di Leggermente, giunta alla 16° edizione e promossa da AssoCultura Confcommercio Lecco, con il pubblico a pendere dalle sue labbra e a scoppiare in fragorose risate dopo ogni battuta.
Il giornalista ha presentato per l’occasione il nuovo libro, che mette al centro un tema difficilmente trattato nelle conversazioni e anche in letteratura: la vecchiaia. Un concetto che spaventa, un tabù, “tanto che lo stesso editore non voleva che usassi nel sottotitolo la parola invecchiare, perché riteneva allontanasse i lettori. Era della stessa idea anche per quanto riguarda il termine anziani. Nel dubbio li ho impiegati entrambi – ha commentato beffardo il giornalista nonché direttore di 7, il settimanale del Corriere della Sera, di cui è editorialista dal 1995 (e vicedirettore dal 2017) -. Ritengo che la cosa fondamentale sia indossare con eleganza la propria età, qualunque essa sia. Gli anziani insopportabili sono quelli che non accettano di essere anziani. Da questo punto di vista c’è da dire che le donne, rispetto agli uomini, invecchiano meglio perché entrano in questa fase in modo più brusco e complicato, ma lato psicologico hanno un assestamento migliore e più rapido”.
Per Severgnini si è trattata della terza volta a Leggermente, dopo le partecipazioni nel 2013 e nel 2019. Ad accompagnare e guidare la presentazione con domande argute e talvolta spiazzanti per lo stesso autore la giovane giornalista Martina Stefanoni, che in prima battuta ha chiesto a Severgnini quando si è sentito per la prima volta anziano. “E’ successo nel 2004, anno in cui ho sciato sul Pordoi. Una volta arrivato in fondo mi sono detto mai più una cosa del genere, è arrivato il momento di fare altro”.
Inevitabile nel corso del dibattito il confronto con le nuove generazioni a cui, secondo Severgnini “gli anziani fanno fatica a dare spazio, come accade spesso e volentieri sui luoghi di lavoro: li temiamo e li invidiamo, forse perché oggigiorno, più che un tempo, è complicato trovare un ruolo definito nella società per le persone anziane”.

Anche se poi ci possono pensare i nipoti a rimettere le cose in prospettiva (seppur mettendo in disordine tutto il resto). Come ha fatto Agata, nipote dell’autore per l’appunto, nome che appare nel titolo del libro che, dialogando con il busto di Socrate che Severgnini ha portato a casa dalle Olimpiadi di Atene 2004 (non senza prima avergli messo in testa un palloncino), aiuta il giornalista a districarsi nel tempo che passa e rivedere alcune convinzioni, come quelle che gli anziani hanno nei confronti degli oggetti, nel caso dell’autore quelli posizionati su un carrellino con cui la nipote gioca. “Lei è il futuro – dice il giornalista – gli oggetti con cui interagisce sono passato remoto e nel mezzo ci sono io, che grazie a lei ho cominciato a capire che le cose materiali non sono così importanti, ma neanche inutili se c’è un nuovo modo di guardarle”. Anche in questo caso nel colloquio tra Severgnini e Stefanoni viene evidenziato il diverso rapporto che hanno con gli oggetti giovani e anziani: quest’ultimi gli danno una valenza simbolica maggiore, avendone posseduti pochi e non replicabili.

Nonostante tratti un tema proibitivo per la società odierna, il testo di Severgnini si trova da diverse settimane primo in classifica. “Non saprei il perché – ha riflettuto l’autore – anche se ho un sospetto. Credo sia un libro rasserenante, capace di trattare un tema difficile e far vivere il passare del tempo con serenità e ironia. Una lettura amica che fornisce supporto, un modo anche per far scaturire un dialogo tra genitori e figli sulla vecchiaia”.
Più tabù della terza età c’è solo la questione della morte, che il giornalista ha avuto modo di toccare con mano da vicino per via della professione svolta dal padre, un notaio specializzato nella stesura di testamenti. A questo punto siamo al capitolo conclusivo del libro, quello che si focalizza sul lasciarsi le cose alle spalle, per prepararsi alla dipartita. “Fare testamento è l’ultimo atto di generosità possibile”, ha detto l’autore. Come generoso è stato l’atto di Severgnini nel consegnare ai lettori un libro che sappia guidarli nel vivere con filosofia un periodo della vita complesso, non smettendo mai di farsi domande, praticando la gentilezza e la generosità, imparando la pazienza, rimanendo curiosi e, soprattutto, ironici, come lo è stato Severgnini fino alla fine del dibattito. Del resto, come lui stesso afferma: “L’ironia e l’autoironia sono antiruggine per il cervello a qualunque età“.
