Ambrogio Sala: “Il fattore famiglia”, dubbi di legittimità

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LECCO – Il forum sanità del Partito Democratico, tramite il suo responsabile Ambrogio Sala, interviene duramente contro la legge regionale chiamata  “fattore famiglia”.

“La legge reg. Lombardia n. 2 del 2012, pubblicata nel B.U. Lombardia 29 febbraio 2012, n. 9, è intervenuta sull’intricato tema della compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e sociosanitarie in favore di soggetti anziani e disabili.
Il problema giuridico è se sia o meno legittimo che le Regioni (e i Comuni) basino la compartecipazione al pagamento delle rette per il ricovero in RSA o nelle RSD non solo sulla situazione economica dell’assistito, ma anche sul reddito dei suoi familiari.
Ciò premesso, Regione Lombardia ha sensibilmente modificato numerose disposizioni della legge reg. 12 marzo 2008, n. 3, titolata “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario”.
Le novità di maggiore rilievo concernono l’art. 8 della normativa in questione, il cui comma 2 solleva a mio parere, numerosi dubbi di legittimità costituzionale: difatti, contraddittoriamente la Regione afferma di muoversi «nel rispetto dei principi della normativa statale in materia di indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», salvo poi operare in aperto contrasto con le previsioni quadro poste dallo Stato e contenute nell’art. 3, comma 2-ter, del d.lgs. n. 109 del 1998. Tale norma, nonostante demandi in parte la sua attuazione a un successivo (e non ancora adottato) decreto, ha introdotto un principio immediatamente applicabile, costituito dalla evidenziazione della situazione economica del solo assistito, limitatamente alle prestazioni sociali agevolate erogate (a domicilio o in RSA) in favore di soggetti con handicap permanente grave, nonché di persone ultrasessantacinquenni non autosufficienti.
Ritengo illegittima, quindi, la previsione contenuta nell’art. 8, comma 2, lett. f) della legge reg. n. 3 del 2008, norma che, ai fini della determinazione del reddito della persona assistita, tiene conto delle «prestazioni economiche previdenziali o assistenziali, a qualsiasi titolo percepite». Le pensioni di inabilità, gli assegni di assistenza, le indennità di frequenza e di accompagnamento non possono essere annoverate tra le entrate reddituali del degente, tenuto conto che esse non costituiscono reddito, bensì rappresentano dei meri sussidi che lo Stato riconosce in virtù di una certificata invalidità, nonché in ragione delle maggiori spese che tali soggetti sono costretti ad affrontare a causa della loro situazione svantaggiata.
Tra l’altro, anche il TAR della Lombardia in entrambe le sue sezioni (Brescia e Milano) con la conferma del Consiglio di Stato ha avuto più volte modo di chiarire che le entrate previdenziali e assistenziali non possono certo considerarsi indici idonei a rivelare un surplus di ricchezza accumulata.
Esistono, poi, dubbi di legittimità costituzionale che ricadono sulla lett. g) della legge regionale in esame, che attribuisce rilevanza non solo alla situazione reddituale e patrimoniale della persona assistita (come stabilito dall’art. 3, comma 2-ter, del d.lgs. n. 109 del 1998), ma anche a quella «del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado nel caso di accesso ad unità di offerta residenziali per anziani e ai centri diurni integrati».
Tale previsione stride evidentemente con la legge cornice statale, in questo caso costituita dal d.lgs. n. 109 del 1998 che, come anticipato, all’art. 3, co. 2-ter fissa il principio guida in materia di compartecipazione al pagamento delle rette quello secondo cui, in relazione alle modalità di contribuzione al costo delle prestazioni, si deve tenere conto della situazione economica del solo assistito.(tale principio è ampiamente confermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato).
Traendo le conclusioni da questi ragionamenti di carattere giuridico, ritengo che il cosiddetto Fattore Famiglia Lombardo sia illegittimo e che, quindi, applicarlo, sia pure in termini sperimentali, esponga il Comune che lo applica a possibili vertenze che le associazioni sindacali e dei disabili potrebbero promuovere.
Allo stato dei fatti solo lo Stato può procedere a modificare la normativa esistente.
Inoltre una considerazione tutta politica: una Regione che si dichiara federalista e che promuove la difesa della famiglia approva una legge che scarica i costi su vari nuclei famigliari, mentre, sinora, lo Stato Ladrone non lo ha fatto. E’ proprio vero che, quando comincia a mancare qualche soldo, la Destra e la Lega scaricano sui “poveri cristi”. Non capisco chi l’abbia fatto fare al Comune di Merate di accettare la sperimentazione!”