LECCO – “Più di duemila posti letto ospedalieri in meno in Lombardia, tagli alla Sanità per 20 miliardi nei prossimi tre anni, cliniche private che negli ultimi dieci anni stanno guadagnando il 25,5% in più e nove milioni di persone che hanno smesso di curarsi perché non più in grado di sostenerne la spesa (stando ai dati Censis)”. A ciò si aggiungerebbe un settore sanitario che “da diritto universale e fondamentale sancito dalla nostra Costituzione è diventato un insieme di norme e procedure al servizio del mercato, del potere politico e, a volte, della criminalità che vi affonda fauci avide e corruttrici”. È questo lo scenario in cui, almeno secondo Rifondazione Comunista, verserebbe attualmente il sistema sanitario italiano. A parlarne sono Claudia Valsecchi e Walter Quintini della federazione lecchese di questo partito.
“Lombardia, Emilia Romagna e Lazio sono le regioni – spiegano – che dovranno ridurre il maggior numero posti letto ospedalieri in virtù della spending review. Lo si evince dallo schema di regolamento sulla “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” inviato alla Conferenza Stato-Regioni dal Ministro della Salute Renato Balduzzi, di concerto con il Ministro dell’Economia Vittorio Grilli. L’Emilia dovrà, infatti, tagliare 2.543 posti letto (2.007 per acuti e 536 per post-acuti); la Lombardia 2.337 (1.426 per acuti e 911 per post-acuti) e il Lazio 1.963 (1.644 e 319). Questo significa che ancora una volta i cittadini saranno costretti a subire lunghe code per essere ricoverati, senza contare quanto le liste d’attesa siano già, almeno in alcuni reparti del Manzoni, chilometriche.
Ci sorprende – proseguono da Rifondazione – il ritardo di una parte della cosiddetta sinistra nel difendere il diritto universalistico della Salute e ci aspettiamo che venga finalmente rivisto il processo che ha reso gli ospedali delle aziende. L’insieme dei provvedimenti avviati – spiegano – non ha fatto altro che mercificare la salute per raggiungere l’obiettivo agognato del pareggio di bilancio. Ora, a parte il fatto che la salute non può essere considerata una merce, invece che il pareggio di bilancio si è ottenuto un crack economico di proporzioni spaventose, che ha imposto in molte regioni piani di rientro lacrime e sangue. Questi piani stanno semplicemente strangolando la Sanità pubblica, ormai boccheggiante. Un fallimento totale del quale i teorici del neoliberismo mercatista dovranno un giorno finalmente darci conto”.
Una critica chiara, quella sollevata da Rifondazione, che non tralascia di evidenziare quelle che dovrebbero essere le priorità dei partiti, le questioni su cui dibattere. La “politicizzazione esasperata nella selezione dei direttori generali, che hanno assunto il potere di monarchi assoluti; l’assoluta discrezionalità nella gestione delicatissima degli accreditamenti; l’affossamento definitivo della Sanità territoriale; il depotenziamento dei dipartimenti di prevenzione e l’abbandono della prospettiva stessa della prevenzione; il fallimento completo dei DRG, come regolatori di spesa ospedaliera; il prolungamento scandaloso delle liste di attesa; il taglio dei posti letto ospedalieri in assenza di qualsiasi rafforzamento del territorio che, al contrario, viene sistematicamente depredato; la pessima gestione del problema colossale della cronicità, che invece di essere combattuta viene obiettivamente alimentata per foraggiare l’enorme business che vi ruota attorno; la deriva funzionale dell’attività dei medici di medicina generale. Sono queste – precisano – le questioni che devono entrare nell’agenda di ogni partito”.
E sui dati riportati in precedenza, Rifondazione aggiunge come “l’attacco alla Sanità pubblica sia solo la punta di diamante di un più generale attacco al Welfare e come la crisi rappresenti un elemento di accelerazione e anche un formidabile alibi per portarlo sino alle estreme conseguenze.
Il decreto sulla spending review, a parte diversivi sulle bibite gassate, il fumo e il gioco d’azzardo, solleva con spregiudicatezza – continuano – una cortina fumogena demagogica e propagandistica, che serve a mascherare le vere intenzioni di un governo al servizio delle banche e del capitale privato, ossia smantellare il sistema sanitario pubblico. Come giudicare altrimenti il proponimento di rifondare il territorio, dimenticando del tutto i Distretti sociosanitari che della Sanità territoriale dovrebbero essere il fulcro, facendoci credere che i medici di medicina generale si assoceranno in studi insieme a specialisti e a supporti infermieristici che consentiranno di sopperire a larga parte della domanda sanitaria, decongestionando gli ospedali?
Riteniamo che quella della Sanità sia una questione cruciale, politica e culturale – concludono – che ci obbliga a denunciare quei politici che a Roma sostengono il Governo Monti e sul territorio fanno finta di piangere per le conseguenze”.