LECCO – “A due settimane dall’inconsueto voto sull’autonomia della Regione, spendo volentieri qualche riga per evitare strumentalizzazioni già in agguato. I sindaci lombardi, per lo più, sono favorevoli a un processo che per quanto ci riguarda mira alla valorizzazione degli Enti locali e alla tutela del loro ruolo in un sistema democratico ancora incompiuto e spesso sfaldato.
L’adesione dei primi cittadini non di osservanza leghista non è meno convinta al Referendum , ma sicuramente ha un approccio diverso, culturale e istituzionale. Diciamo subito che due sono le differenze con l’analoga consultazione veneta: la prima è tecnica e riguarda il voto elettronico e il relativo carico di costi che ha generato polemiche; la seconda è di merito ed è relativa al fatto che mentre in Veneto è previsto il quorum del 50% perché abbia valore la consultazione, in Lombardia, paradossalmente, basterebbe… un voto.
Entrambi i Referendum hanno valore consultivo e non abrogativo come siamo stati abituati. E’ qui che il cittadino si chiede quanto valga un eventuale “Sì” e quale conseguenza diretta, magari anche sulle sue prospettive e condizioni di vita quotidiane. Certamente non bisogna guardare alle eventuali procedure future che chiamano in causa direttamente la Costituzione. Entreremmo in un campo minato e di fatto appalteremmo alla politica una questione che è soprattutto istituzionale, ma non per questo solo simbolica. Qui non si tratta di introdurre un elemento di rottura con il potere centrale o una mera rivendicazione di risorse in calce all’eterno problema dei trasferimenti, anche se su questo fronte è necessario rivedere le carte, le logiche e le “spartizioni”.
In gioco ci sono i Comuni e lo dico anche da fresco presidente di ANCI Lombardia, che proprio in questi giorni ha affrontato a inizio nella sua assemblea nazionale, l’argomento sempre attualissimo delle città e del loro futuro. C’è una dialettica che non va mai dimenticata e che riguarda il dovere e l’esigenza di governare l’esistente, diciamo meglio, il tempo presente e di aprire la finestra sul domani, nel senso che occorre amministrare con una visione, senza essere visionari.
Lo constatiamo a Lecco, lo colgono i piccoli Comuni, lo sente la metropoli con le ovvie differenze non solo dimensionali. La verità è che maggiore autonomia della Regione deve significare più forte potere ai Comuni, nel senso etimologico del “poter fare”, cioè essere in grado di tradurre in opere e in interventi il programma votato dai cittadini che ormai è diventato un ampio ventaglio di domande, di esigenze, di richieste sempre più articolate in ragione anche della profonda crisi che non ha risparmiato nessun angolo del Paese.
E’ in questa direzione che una spinta autonomistica non può che fare bene alla Comunità e, per una volta, lasciatemi dire che non ci sono poltrone in gioco, ma solo che gli attori e i destinatari di questa “riforma non scritta” sono i cittadini, sono gli anziani, sono le donne, sono soprattutto le giovani generazioni alle quali guardare quando parliamo di visioni”.
Il sindaco Virginio Brivio