La querelle nata da un dibattito rimbalzata fra social e politica
Il presidente del Cai Lombardia, Aldeghi: “Le informazioni viaggiano troppo veloci, non vengono verificate”
LECCO – Un qui pro quo, una frase estratta dal contesto di dibattito e mascherata a posizione ufficiale, diventata nel giro di poche ore un caso nazionale e divisivo. Così si è iniziato ad attaccare il Cai, il Club Alpino Italiano, che “vorrebbe togliere le Croci dalle vette”: giornali, social, commenti – in parte decisamente offensivi – tweet e dichiarazioni alla stampa da parte dei politici, dalle cariche regionali ai ministri.
“Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale”, dice il presidente nazionale del Cai, Antonio Montani, poche parole per fare chiarezza e chiudere il caso. “Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro – continua Montani -. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce”.
La vicenda
Ferrari è direttore della storica rivista del Club, Lo Scarpone: “La società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove?”, questi i dubbi che avrebbe sollevato durante il convegno organizzato all’Università Cattolica di Milano lo scorso 22 giugno, iniziativa volta a riflettere sulle tematiche proposte nel libro Croci di vetta in Appennino di Ines Millesimi.
All’incontro hanno partecipato Monsignor Melchor José Sànchez de Toca y Alameda relatore del Dicastero delle Cause dei Santi, lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del CAI e il professore di diritto dell’Università Cattolica Marco Valentini.
Come si legge in un articolo pubblicato successivamente su Lo Scarpone: “Al convegno si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso, una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime. Tesi, questa, condivisa pienamente dal Club Alpino Italiano. Il CAI guarda infatti con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli, …). Questo perché – è giusto evidenziarlo una volta di più – rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza”.
Le dichiarazioni politiche
Così la notizia del “Cai contro le croci in montagna” ha iniziato a rimbalzare e sono arrivate le dichiarazioni politiche. Dal post su Facebook del ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini, ai tweet di Fratelli d’Italia. Poi la posizione del ministro del Turismo Daniela Santanchè. “Resto basita dalla decisione del Cai di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l’identità del territorio, il suo rispetto. Un territorio si tutela fin dalle sue identità e le identità delle nostre comunità è fatta di simboli che custodiscono nel tempo la storia e valori. Invito il presidente del Cai a rivedere la sua decisione”.
“Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa – spiega il presidente del Cai, Montani -, voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”.
Le dichiarazioni del presidente del Cai Lombardia
“Purtroppo ormai, alla velocità con cui girano le notizie estrapolate dal contesto, tutto diventa un modo per creare polemiche che non hanno senso”, commenta Emilio Aldeghi, presidente del Cai Lombardia ed ex presidente della sezione lecchese del Club.
“Il Cai non si è mai espresso e, secondo il mio parere non dovrebbe esprimersi, sulle croci in montagna – continua -. Le croci appartengono a una storia, una tradizione, a volte alla volontà della comunità che abita ai piedi della montagna di ricordare un dato evento. Purtroppo le frasi estrapolate dal contesto e lanciate sui giornali e online prendono questa deriva. Sono molto dispiaciuto di quanto è accaduto – dice Aldeghi -, seguendo i commenti su internet e sui media, sono uscite molte cattiverie verso il Cai che è un’associazione che ha sempre cercato di fare il bene della montagna, educare chi la frequenta, salvaguardare ambiente”.
E ancora: “Lo scrittore Ferrari è libero di esprimere le sue idee. La verità è che le frasi tagliate e impacchettate finiscono in un tritacarne, fermarle poi è difficile. E le persone non vanno più alla fonte delle cose, questo è un aspetto che mi preoccupa molto”.
Riguardo le reazioni politiche che si sono susseguite nei giorni scorsi: “Anche i politici o le persone che hanno ruoli istituzionali – continua Aldeghi – dovrebbero avere un equilibrio saldo. Prima di muoversi in maniera polemica dovrebbero verificare le informazioni, esprimere posizioni sull’onda delle semplici emozioni – come si fa sui social – non ha senso da parte delle istituzioni”.