“Il libro che ho sempre voluto scrivere, l’unico di cui sia pienamente soddisfatta”.
Così c’è scritto sulla copertina del romanzo che vi propongo questa settimana. Un romanzo scritto da Agatha Christie, ma edito solo nel 2010 e con lo pseudonimo Mary Westmacott.
Dimenticate Poirot, Miss Marple e intricate storie poliziesche. “Il deserto del cuore” (titolo originale “Absent in the spring”) non ha nulla a che vedere con tutto ciò e può essere considerato a tutti gli effetti un romanzo d’amore.
Se, tuttavia, non volete abbandonare l’idea che vi siete fatti fino ad ora della celebre scrittrice, potete considerare questo suo romanzo come un giallo con un solo protagonista: una donna (Joan) che si trova sola nel deserto, costretta a riflettere sulla propria vita, sulle sue scelte passate per poi scoprire che la propria esistenza è completamente differente da come si era illusa che fosse. Prende avvio una macchina investigativa in cui gli indizi si succedono l’uno dopo l’altro senza tregua.
È una ricerca di sé lunga e difficile, a tratti anche irritante per la testardaggine della protagonista che rifiuta le scoperte a cui giunge pur di non cambiare la sua vita e di lasciare tutto immutato. Ma la verità è lì sotto gli occhi e non la si può negare.
I fatti narrati non sono autobiografici, ma il personaggio di Joan e la situazione in cui ella si trova ricordano molto la vicenda della scomparsa della Christie stessa nel 1926 dopo l’inattesa richiesta di divorzio da parte del marito. Probabilmente in quei giorni, la scrittrice applicò alla propria vita lo stesso metodo investigativo della protagonista del suo romanzo.
Trama. Joan Scudamore è una donna che si considera estremamente benevolente. Un giorno, di ritorno da un viaggio dall’Iraq, incontra Blanche, un’amica che non vedeva da anni. Così si trova a paragonare le loro vite e si considera fortunata: ha un marito che ha sempre sostenuto, ha cresciuto tre figli e ha ancora un bell’aspetto.
Ma l’incontro con Blanche fa scattare in lei dei dubbi. L’amica, infatti, allude a una probabile infedeltà del marito di Joan e compatisce la condizione dei suoi figli.
Tutto ciò verrebbe dimenticato abbastanza in fretta se non fosse che il treno è costretto a fermarsi per giorni interi in una stazione sperduta nel deserto. Così Joan, senza poter comunicare col resto del mondo, si trova “prigioniera” in una rest house dove è l’unica occidentale.
Completamente sola, ripensa alle parole di Blanche che scatenano un flusso ininterrotto di pensieri e di ricordi che Joan aveva nascosto a se stessa. È stata davvero in grado di rendere felice il marito? Lui voleva abbandonare la professione di avvocato per andare a vivere una fattoria e lei glielo ha impedito per il bene della famiglia. Ha fatto la scelta giusta? I suoi tre figli la amano davvero? Sono veramente felici?
Il marito ripeteva spesso i versi del sonetto 98 di Shakespeare: “Sono stato assente in primavera” (“I have been absent in the spring”, da cui il titolo orinale del romanzo). Queste parole martellano nella mente di Joan insieme all’immagine del marito davanti alla tomba di Leslie, una donna che lei ha sempre rifiutato di vedere come una rivale.
Joan ricompone la propria vita come un puzzle, indizio dopo indizio, per scoprire di aver vissuto in una grande illusione costruita da lei stessa. Ma una volta tornata a casa, sarà capace di dare una svolta alla propria vita o preferirà lasciare tutto immutato?
Francesca Numerati