Il critico e la storia di Canova catturano l’attenzione di Sala Fermi
“Con il bicentenario, si è preso atto della grandezza di Canova”. Filo conduttore tra dimora varennese e artista le Stele Mellerio a Possagno
VARENNA – Arte nell’arte, epoche intrecciate, luoghi collegati da un filo sottile. Dopo due giorni di soggiorno sul Lago di Como, Vittorio Sgarbi è approdato a Villa Monastero per restituire la storia che unisce la dimora ad Antonio Canova (1757-1822) e, più precisamente, al paese natale in cui l’artista è anche sepolto, ovvero Possagno (in Veneto ndr).
E ieri sera, lunedì, di fronte a uno spettacolare tramonto sulle acque lacustri, è apparso all’orizzonte il sottosegretario al Ministero della Cultura, accolto da una schiera di istituzioni e spettatori pronti ad ascoltarlo in conferenza presentare ‘Canova e la bella amata’, tra cui la presidente della Provincia di Lecco Alessandra Hoffman e Anna Ranzi, conservatrice della Casa Museo, che hanno fatto gli onori di casa in Sala Fermi.
“Lo scorso anno si è celebrato il bicentenario dalla morte di Canova – ha sottolineato il critico d’arte – ricorrenza in cui si è preso atto della grandezza di questo artista, l’ultimo grande artista italiano, dopo il primo centenario dalla nascita (nel 1957, ndr) dove fu messa in atto un’opera di svalutazione”. E non solo in quell’occasione: durante il primo centenario dalla morte (nel 1922, ndr), regnava in Italia il fascismo, e neanche lì a Canova fu dato il giusto riconoscimento, quello che meritava.
Ma adesso, nella Gypsotheca Canova di Possagno (di cui Sgarbi è presidente), si è cercato di ricomporre questa ‘frattura’, e con lei anche il nesso con Villa Monastero. Nella dimora varennese è infatti presente un elemento decorativo, su un cassettone del salottino Mornico, ispirato alle Stele Mellerio di Canova che, recentemente, si sono riunite proprio a Possagno, per celebrare il bicentenario. Rimosse, smembrate dalla loro originaria collocazione (Villa Gernetto a Lesmo, in Brianza), rischiarono di finire in Germania, ma fortunatamente furono bloccate e acquistate da Regione Sicilia. Ora, grazie anche all’intervento del Professore, si sono ricongiunte: “Abbiamo ricostituito un organismo che era stato mutilato”.
“Chi vuole davvero capire Canova deve andare a Possagno – continua Vittorio Sgarbi – tutto quello che lui ha concepito sta lì. Opere, memorie, mausoleo. Tutto. Lì è nato e ha chiuso un ciclo, costruendo il suo stesso sepolcro pochi anni prima di morire, grande come il Pantheon”.
Contestato dal critico Roberto Longhi (lo definì “uno scultore funerario, privo di novità”), poi riabilitato, Canova è un artista unico e senza tempo, per quanto collegabile all’antichità, come le sue stesse opere suggeriscono. Osservandole attraverso le parole di Sgarbi, nella loro perfezione formale è visibile la voglia di sintetizzare le epoche, quasi di andarvi oltre per renderle indistinguibili. Quasi da renderle tangibili: “Canova tenta di far tornare carne il marmo, di trasferire il mito nel quotidiano, di far resistere all’infinito la bellezza e l’arte“, dirà Sgarbi.
E un po’ come l’artista, anche il Professore è riuscito nell’impresa di fermare, almeno per un paio d’ore, il tempo, mettendoci passione e voglia di condividere il sapere. Sapere che, proprio come Canova, non conosce fine.