LECCO – Il nostro pensiero sull’IMU è chiaro: una tassa locale i cui introiti devono restare sul territorio per pagare le imprese, finanziare le opere pubbliche e i servizi ai cittadini. Possibile che tutti abbiano titolo a parlare di IMU, salvo i diretti destinatari, i Comuni? Le variazioni approvato in Senato attraverso l’emendamento presentato dai relatori in commissione ne è l’ulteriore prova: grazie all’intervento dei CAF il cittadino pagherà in base alle aliquote base la prima tranche del 50% nel mese di giugno e, sulla base del gettito, lo Stato valuterà in un secondo tempo se rivedere nuovamente aliquote e detrazione per il saldo del mese di dicembre.
I comuni si troveranno dunque a vivere una situazione di totale incertezza nella quale la loro voce in capitolo è praticamente annullata.
Le ricadute sono principalmente due: l’impossibilità di predisporre i bilanci o meglio di farli quadrare entro il 30 giugno, in quanto i Comuni già piegati dai tagli dei trasferimenti, si trovano senza le risorse per poter garantire ai propri cittadini i livelli minimi di servizi. In second’ordine c’è una questione ‘etica’: lo stato trattiene il 50% dell’IMU (esclusa la 1^ casa) e fa pesare esclusivamente sui Comuni la responsabilità dei quasi certi aumenti delle aliquote a fine anno!
Nessuno vuole esimersi, in una situazione critica come quella attuale, da dare il proprio contributo per il risanamento dei conti pubblici, ma si vuole altrettanto porre un limite al continuo ricorso alle risorse delle autonomie locali per fare cassa.
La presa di posizione dell’ANCI su questo tema è pienamente condivisibile, un scontro fra i livelli di Governo del Paese non ha senso, si cerchi invece di arrivare ad una soluzione condivisa che operi il risanamento ma che nello stesso tempo tuteli l’autonomia e il funzionamento dei comuni italiani.
Gian Mario Fragomeli
Responsabile Enti Locali del P.D. lecchese