Due di Perledo (Festorazzi e Gaiatto) e uno di Bellano (Poppo) pubblicati nella guida dedicata all’olio extravergine d’oliva
Una conferma di qualità, a dispetto di una produzione messa in crisi dal clima e da problemi fito-sanitari (mosca olearia e cimice asiatica)
PERLEDO/BELLANO – L’eccellenza olivicola si conferma di casa sulla sponda orientale del Lario: tre oli sono entrati a far parte della ‘Guida agli Extravergini 2024’ di Slow Food. “Terre del Lariosauro DOP Laghi Lombardi Lario” (Azienda Agricola Fabio Festorazzi – Perledo), “Tondello DOP Laghi Lombardi Lario” (Azienda Agricola Massimiliano Gaiatto – Perledo) e (Azienda Agricola “Poppo” di Enicanti Leonardo – Bellano) a comparire nelle pagine del volume che da ventiquattro anni si pone come strumento per orientarsi nella produzione olivicola italiana, facendone conoscere storie, prodotti e protagonisti.
Da un lato un risultato che non stupisce, considerato che la zona compresa tra Perledo e Bellano presenta una vocazione per l’olivicoltura, con una certa diffusione di aziende e soggetti che si dedicano a coltivare le piante d’olivo ottenendo un prodotto di qualità e certificato DOP Laghi Lombardi. Una certificazione che risale al 1997, quando è stato depositato il disciplinare tecnico di produzione, riconosciuta due anni dopo, nel 1999.
Successo dunque non nuovo per i produttori locali, che già in passato hanno potuto fregiarsi dell’inserimento all’interno della guida nazionale, ma ora più che mai da non dare per scontato considerato l’andamento della passata stagione, non priva di momenti difficili. A raccontarla Massimiliano Gaiatto, presidente del Consorzio di tutela della denominazione di origine protetta Laghi Lombardi DOP e produttore, anch’egli citato nella guida.
“La stagione olivicola 2023 è stata alquanto critica, con diversi momenti che hanno compromesso l’andamento produttivo. A creare difficoltà soprattutto le condizioni climatiche, con perturbazioni e grandinate che hanno minato la densità dei raccolti, e periodi di siccità alternati ad altri di forte piovosità. Fenomeni repentini e non comuni nel nostro territorio, causati dai cambiamenti climatici, a cui le piante d’ulivo devono ancora adattarsi – spiega Gaiatto -. Ad aggiungersi poi le avversità fito-sanitarie, difficili da controllare soprattutto per quei produttori che mettono in atto una coltivazione di tipo biologico, che essendo di recente costituzione non ha ancora permesso di sviluppare strategie di contenimento. Oltre alla mosca olearia, parassita più comune, è stata la cimice asiatica a sferrare il suo attacco soprattutto in Lombardia, precludendo al frutto dell’olivo la possibilità di maturare”.
A confermare un’annata difficile anche Fabio Festorazzi, titolare dell’omonima azienda agricola nominata nel manuale, nonché sindaco di Perledo: “Molte aziende hanno raccolto poco o nulla sul lago, ma alla fine la qualità è stata premiata”. Qualità che non sarebbe stata possibile da ottenere senza la buona volontà dei produttori che, con i mezzi a disposizione (tecnologie e tecnica-agronomica) hanno provato a domare i fenomeni critici.
L’iter Slow Food per gli oli extravergini d’oliva
Della dozzina di aziende presenti nel circondario del Lago di Como che si occupano di olivicoltura, comprese nel Consorzio di tutela Laghi Lombardi DOP, buona parte sono entrate, a fasi alterne, nella guida di Slow Food. “Di solito la media delle menzioni va da una a sei realtà per volume. Molto dipende dall’andamento della stagione e dalla quantità di olio prodotta. Anche se c’è da dire che su Perledo ci sono ben cinque aziende iscritte al Consorzio e che certificano i prodotti tutti gli anni”, ancora Gaiatto.
Ma come si fa a entrare nella guida Slow Food degli oli extravergini? A illustrarlo il presidente del Consorzio: “Il produttore che intende iscrivere il proprio olio e farlo selezionare nella guida di Slow Food deve innanzitutto riconoscersi nei suoi principi: buono, sano e giusto. La selezione degli oli avviene una volta all’anno a dicembre: questi vengono degustati da un panel di assaggio che stabilisce i criteri valutativi. Una volta assaggiato il prodotto riceve un punteggio e, a seconda di quale sia, può accedere ad altre selezioni più ampie. Conclusi positivamente questi passaggi l’olio viene incluso nella guida, sotto la sua regione di appartenenza, indipendentemente dal fatto che sia DOP oppure no”.
Festorazzi sul punto aggiunge: “Gli oli non devono avere difetti né a livello chimico né sensoriale, altrimenti non potrebbero essere considerati extravergini”.
Simili, con punte di diversità
Viene da chiedersi se, pur provenendo dallo stesso territorio, gli oli extravergini del Lario presenti nella guida Slow Food abbiano delle peculiarità uniche. In realtà, come confermano sia Festorazzi che Gaiatto, sono molto simili tra loro.
“Tutti i produttori hanno utilizzato le stessa varietà di olivo, Frantoio e Leccino: il nostro disciplinare tecnico prevede la possibilità di impiegare in proporzioni diverse queste varietà, fino all’80% – racconta il presidente del Consorzio – Nell’altro 20% si può inserire una varietà a scelta libera. A influire sulle caratteristiche dei prodotti sono proprio le percentuale di queste varietà, che possono cambiare in base alla produzione o, come accade per il vino, al terroir, che ritengo essere sensibilmente diverso da una zona all’altra di Perledo. Dal canto mio – prosegue Gaiatto – ho deciso di inserire nel 20% di libera disponibilità la varietà di Bianchera, proveniente dall’area istriana, adatta a essere coltivata sulle pendici del Lago di Como e ai climi montani, con una dotazione polifenolica molto più ricca e sostanziale rispetto al Frantoio e al Leccino”.
Guardando agli altri due prodotti invece, si nota che la scelta sulla varietà di piante è ricaduta esclusivamente sul Frantoio e sul Leccino. Per ognuno dei tre oli extravergini di oliva nella guida Slow Food viene fornita una descrizione dell’azienda agricola in cui vengono prodotti, i dati sulle piante, le modalità di coltivazione, di raccolta e di lavorazione, oltre a una brevissima descrizione dell’analisi sensoriale-organolettica.
Mancanza di tecnici-agronomici: un problema da risolvere
L’olivicoltura lariana, oltre a dover lottare contro i cambiamenti climatici e gli insetti, si trova anche ad affrontare una carenza di tecnici agronomici, fondamentali per cercare di risolvere le nuove sfide del futuro che già in questi anni si stanno palesando. Situazione denunciata dal primo cittadino di Perledo e su cui il presidente del Consorzio ha fatto alcune precisazioni.
“L’Associazione Interprovinciale Produttori Olivicoli Lombardi ha dovuto sospendere le collaborazioni con dei tecnici agronomici che inviava negli uliveti per fare attività di monitoraggio e proporre ai produttori strategie di contenimento delle criticità, questo perché sta attraversando un momento di difficoltà operativa. Stiamo aspettando che queste questioni organizzative si risolvano e, nel frattempo, ci siamo affiancati ai “colleghi” del Consorzio Olio Garda DOP per cercare nuovi supporti tecnico-agronomici che sappiano guidare i produttori. Senza queste figure le capacità di difendere l’olivicoltura si riducono: non tutte le aziende sono così strutturate da potersi permettere collaborazioni dirette con agronomi che vanno negli uliveti, danno feedback agli olivicoltori di cui poi tengono conto nell’applicare le tecniche agronomiche. Speriamo, muovendoci in questo modo, di attenzionare le amministrazioni pubbliche rispetto a questa mancanza, e far sì che si preoccupino dello stato dell’agricoltura e dell’olivicoltura lombarda”, le conclusioni del presidente.