Quest’anno sicuramente l’acqua è stato uno dei temi principali di dibattito. Un dibattito che, essendo iniziato in una campagna referendaria-elettorale, ha sì aperto qualche spiraglio, ma ha lasciato molte ombre sopratutto sulle società che gestiscono i servizi di pubblica utilità, e sulla loro gestione. Per questo abbiamo deciso di focalizzare l’attenzione su cosa accade ed è accaduto da noi, nella provincia di Lecco, e su chi gestisce la nostra acqua. Abbiamo preparato anche un excursus normativo, per chi fosse interessato.
Storiacamente il servizio idrico è sempre stato gestito direttamente dai comuni, in alcuni casi consorziati tra di loro. Dando il compito direttamente ai comuni negli anni ha avuto l’essenziale vantaggio di una gestione più agile nei trent’anni di urbanizzazione più intensa della storia d’Italia, ma dall’altra aveva il grande problema che le municipalità non erano in grado di intervenire, quando c’era da fare la manutenzione, per mancanza di fondi. La lunga durata di questo modello di servizio ha fatto sì che da una parte l’acqua arrivasse in ogni casa italiana, ma dall’altra che gli impianti e le tubature siano invecchiate oltremodo. Nel 1994, su spinta della Commissione europea, fu approvata la riforma della gestione del ciclo idrico, la così detta “Legge Galli”, che stabiliva la creazione degli Ato e sanciva di fatto l’obbligatorietà della gestione del ciclo idrico da parte di un’azienda – pubblica o privata che fosse – che operasse a livelllo provinciale, scelta tramite gara.
Così, a Luglio del 2010, l’assessore provinciale all’ambiente Carlo Signorelli, rilasciava un comunicato stampa, in cui si diceva che l’ato (ambito territoriale ottimale) di Lecco era nella «lista nera» poichè, in deroga alla legge da più di 15 anni, l’a.ato (autorità d’ambito territoriale ottimale), assemblea di tutti i sindaci della provincia di Lecco, non aveva ancora fatto ne’ un affidamento, ne’ una gara d’appalto, ma sostanzialmente aveva deciso di non decidere. I sindaci, messi alle strette, dovevano decidere chi potesse diventare il gestore della nostra acqua.
Nel gennaio del 2009 era stata creata la società patrimoniale pubblica Idrolario S.r.l., nata per ottemperare all’obbligo dalla legge regionale 18/2006, che sanciva la separazione giuridica tra la società gestore del ciclo idrico e la proprietà della rete, in modo da poter più facilmente aprire il settore alla liberalizzazione. Ma nel Settembre 2009 la Consulta aveva dichiarato incostituzionale la legge lombarda, e a Lecco si sono trovati con una patrimoniale che non aveva più nessuna ragione d’essere.
Non sapendo a chi affidare la gestione, l’a.ato decise per darla a Idrolario, che dal 1 novembre 2010 diventa il gestore del ciclo idrico integrato. Una società nata per essere «un grande ufficio tecnico», cambia totalmente scopo. La situazione è quasi drammatica: l’allora presidente, Ermanno Buzzi, parlava così: «dal 1 novembre 2010 la nostra società, che essendo una patrimoniale non erano aveva nessun tipo di ricavo, se non un trasferimento annuo di 2.400.000 euro da parte di Lario Reti Holding a titolo di canone delle reti, si è trovata con 18 persone e con 2 macchine di servizio, in una palazzina senza neanche le postazioni coi pc, a dover gestire tutto il servizio idrico della provincia». Di fatto la gestione quindi è sì a capo di Idrolario, che però si appoggia per la gran parte dei lavori (quasi sempre per affidamento diretto, con pochissime gare d’appalto) a Lario Reti Holding, in quanto spesso non ha ne’ il personale, ne’ la capacità tecnica di intervenire. Situazione che molti hanno definito eufemisticamente “borderline”. «Siamo fortunati che nessun privato abbia fatto ricorso contro gli affidamenti fatti da Idrolario a Lario Reti, perchè avremmo rischiato di perderli», dichiarava a Giugno il Sindaco di Merate, il leghista Andrea Robbiani. E la situazione venuta a crearsi porta, come primo sostanziale cambiamento, un drastico aumento delle bollette.
Il 30 Giugno del 2011, due settimane dopo il referendum plebiscitario che abroga il “decreto Ronchi” e a 8 mesi dall’affidamento del servizio a Idrolario, in una concitata assemblea dei soci convocata per l’approvazione di un bilancio controverso, i sindaci si sono “accorti” che la “mission” dell’azienda era cambiata. Cioè che lo scopo dell’azienda non era più il mero possesso delle reti ma la gestione del ciclo idrico. Scoprire l’acqua calda, direbbe qualcuno. E allora 10 comuni, capeggiati da Lecco e Merate, non sapendo ne’ leggere ne’ scrivere, decidono di cambiare l’intero consiglio di amministrazione, presieduto dal consigliere provinciale del Pdl Ermanno Buzzi (il cui mandato sarebbe scaduto dopo 6 mesi). «Abbiate almeno il coraggio di dire che volete un presidente leghista, non menatela con ‘sta storia della mission», dichiarò in assemblea il sindaco di Costamasnaga Umberto Bonacina.
Un assalto alla poltr.. diligenza in piena regola, tanto che Buzzi, convocando una conferenza stampa il giorno successivo, non si tirò indietro dal definire la lega come «il partito delle 3P : Partito Per le Poltrone», senza risparmiare neanche Virginio Brivio, dal quale si è sentito «profondamente deluso. Ha chiesto e votato le mie dimissioni senza neanche presentarsi in assemblea».
L’insolito tandem Lega-Pd manda deserta l’assemblea successiva (14 Luglio), in quanto aveva sì fretta di mandare a casa cda benchè gli mancassero solo 8 mesi, ma non abbastanza per trovare almeno i nomi di chi potesse succedergli. Nell’assemblea successiva (22 luglio), le previsioni del vate Bonacina si avverano, con l’elezione del nuovo cda presieduto dal leghista Franco Almerico.
Nel frattempo, l’assemblea dell’a.ato del 28 Giugno, che ha avuto l’affluenza record di 54 sindaci presenti su 90 (in quanto di solito ce n’erano molti), vota una mozione per sospendere l’iter di istituzione dell’Azienda Speciale ATO che, ai sensi della Legge Regionale vigente (LR 21/2010), avrebbe dovuto assumere dal 1° luglio le funzioni di regolazione del Servizio idrico integrato. Lecco rimane quindi, per quasi un mese, con una società gestore del ciclo idrico senza consiglio di amministrazione, e senza una un ente preposto al suo controllo.
Ma nello stesso periodo, in altre luoghi, (ma sempre le stesse persone), negli uffici di Lario Reti Holding si stava decidendo veramente il futuro del ciclo idrico. Il presidente della multiutility lecchese, Vittorio Proserpio (Pd), presentava ai sindaci il piano per la creazione di una nuova società, idroservice, che accorpasse tutte competenze idriche di Lario Reti Holding in un’unica società, poi definito nell’ormai famosa assemblea dei soci del 3 Novembre scorso, quando la stampa è fatta prima entrare, e poi rispedita fuori.
La creazione di Idroservice è stata definita dall’assessore Signorelli, il giorno successivo «Una soluzione che tutti ci auspicavamo, se dovessimo fare oggi l’affidamento definitivo, non avremmo una società a cui poter interloquire». Ma non c’è già idrolario? e domandiamo: «Ma una volta costituita Idroservice, non avremmo due società pubbliche in concorrenza tra di loro?». «Idrolario e Idroservice sono aziende che sono nate con scopi diversi», ci sentiamo rispondere. Ma la mission? Per Idrolario non era mica cambiata la mission? era passata da patrimoniale alla gestione del ciclo idrico, hanno cambiato un intero Cda per questo motivo…
Il risultato? Il 31 ottobre 2012 scadrà l’affidamento transitorio, e l’azienda speciale ATO, che ancora non esiste , dovrà affidare la gestione dell’acqua a una società, Idroservice, che ancora non esiste.
Che cosa possiamo desumere? Nel mese antecedente al referendum del 12 e 13 Giugno, abbiamo letto interventi, assistito a incontri, a cui hanno partecipato molti sindaci del nostro territorio. Il punto che forse non si è sottolineato abbastanza è il grave conflitto d’interessi che esiste nell’essere regolatore e regolato, nell’essere sia membro dell’a.ato, sia socio della società appaltatrice. E questo ha fatto si che, da noi, non è sempre stato facile capire se i sindaci, che solo tra Giugno e Luglio si sono riuniti 5 volte tra l’assembla dell’ato, le assemblee di Idrolario e l’assembla di Lario Reti, stessero giocando una partita sul piano economico, per l’interesse dei cittadini, o politica, per l’interesse dei loro partiti. O forse la domanda è molto più semplice: i sindaci, che sono i maggiori responsabili di questa confusione e sperpero di risorse pubbliche, sono davvero in grado di gestire un argomento così complesso?